Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

Politica, scacchi e ancora politica …

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Menachem Begin e Zbigniew Brzezinski a Camp David nel 2004

(Riccardo M.)
Politica? Un argomento delicato, non facile da affrontare. Sarò qui piuttosto lieve e toccherò vari temi, senza troppo approfondire: una semplice carrellata fra numerosi personaggi, qualche curiosità storica e d’attualità, qualche riflessione.

[Nella foto, Menachem Begin e Zbigniew Brzezinski a Camp David nel 2004]

In Italia se ne occupò seriamente, ad esempio, Mario Leoncini con la sua “Scaccopoli – le mani della politica sugli scacchi” (2008, Phasar edizioni), in cui ricostruiva l’uso politico degli scacchi, segnatamente nell’Unione Sovietica staliniana e nella Germania hitleriana.

Abbiamo svariati casi di uomini politici che s’interessarono agli scacchi, non sappiamo quanto per puro amore o quanto per propaganda, probabilmente per l’uno e per l’altra insieme. Primo fra tutti Ernesto “Che” Guevara. E poi Fidel Castro, Josip Broz Tito, Vladimir Iljic Uljanov (Lenin). In tempi più recenti il presidente egiziano Gamal Abdel Nasser, i primi ministri israeliani Menachem Begin e Benjamin Netanyahu, il cancelliere tedesco Helmut Schmidt. Quasi tutti personaggi dello scorso secolo.

E pare giocassero a scacchi, e niente male, anche Winston Churchill e Abramo Lincoln. Ma probabilmente il più bravo di tutti quanti dev’essere stato il “Padre fondatore degli Stati Uniti”, Benjamin Franklin (1706-1790), in quanto scrisse addirittura un saggio sugli scacchi (“Morals of Chess”, del 1786).

Fra i politici italiani più noti, occorre tornare molto indietro per trovarne uno appassionato. Ed era Giuseppe Mazzini  (1805-1872). A Roma, nel Museo del Risorgimento nel complesso del Vittoriano, si conserva un set di scacchi a lui appartenuto e che forse acquistò a Londra durante l’esilio.

Ma oggi (a parte Netanyahu)? Beh, oggi se ne vedono di meno di uomini politici che muovono pezzi sulla scacchiera. E non credo sia un bene. Anzi, forse è anche per questo motivo che certe mosse di certi politici del XXI secolo sullo “scacchiere” politico sono state e sono piuttosto dubbie. Forse i politici, non conoscendo la complessità degli scacchi, hanno anche insufficiente consapevolezza della delicatezza e della complessità delle questioni della politica? Può essere. Non parliamo poi di quelli che non riescono a fare una mossa decente né sullo scacchiere, né sulla (e forse nemmeno l’hanno mai vista) scacchiera! E negli ultimi tempi ne sono apparsi in giro parecchi, mi pare.

E che per l’appunto si possa essere insieme ottimi politici e ottimi scacchisti ce lo hanno ben dimostrato due eccezionali signore, la WGM lèttone Dana Reizniece-Ozola (classe 1982), che nel 2016 è stata nominata “miglior ministro delle finanze d’Europa”, e la deputata lituana e WGM Viktorija Čmilytė (classe 1983). UnoScacchista ha già dedicato loro del meritatissimo spazio.

Dana Reizniece-Ozola

Anche diversi giocatori di scacchi uomini si sono, ad un certo punto della loro vita, interessati di politica. Giocatori anche molto forti. Basti pensare a Garry Kasparov. E in Russia Kasparov ebbe coraggiosi precedenti. Uno fu Fedir Bohatyrchuk (1892-1984), il radiologo ucraino che si prodigò nel 1942 per la Croce Rossa a Kiev in occasione dell’occupazione nazista e che in un secondo tempo fu accusato da Mosca di attività anticomunista. Bohatyrchuk, “persona non gradita” agli scacchi sovietici, che mai vollero riconoscergli quel titolo di Grande Maestro che lui avrebbe meritato, nel dopoguerra andò a vivere in Canada, ad Ottawa. Pagò le conseguenze di quella decisione un altro grande giocatore suo contemporaneo, Petr Romanovsky, al quale parimenti non fu attribuito il titolo per non creare disparità tra i due campioni. Un riconoscimento della forza di Bohatyrchuk lo ha dato di recente Boris Spassky, scrivendo che se lui si fosse dedicato esclusivamente agli scacchi, sarebbe potuto diventare il primo campione del mondo sovietico della storia.

