Uno Scacchista

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I nuovi scacchi ‘irlandocubani’

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(Riccardo M.)
Se vincere può dare alla testa, non è detto che perdere faccia bene. Nel dubbio, una patta non fa mai male. Che perdere non faccia bene fu tra i primi a dimostrarlo l’ex campione mondiale, il cubano Josè Raul Capablanca, dopo il noto match mondiale del 1927 con Alekhine.

Dopo quella terribile sconfitta, Capablanca si recò e visse per un periodo a New York. Lì ebbero inizio certe sue farneticazioni sugli scacchi. “Io vorrei” -diceva- “che gli scacchi non fossero solamente una scienza, dove solo la memoria interviene, ma un’arte”.

E per farli tornare un’arte era secondo lui ormai necessario intervenire per modificare il gioco ed accrescerne le difficoltà.

Molti lo criticarono, ma in parecchi accolsero convintamente le sue idee. Fra questi c’era un professore irlandese, del quale non ricordo il nome, che entrò in contatto epistolare con l’ex campione al fine di buttar giù le regole del nuovo “artistico” gioco.

Come dovevano essere “i nuovi scacchi” secondo la farneticante teoria che vorremmo chiamare “irlandocubana”? Così:

“Si adotti una scacchiera di cento caselle e si creino due nuovi pezzi, il Duca, che sarebbe posto subito alla destra del Re, e il Templaro, subito alla sinistra della Donna. Il Duca avrebbe i movimenti della Torre e del Cavallo, il Templaro quelli dell’Alfiere e del Cavallo. Quest’ultimo quindi varrebbe un poco più della Torre, mentre il Duca varrebbe quasi quanto la Donna. I dieci pedoni collocati davanti ai dieci pezzi, avrebbero la facoltà di avanzare, alla prima mossa, di uno, due oppure anche di tre passi. Nell’arrocco il Re si sposterebbe di tre case a destra o a sinistra, a seconda se corto o lungo, anziché di due com’è adesso. Infine la scacchiera presenterebbe la casella d’angolo a destra nera, e questo per conservare l’attuale colore alle case di partenza di Re e di Donna”.

Il professore irlandese sostenne fermamente l’assoluta superiorità di questo gioco sui vecchi scacchi a 64 caselle. Capablanca era soddisfatto e speranzoso.

Ma le critiche non tardarono ad arrivare e furono molto pesanti. Alekhine non mancò di far sentire la sua voce di campione del mondo, asserendo di voler respingere qualunque innovazione del gioco.

Alekhine con il suo gatto Chess in braccio
E’ chiaro che Alekhine poteva accettare un’innovazione soltanto: quella di poter giocare col proprio gatto, Chess, in braccio, come in questa foto del 1935

E il giornale scozzese “The Falkirk Herald” ci andò durissimo, affermando che “l’innovazione chiesta da Capablanca non farebbe che condurre ad un nuovo gioco che con gli scacchi avrebbe lo stesso rapporto che oggi hanno il bridge e il whist, mentre noi vogliamo continuare a giocare a scacchi”.  

E poi ricordiamoci di una cosa, che quella non era la prima volta che si parlava di una modifica al gioco.

L’innovazione sostenuta da Capablanca, e che abbiamo spiritosamente qui chiamato “scacchi irlandocubani”, era assai simile a quella che aveva già propugnato nel lontano 1683 un certo Francesco Piacenza nella sua opera “Campeggiamenti degli scacchi, ossia nuova disciplina di attacchi, difese e partiti del giuoco degli scacchi”. Il Piacenza infatti parlò di due nuovi pezzi, il Centurione e il Decurione, e portava la scacchiera anche lui a 100 caselle.

E dopo di lui, nel 1793, l’avvocato genovese Francesco Giacometti descrisse un gioco di scacchi modificato per militari, con i pezzi che si chiamavano Cannoni, Mortai, Fortezze e Generali. Ma anche questi non erano più scacchi, tanto è vero che il Giacometti lo denominò “Il Giuoco della Guerra”.

Insomma, Capablanca, come altri in precedenza, non si accontentava più dei normali scacchi, così come, tanti anni dopo, non si voleva accontentare Bobby Fischer (con i suoi “Scacchi-Random”) e come in anni recenti ha dato l’impressione di non volersi accontentare un altro “geniaccio”, Vassily Ivanchuk, propugnatore di nuove curiose regole come quella del “Bacio alla Donna”.

Chissà se davvero tutti costoro sono stati/sono dei veggenti e se il nostro gioco sarà destinato, nei secoli, ad essere rimpiazzato da altro gioco con stravolte e stravaganti regole? A mio modesto e povero parere quel giorno è ancora lontano. Ma “mai dire mai”!

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