Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

Mini e Minic

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(Riccardo M.)
Gli anni Sessanta sono stati favolosi. Chi potrebbe affermare il contrario?

(Nella foto di Alberto Novelli, una Austin Mini Cooper S del 1964)

Favolosi perché in Italia era in atto il “miracolo italiano”, favolosi perché mio padre aveva promesso che prima o poi mi avrebbe acquistato una automobile (forse perfino una “Mini”!), favolosi per l’esplosione di libertà e innovazione che pervadeva abitudini e stili di vita e che portò, nel campo della moda, all’invenzione della minigonna o “Mini”.

Favolosi negli scacchi erano i maestri di Jugoslavia, che già invadevano come cavallette le platee europee e favolosa la loro Belgrado che stava lanciando (1966) il suo “Informatore Scacchistico”.

Favolosi i nomi di quei giocatori, da Gligoric a Cebalo, a Sahovic, a Bukal, Marjanovic, Matanovic, Matulovic, Parma e Trifunovic. E poi Vukic, Bukic, Nikolic, Rukavina, Barle, Rajkovic, Hulak, Ostojic, Knezevic, Marovic, Kurajica. E ancora Ljubojevic, Ivkov, Ciric, Nemet, Velimirovic, Janosevic, Damjanovic, Udovcic. E il più bravo di tutti: Planinc. E di sicuro ne dimentico qualcuno.

Certo, allora non c’erano ancora le nazionali autonome di Slovenia, Croazia, Serbia, Bosnia, Montenegro, Kosovo e Macedonia. E la Federazione Jugoslava era perciò tanto temuta alle Olimpiadi. I suoi risultati nel dopoguerra? Eccoli: Oro nel 1950, argento nel 1956 e 58, 62, 64, 68 e 74, bronzo nel 1952, 54, 60, 70 e 72. Che volete di più?

Ecco, sapevo che la memoria mi avrebbe tradito ed ho dimenticato una di quelle figure cosiddette “minori”, quella di un certo Dragoljub Minic. Eppure lui fa quasi rima con “Mini”. E proprio minore Minic non era, visto che più volte fu convocato in nazionale per le Olimpiadi e che in quelle del 1962 (a Varna) colse un eccellente 6,5 su 8, mentre in quelle del 1970 (Siegen) un ancora migliore 8,5 su 10. Pertanto un gran giocatore anche lui.

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Minic era nato a Podgorica il 5 aprile del 1936. Quindi era un montenegrino. Fu (alla pari con Matanovic) campione di Jugoslavia nel 1962 e poi, grazie alle sue profonde capacità di analisi e conoscenze teoriche, fu scelto spesso per “secondo” da Gligoric e da Ljubojevic.

Venne anche lui a giocare in Italia e fu primo (pari merito) a Reggio Emilia 1964/65 e più tardi a Catanzaro 1983. Nel 1967 vinse a Varna, nel 1971 a Zagabria, nel 1973 a Pristina. Divenne Maestro Internazionale nel 1964 e “ad honorem” GM nel 1991.

Il 5 aprile del 2005, giorno del suo sessantanovesimo compleanno, non rispondeva al telefono nel suo appartamento di Novi Sad, dove viveva da solo. Qualche giorno dopo si scoprì il motivo: un attacco cardiaco aveva posto fine alla sua partita, forse proprio nel giorno del compleanno.

Due belle conclusioni di Dragoljub Minic? Eccole. E contro due avversari veramente di rilievo.

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Ljubojevic-Minic, Zagabria 1975

Come salvarsi dallo scacco di scoperta?
Minic trova 31. … Cg8! 32. Ch5+ f6 33. g4 Tac8 34. g5 Df3 35. gxf6 Td1+ 0-1 (se 36.Txd1 Dxd1+ 37. Rg2 Tc2+).