Alle spalle di Fidel Castro si riconoscono nientemeno che Lev Polugaevsky e Tigran Petrosian

Riviste e blog di scacchi raramente sfiorano il tema politica/scacchi, per ovvie ragioni, ovvero perché sono riviste/blog di scacchi e non di politica…. Però è accaduto in passato che fogli vari, in alcuni particolari momenti storici, non abbiano temuto di affrontare l’argomento, tutt’altro. Quando la stampa è generalmente al servizio di un regime, è normale che ciò possa accadere.

Ad esempio, nel 1932 (in pieno ventennio fascista) si poteva leggere un breve articolo, non firmato, su “L’Italia Scacchistica” (che allora era un quindicinale) dal titolo “Una polemica politica fra due riviste di scacchi!”.

Ne riporto integralmente il contenuto, altrettanto polemico, perché è un interessante documento storico, e non solo scacchistico:

“La rivista Chakmati dell’URSS (anticamente Chakmatni Listok) nel suo numero 4 del 25 febbraio 1932, attacca violentemente la rivista internazionale L’Echiquier, edita nel Belgio, rea di essersi lagnata dello sciopero dei tipografi dell’anno scorso, sciopero che impedì alla rivista di uscire regolarmente per molti mesi, con grave danno della medesima.

Lo Chakmati prende, naturalmente, le parti degli scioperanti e scrive, fra le altre, questa frase che non può fare a meno di far ridere noi italiani, col richiamarci a tempi che, fortunatamente, ci sembrano ormai preistorici: “Bisogna –scrive la rivista ufficiale dell’URSS- tirarne una deduzione pratica: riserrare i nostri legami con gli operai giocatori di scacchi all’estero e saturare d’un contenuto proletario e politico il nostro lavoro quotidiano”.

E’ manifesto quindi che gli scacchi sono in Russia asserviti alla politica e non solo per uso interno, ma anche per la politica estera. Infatti l’URSS ha incominciato una serie di match telegrafici (finanziati dall’ufficio di propaganda sovietica) con gli elementi non borghesi dell’Europa (circoli operai di Berlino, Copenhagen, Vienna, Amburgo, Dresda, Zurigo).

La Russia è la sola nazione in cui gli scacchi siano materia obbligatoria nelle scuole con 120 ore di teoria e 60 ore di pratica. Il corso comprende: letteratura, teoria moderna, pedagogia scacchistica, storia, ed un avviamento al problema di scacchi”.

Chiudiamo queste brevi considerazioni “scacco-politiche” citando di nuovo Boris Spassky ed una sua saggia (fin troppo) riflessione “super partes”, quasi ecumenica: “Normalmente la commistione tra scacchi e politica va a finire male. Il significato di essere campione del mondo, re degli scacchi, è quello di rinforzare la piramide mondiale scacchistica, un regno che non ha frontiere, che unisce gente di varie confessioni, varie fedi, culture, etnie. La politica, al contrario, vuol dire divisione e non unione”.

Io direi piuttosto, diversamente da Spassky, che a dividere le genti è la cattiva politica, mentre la buona politica è quella che unisce. E di esempi di buona politica ne abbiamo avuti, in particolare nella seconda metà del secolo scorso.

Ma  invece cosa diciamo su quella che Spassky chiama “commistione” tra scacchi e politica? Beh, almeno un paio di osservazioni potremmo farle.

La prima è che probabilmente in Unione Sovietica si esagerava, ma che un po’ più di scacchi nelle scuole non farebbe proprio male a nessuno, anzi. Tra le molte iniziative, abbiamo parlato sul blog di quanto viene fatto In Russia e in Armenia, mentre in Italia se ne parla da quasi mezzo secolo, ma stiamo sempre al palo tranne poche lodevoli eccezioni (ad esempio l’iniziativa congiunta FSI e UNICEF o i corsi nelle scuole materne): forse serve una “bandiera a scacchi” per dare il via? In verità negli ultimi anni si parla del progetto CASTLE (“a Chess Curriculum to Advance Students’ Thinking and Learning Skills in Primary Education”), alla cui conferenza di chiusura partecipò anche Alessandro Pompa con un intervento che potete leggere su UnoScacchista. La nostra Sabine ha scritto su queste pagine di un’esperienza tedesca a Treviri (Trier).

