Uno Scacchista

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La scuola russa e il Memorial Panchenko a Chelyabinsk

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(Riccardo M.)
Disse una volta l’ex campione del mondo Tigran Petrosian: “Penso che negli scacchi sia possibile imparare tutto. Questo è ciò che credo, per cui accarezzo il sogno di trovare un allievo, un giorno, cui poter insegnare tutto quello che so e che ho imparato a prezzo di un’estenuante ricerca della verità. Vorrei metterlo in grado di fare tali progressi da consentirgli di lavorare con me su tante ricerche, e che egli possa poi sperimentarle nella pratica. Nonostante non abbia ancora incontrato un tale allievo, cullo sempre questa speranza ed è per questo che amo lavorare con i giovani”.

Ecco, la forza del movimento scacchistico prima sovietico e poi russo, è tutto in queste parole di Petrosian. La prima aspirazione di un grande maestro di quella terra è da sempre l’insegnamento. Si arriva ai vertici mondiali con l’insegnamento, con quello individuale e con quello che in Russia mettono in opera i circoli nei loro “Palazzi dei Pionieri”.

Tutto inizia dall’infanzia”, scrisse il G.M. Alexander Kotov. Tutto deve iniziare dalla convinzione che il successo, nello sport e nella vita, non è determinato tanto dal talento, o solo dal talento, quanto dal lavoro e dal sacrificio. Non basta, come si fa in altri Paesi del mondo (fra i quali l’Italia), organizzare tanti tornei e avere tanti iscritti alla Federazione nazionale, occorrono le scuole e l’insegnamento, occorre il lavoro e occorrono sistemi d’insegnamento efficaci e, da un certo livello in poi, “ad personam”. Aggiunge ancora Kotov: “Gli studi devono essere adattati alle caratteristiche individuali di ciascun studente: al suo carattere, età, salute, stile di gioco e preferenze. Si deve tener conto di varie cose, in particolare di come sviluppare l’amore per il gioco e come stimolare le qualità migliori e sradicare, al contrario, le debolezze”.

E così si espresse un giorno Garry Kasparov, che fu allievo di Mikhail Botvinnik: “Nel 1973, quando ero ancora un ragazzo che amava solo giocare a scacchi, Botvinnik m’invitò a frequentare la sua scuola. Non c’è prezzo che si possa stabilire per le cose che ho appreso nel corso dei cinque anni che l’ho frequentata. Lui non usa la sua autorità per schiacciare gli allievi ed imporre loro i suoi punti di vista … e per me il massimo della felicità è stato, raggiunti i vertici, sentire la soddisfazione espressa da Botvinnik per la qualità del mio gioco”.

E’ così che da un secolo la Russia riesce a sfornare campioni sempre in grado di sostituire i precedenti ai vertici dello scacchismo mondiale. E il merito di ciò risiede appunto nel pensiero espresso da Petrosian e nella meritoria attività di tanti, più o meno famosi, Grandi Maestri che hanno dedicato soprattutto all’insegnamento la loro vita sportiva.

Uno di questi Grandi Maestri è stato senza dubbio Alexander Nikolaevich Panchenko (Chelyabinsk 5 ottobre 1953 – Kazan 19 maggio 2009), campione sovietico nel 1979. Sua l’immagine sotto il titolo. A sua volta Panchenko, che era un ingegnere, uscì dalla celebre “Scuola” di Chelyabinsk, diretta da Leonid Gratvol e che fu capace di sfornare campioni quali Karpov, Timoshenko e Sveshnikov.

Panchenko è stato anche autore di alcuni libri di grande successo, fra i quali questo “Scacchi, teoria e pratica del mediogioco”.

In onore di Panchenko è stato organizzato a Chelyabinsk in questi giorni (come ogni anno) un torneo che ha visto la partecipazione di 33 Grandi Maestri e che ha siglato alla fine la vittoria, quasi simbolica, non di un GM ma di un giovane IM russo, ovvero il ‘classe 2002’ Tagir Salemgareev, Elo 2464 e performance da 2651.

Salemgareev ha superato (a 7,5/10) per spareggio tecnico il connazionale GM Alexei Pridorozhni ed ha messo in mostra un gioco interessante del quale vi mostro qui due esempi.

T. Salemgareev – A. Timofeev
Chelyabinsk 18.9.2021

Siamo al sesto turno. Questa è la posizione raggiunta dopo le prime 40 mosse. Il Bianco, che è reduce da una sconfitta nel turno quinto ad opera del n.1 del seeding, l’armeno Shant Sargsyan, ha un vantaggio pressoché decisivo, grazie al suo pedone centrale ‘d’. E’ impeccabile la manovra del giovane Tagir per costringere in pochi tratti all’abbandono un GM esperto come Artyom Timofeev.

All’ampliamento della seconda edizione del lavoro di Panchenko, del quale vi ho mostrato la copertina e che fu pubblicata nel 2014, lavorò proprio Timofeev, il quale di Panchenko era stato allievo.

Così Timofeev parla del suo amato maestro: “Forse, la sua natura un po’ gentile non ha permesso ad Alexander Nikolaevich di ottenere di più nella sua carriera di giocatore di scacchi, ma nel suo lavoro di allenatore gli ha permesso di rivelare tutto il suo talento”.

T. Salemgareev – D. Lintchevski
Chelyabinsk 19.9.2021

Settimo turno. Questa è la posizione dopo il tratto n. 60 del Bianco (f2-f4). E’ una posizione equilibrata. Il Nero deve qui decidere se attivare la propria Torre attraverso Td1 oppure Te1, ovvero spostare immediatamente il proprio sovrano verso l’ala di Re per bloccare i pericolosi pedoni passati bianchi. Il G.M. Daniil Lintchevsky opta per questa seconda scelta, che sottintende però due diverse vie: la via del nord ‘Rc6-Rd6-Re7’ e la via del sud ‘Rc4-Rd3-Re4’. Ma, purtroppo per lui, la via che sceglie il Nero non è quella giusta, come dimostra il giovane Salemgareev:

Al bravo Tagir vanno i nostri auguri per una carriera ricca di belle soddisfazioni.

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