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Minic-Korchnoi, 1963

22.Txe5! Ae6? Sbandata di Viktor, che spiana la strada al maestro montenegrino. E’ chiaro che non si può prendere la torre per via di 23.f6 che minaccia Ad3 e matto. Ma dopo la partita Viktor suggeriva 23. … Te8 24.Txe8 Dxe8 25. Dxe8 Axe8 26.Tb1 e il nero non avrebbe ancora perso.
23.fxe6,fxe5 24.exf7 1-0 (se 24. … Txf7 25.Ac4 Taa7 26. Dxe5+ e se 24. … Rg7 25. Dxe5+ Rh6 26.Tf6+)

Un Minic decisamente tutt’altro che “mini”.

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2 thoughts on “Mini e Minic

  1. Sicuramente per noi sessantenni gli anni ’60 rappresentano un periodo da ricordare con entusiasmo. Se però esaminiamo le differenze oggettive fra quel periodo e quello attuale, il bilancio, senza dubbio, pende a favore degli anni che stiamo vivendo. La vita media è notevolmente aumentata, le risorse sanitarie a disposizione dei cittadini sono incomparabilmente superiori, l’istruzione è molto più diffusa fra i vari ceti sociali di quanto non fosse allora, l’informazione è molto più capillare, i beni di consumo di cui disponiamo oggi sono molto più numerosi e sofisticati, i viaggi nel mondo sono oggi alla portata di quasi tutti i cittadini, il welfare, sebbene in crisi, protegge oggi i più deboli molto di più di allora. Anche i morti sulle strade erano molto più frequenti come anche i delitti contro la persona. La criminalità organizzata allora non era certo meno feroce di quella di oggi. La situazione internazionale non era meno esplosiva di quella di oggi. Eppure una volta, considerando classi di età analoghe, eravamo ottimisti, fiduciosi e, in definitiva, molto più felici di oggi. Ci chiediamo il perché? Forse perché allora i rapporti umani erano ancora conservati, mentre ora, nell’era della connessione e della comunicazione, siamo come monadi senza porte né finestre? Forse perché allora i valori spirituali erano ancora vivi nelle nostre coscienze? Forse perché allora eravamo proiettati positivamente verso il futuro, mentre ora avvertiamo distintamente che il nostro tempo e la nostra civiltà stiano declinando velocemente, come avvenne al tempo dell’Impero Romano del III secolo dopo Cristo, periodo che è stato definito “il secolo dell’angoscia”.
    Quali le cause di tutto ciò? Ognuno può dire la sua. Io mi limiterò a prospettarne alcune: una classe dirigente attuale definita “scadente” da Sartori; io aggiungerei “disonesta” e non soltanto nel senso materiale del termine, ma soprattutto in quello intellettuale. E inoltre un popolo addormentato da condizionamenti fallaci, da un sistema di mezzi di informazione di massa diventati nel tempo “spazzatura”. E ancora un ruolo determinante lo ha giocato il tramonto delle ideologie che rendevano la partecipazione una questione molto “viscerale” (e viva) e molto meno “razionale” (ed arida). Su tutto ciò hanno avuto buon gioco il capitalismo selvaggio, la finanza fine a se stessa e non volta, come dovrebbe, allo sviluppo economico, la progressiva perdita del valore “lavoro” rispetto al “mercato”, la totale dipendenza della classe dirigente a quelli che vengono definiti “i poteri forti”. Tutto ciò ha determinato uno stato di angoscia nei giovani che si ritengono senza futuro e nei più anziani che, consapevoli di consegnare ad essi un siffatto sfacelo, talvolta tendono ad arraffare tutto quello che possono, prima del momento in cui discenderanno, finalmente, agli Inferi.
    C’è qualcuno che sia in grado di smentirmi. Spero proprio che ci sia!

    1. Purtroppo io non riesco a smentirti, perché condivido pressoché completamente quello che dici. Preciserei soltanto che l’espressione “il tramonto delle ideologie” non la ritengo corretta; direi invece che assistiamo al trionfo di una sola ideologia, ormai dominante e quasi indiscussa: quella del cosiddetto “libero mercato”, espressione con la quale si maschera il predominio del più forte (e spesso del disonesto) sul più debole.
      Come dice il noto miliardario americano Warren Buffet ( se è corretta l’attribuzione) ” la lotta di classe? Esiste e la stiamo vincendo noi!”

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