Ma questo della scuola è un altro argomento e speriamo più in là di poterne riparlare.

In secondo luogo osservo come negli scacchi si perda a volte per il tempo e come in politica a volte “si perda tempo”. Ecco, in un mondo in cui determinati processi sono sempre più veloci e stravolgono in fretta abitudini e la stessa società, bisogna assolutamente prendere certe decisioni per tempo, molto per tempo, ma bisogna pure (come negli scacchi) analizzare profondamente e prevedere.

Se è vero ad esempio, come da una recente ricerca del “World Economic Forum” riportata da “La Stampa”, che nel 2025 circa la metà del lavoro degli esseri umani sarà svolto da robot, ecco che i governi non hanno molto tempo a disposizione per assumere determinate fondamentali e lungimiranti decisioni in vari settori strategici (scuola, occupazione, infrastrutture, pensioni, economia, immigrazione, politica estera …), ecco che non è più giustificabile soprassedere a decisioni fondamentali trincerandosi dietro qualche comodo “si sta valutando” o “stiamo facendo delle analisi dei costi“, analisi a volte stranamente interminabili e dagli esiti nascosti.

Gli esperti del WEF dicono che i robot distruggeranno milioni di posti di lavoro, ma ne creeranno molti di più. Sarà possibile? Speriamo. Occorrerebbe però anzitutto che gli uomini politici, come già usano gli scacchisti, anziché farsi propaganda sul web o nelle piazze e badare ai consensi elettorali di breve periodo, si abituino a concentrarsi bene e rapidamente sul loro lavoro, a incontrarsi e a parlare, a guardare un po’ più in là del loro naso, e occorre che alla fine decidano di “muovere” altrettanto rapidamente pur con la “bandierina” alzata ….

Come dite? La bandierina non esiste più? Eh, già! Ma questo non è che una conferma di ciò che sto scrivendo!

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4 thoughts on “Politica, scacchi e ancora politica …

  1. Ottimo!
    Tempo scaduto?
    Da dove ricominciamo a parlare di scacchi nelle scuole?
    Ricominciamo dalla politica, senza di essa non si va avanti.
    Creiamo un “avamposto” dove? In Parlamento l’unico posto dove si legifera.
    Controllare il Centro non è sufficiente bisogna entrare sia sul lato di D che sul lato di R.
    Il veicolo periferico per entrare sono i Partiti politici . Si quelli che noi odiamo tanto ma che senza di loro l’italia non esiste.
    L’arma strategica ? La televisione , rubriche , dibattiti di qualsiasi genere . Facciamo parlare di scacchi : hai sentito si sono azzuffati durante una partita a scacchi . Dove?
    Perché? Per una bandierina . Colpa dell’arbitro ecc.
    Si vede che sia Di Mio che Salvini non sanno giocare a scacchi.

    1. Allora non resta altro che individuare i personaggi protagonisti : uno scacchista, un attore, un proffessore che parli sulla formazione dell’individuo che attraverso il gioco degli scacchi matura completamente tanto da non dire o fare piu cazzate nel lungo della sua vita. uno sponsor e un regista per questo mi affiderei ad un direttore di una famosa rivista di scacchi.
      È ” accalappiare” personaggi dello spettacolo ….. Morricone , Piero Angela ecc.

      1. Condivido pure la tua scelta del regista: il nome del direttore della famosa rivista di scacchi è il migliore, a mio parere, in circolazione!
        Ma la strada è in salita, da un lato perché (forse) gli scacchi non sono considerati dai politici un convincente veicolo propagandistico e dall’altro perché (forse) la formazione dei giovani non è un loro primario obiettivo.

    2. Condivido con te, Giuseppe, la sensazione che i nostri governanti non sappiano proprio giocare a scacchi …. e questo rende tutto più difficile.

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