Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

Krogius conta 91 case

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(Riccardo M.)
Krogius si sbaglia a contare? Le case della scacchiera non sono 64? No, Krogius non si sbaglia, le 64 le ha superate di corsa ed oggi è arrivato a 91: anni! E continuerà a contare. Complimenti e buon compleanno da UnoScacchista!

E se anche Krogius si sbagliasse a contare, noi forse lo perdoneremmo, perché Krogius non è uno scacchista-matematico come lo sono stati Euwe o Lasker, il dr Nikolaj Krogius è invece un bravissimo scacchista-psicologo (si è laureato in psicologia nel 1980, appena ultimati i successi in campo scacchistico, ma già nel 1953 si era laureato a Leningrado in filosofia) ed è stato professore alla facoltà di Psicologia dell’Università di Mosca.

Nikolaj Vladimirovic Krogius è nato a Saratov il 22 luglio del 1930 in un’agiata e colta famiglia (la madre era professoressa di chimica all’Università di Saratov). Due grandi successi a Sochi nel 1964 e 1967 (e svariati altri di rilievo), Grande Maestro nel 1964, sette finali di Campionato sovietico, la vice-Presidenza della Federazione sovietica. E poi componente della redazione della famosa rivista russa “64”, editorialista della “Pravda”, una ventina di libri scritti fra il 1967 e il 2011, un paio di centinaia di articoli scientifici o scacchistici. Ed è stato allenatore di Boris Spassky, che accompagnò nelle sue sfide mondiali con Petrosian (Mosca ‘69) e Fischer (Reykjavik ‘72).

Tutto ci parla di una carriera e di una vita importante e gratificante. E fortunata, dal momento che la sfortuna lo sfiorò colpendo Georgiy Krogius, suo fratellino più piccolo che morì di malattia in tenera età. Nikolaj prese il cognome della madre, Elena Krogius, in quanto con lei visse dopo il divorzio di Elena da Vladimir Brennert, un artista di origine tedesca. Dal 2000 Nikolaj vive con la famiglia negli Stati Uniti ed è cittadino statunitense, pur avendo confermato la cittadinanza russa. Ha due figli e quattro nipoti. Nel 2009 lui e la moglie Irina Gordeeva festeggiarono le nozze d’oro, ed ebbero le congratulazioni perfino da Michelle Obama, tanta è la fama che nella vecchia e nuova patria ha raggiunto Nikolaj Krogius.

Naturalmente Krogius ha riversato il suo primario interesse nell’ambito della psicologia degli scacchisti e i suoi lavori sul tema (in particolare “Psicologia di un giocatore di scacchi” del 1979 e “Scacchi e creatività” del 1981) sono stati tradotti e pubblicati un po’ ovunque: Argentina, Gran Bretagna, Germania, Italia, Spagna, Stati Uniti, Jugoslavia. E il successo è arrivato ed è stato meritato. Ed anch’io in questo articolo mi soffermo di più su questo aspetto della sua vita, lasciando in secondo piano il pur non trascurabile lato agonistico.

Apprezzamenti sì, ma anche qualche critica non gli è venuta a mancare in carriera, in specie in relazione a degli “stop” o “niet” che la Federazione sovietica imponeva alle trasferte all’estero di qualche giocatore, in particolare a quelli di religione ebraica. Argomento delicato, e non so quanto potesse fare di più all’epoca un vice-Presidente di Federazione in un Paese stretto da comandi di più alte autorità sportive e politiche, probabilmente a loro volta sorvegliate e indirizzate da funzionari del PCUS o del KGB. Non dimentichiamo in ogni modo che Krogius è stato anch’egli membro del Partito comunista sovietico dal 1981 al 1991 e che, ad esempio, nella tenzone scacchistica e umana tra Karpov e Kasparov egli sempre si è schierato nettamente dalla parte del primo, del quale è ottimo amico.

Oltre a Karpov, sono stati suoi buoni amici anche Botvinnik, Smyslov, Polugaevsky e il presidente della Federazione scacchistica dell’URSS Vitaly Sevastyanov.

Krogius venne a giocare anche un torneo in Italia, a Genova nel 1989, circa un anno e mezzo dopo che un infarto (settembre ’87) lo aveva costretto a ridurre i suoi impegni agonistici e sociali. Ma gli anni già iniziavano a pesare e dovette accontentarsi di un piazzamento di centro-classifica. M’informa Adolivio Capece che Giorgio Di Liberto, l’ex presidente del Circolo Centurini, sul Nikolaj Krogius di Genova così scrisse: “Burbero, scontroso, seppure molto cortese. Ricordo poche sue parole. Alla fine della sua partita con il nostro Flavio Guido, terminata patta in seguito a una lunga e bella combinazione di Guido, mi confidò: ‘questo ragazzo pensa da Grande Maestro’.” A Genova si ricordano, più che le sue partite, gli ostacoli che da Mosca furono posti alla partecipazione sua e del GM Konstantin Lerner a quel torneo, le trattative tramite il Consolato sovietico della città e, infine, l’accettazione da parte degli organizzatori, di tutte le condizioni poste dai sovietici.

Dopo i 60 anni Krogius seppe comunque ancora ottenere dei buoni risultati in tornei “senior” e rimase sufficientemente attivo fino al 1998.

Di lui ho riletto quest’anno il suo “Scacchi e creatività”, nella edizione tradotta in italiano nel 1984 da Roberto Paniagua per le edizioni Francisci e devo dire che, a differenza forse di ogni altro libro che tratta di scacchi, in questa seconda lettura l’ho apprezzato di più, non l’ho per nulla trovato “invecchiato”. Probabilmente l’avvento dei programmi scacchistici ha rivoluzionato l’analisi tecnica, l’approccio alle aperture, i successivi commenti alle partite dettati da menti non umane, l’atmosfera stessa dei tornei, ma poco ha cambiato, nelle fasi cruciali di una partita, nell’atteggiamento e nel ragionamento dei giocatori, al punto che si può essere d’accordo con l’autore quando, all’inizio del suo lavoro, afferma che gli scacchi possano essere considerati “come un modello esemplare per lo studio dell’immaginazione umana” volto a “decifrare l’enigma dell’attività creatrice dell’individuo”.

Il testo di Krogius si sofferma sull’importanza, nel gioco degli scacchi, dei “momenti emozionali e volitivi e dell’intuizione”, arrivando a definire il nostro gioco come “un’attività intellettuale e conscia nella quale esistono delle indubbie componenti inconsce tra le quali è compreso il pensiero intuitivo del giocatore”.

Un capitolo è dedicato alle caratteristiche della concentrazione e dell’attenzione, quasi sempre evidenziate da esempi convincenti quanto simpatici, riferiti ad episodi che hanno coinvolto anche celebri campioni. In particolare, l’attenzione può dipendere, secondo l’autore, da diversi fattori: dalle conoscenze teoriche, dall’esperienza, perfino dalle “mode scacchistiche”. Mi piace, qui di seguito, riportare (e scoprirete il motivo) l’inizio del penultimo paragrafo, dal titolo “L’attenzione dipende dal punto di vista estetico”:

un bel sacrificio o un’idea straordinaria di solito attirano l’attenzione di giocatori di vario stile … questo è dovuto all’enorme influenza che l’estetica esercita: è necessario un serio sforzo volitivo per accantonare una manovra più ad effetto ma meno efficace in favore di una semplice e che conduce più rapidamente al raggiungimento dell’obiettivo prefissato. Molti maestri sembrano convinti che la razionalità sia il massimo della bellezza negli scacchi, tuttavia nella loro mente persiste l’idea che il sacrificio della Donna e la vittoria in 5 mosse siano da preferire ad un successo da ottenere senza complicazioni, ad esempio in 4 mosse. Probabilmente questa tendenza è dovuta alla lunga ed estesa propaganda a favore dei sacrifici e dei rischi; senza dubbio l’idea è discutibile, però che fare se nella letteratura scacchistica il romanticismo continua ad opporsi al realismo?”

Krogius a Reykjavik nel 1972, fra Geller e Spassky

E chi era più realista di un Re e più fiero oppositore del romanticismo negli scacchi se non Krogius? Ecco come lui continua a spiegare …

“Vediamolo nel seguente frammento della partita:

Nikolaj Krogius – Andrey Kuznetsov
Essentuki, 1962

(diagramma dopo il tratto n. 13 del nero …. Ad4+)

Il Bianco ha un grande vantaggio. La semplice mossa 14.Rh1 e la successiva f4-f5 gli danno la vittoria. Però quale scacchista non sussulta alla possibilità di sacrificare la Donna? Il Bianco concentrò l’attenzione sulla casella “d4”, le altre possibilità volteggiarono nella sua mente dileguandosi subito. Anch’io sussultai e giocai:

Insomma, questo è Krogius: rigido e severo perfino nei confronti di sé stesso e critico nei confronti di una mossa “romantica” senza la quale questa sua partita non sarebbe diventata famosa e non sarebbe mai apparsa in questo libro né in questo blog né citata altrove. Chissà cosa avrà pensato Mikhail Tal di queste considerazioni del suo connazionale ….

Finisco questo articolo con una puntualizzazione per gli storici degli scacchi: Nikolaj Krogius non è parente di Ragnar Krogius, giocatore finlandese (1903-1980) che alle Olimpiadi di Monaco del 1936 affrontò e sconfisse l’italiano Stefano Rosselli Del Turco.

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