Gioco, partita e fuga dal castello di Varano
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Luigi Serra: “L’Annibale Bentivoglio prigioniero nel castello di Varano"
(Riccardo Moneta)
Fuga? “Gioco, partita e … incontro!” recita oggi il telecronista al termine di una partita di tennis, ovvero meglio “Game, set and match!”.
Qui però non di tennis vi parliamo, ma di un personaggio storico, di un pittore tanto meritevole quanto non molto noto, e di alcune partite a scacchi (o meglio “a tavoliero“) che purtroppo resteranno per sempre sconosciute. E infine, sì, anche di una rocambolesca fuga. Seguitemi.
Le partite furono quelle giocate nel 1443 fra il Castellano del Castello di Varano (non si conosce il nome del castellano) e Annibale I Bentivoglio, figlio di Gian Galeazzo e Signore di Bologna dopo il 1420; poi si aggiunse loro anche un tal Zenesio “benissimo di tal gioco instrutto”. Il pittore è invece un altro bolognese, Luigi Serra (1846-1888).
La storia che ispirò il quadro di Luigi Serra ci è stata raccontata dal frate agostiniano Cherubino Ghirardoni (qualcuno trascrive “Ghirardacci”, altri “Ghirardini”),vissuto tra il 1519 e il 1598, nella sua “Historia di Bologna”, parte terza, alla pagina 76 “Rerum Italicarum Scriptores”, che dovrebbe essersi basata su di una memoria di uno dei diretti protagonisti della vicenda, Galeazzo Marescotti de’ Calvi: “Racconto di Galeazzo Marescotti sulla liberazione di Annibale Bentivoglio dalla prigionia di Varano, sulla uccisione dello stesso Annibale e dei fatti che ne seguirono”, racconto assai particolareggiato che qui potrete leggere per intero se v’interessa.
I fatti risalgono al 3 (al 6 secondo altre fonti) giugno del 1443, quando Annibale Bentivoglio si trovava incarcerato nel Castello di Varano. Annibale, dopo l’uccisione del padre per ordine di Daniele Scoti, governatore pontificio di Bologna, aveva lasciato la città, ma, per ordine del nuovo governatore Niccolò Piccinino, fu trovato e appunto rinchiuso nel Castello di Varano, nel parmense.
Dopo la sua liberazione ad opera di alcuni fedelissimi guelfi amici della famiglia, fra i quali appunto i fratelli Taddeo e Galeazzo Marescotti, i bolognesi cacciarono il Piccinino e sul finire del 1443 elessero Annibale Bentivoglio nuovo “signore della città”. Ma erano tempi burrascosi e i tradimenti e le lotte tra le più potenti famiglie erano all’ordine del giorno, tanto che uomini dei Canetoli e dei Ghisileri si rivoltarono contro Annibale e gli tesero una fatale imboscata, uccidendolo il 24 giugno del 1445. Ciò non pose fine alla storia dei Bentivoglio, che sarebbero tornati a guidare Bologna prima con Giovanni e poi con Annibale II. Nella basilica di San Giacomo Maggiore si può visitare ancor oggi la Cappella della famiglia Bentivoglio, che è stata definita come “una delle opere più belle dell’arte italiana del ‘400”.
Ironia della sorte, fu nel 1507 proprio un erede di Galeazzo, ovvero Ercole Marescotti, ad aizzare il popolo di Bologna all’impietoso saccheggio della cosiddetta “Domus Aurea”, ovvero il Palazzo Bentivoglio. La studiosa inglese Cecilia Ady scrisse in proposito il secolo scorso: “… non c’è maggior disastro nella storia dell’arte della fiammata d’odio che distrusse il palazzo Bentivoglio”.
Ma facciamo un salto indietro, al 3 giugno del 1443 e alla liberazione di Annibale I Bentivoglio dal Castello di Varano, o Castello Pallavicino, nei pressi del paesino di Varano de’ Melegari.

Insomma, le cose (che non pretendiamo certo qui di ricostruire con puntuale fedeltà ed esaurienza, si veda per questo il link sopraindicato) si svolsero più o meno così: il Castellano aveva preso a passare il tempo giocando a scacchi (a “tavoliero”) col prigioniero Annibale, il quale pare fosse riuscito a convincere il suo ingenuo carceriere a far partecipare anche altre persone alle loro interminabili sedute di gioco.
Scriveva Cherubino Ghirardoni: “… avvenne che un giorno il Castellano giocava a tavoliero con Annibale, che seco haveva desinato, havendo però li ferri ai piedi; et sopragionto il Castellano dal sonno, et volendo lasciare Annibale nel diporto incominciato, fece sottentrare in luogo suo al gioco il Zenesio, che benissimo di tal gioco era instrutto, et egli in una camera costì vicina andò a gettarsi sul letto … quando sin risvegliò, e ritornato al gioco con Annibale, così passarono il giorno, giungendo l’hora della cena, la quale posta in ordine, tutti e tre cenarono insieme …”.
Il racconto del Ghirardoni lascia immaginare che quelle fra l’Annibale e il Castellano fossero delle partite lunghissime, intervallate da sospensioni, pennichelle e cene. E’ certo che la mancanza dell’orologio da scacchi chissà quanto incideva sui tempi di ciascuna battaglia! O forse avevano una clessidra?
In conclusione, grazie a quegli scacchi galeotti gli amici di Annibale, “indignati per la sua prigionia”, ebbero l’accesso al Castello e impararono a conoscere la via, finché un giorno decisero di preparare la fuga del Bentivoglio, il che avvenne con considerevole scompiglio e paura, in specie per le donne che vivevano nel Castello, ma anche felicemente (almeno per le sorti dell’Annibale). Parteciparono al notturno blitz, insieme ai fratelli Marescotti e al “valoroso giovane chiamato per nome Zanese dal Borgo Sandonino”, anche tali Michele de Marino e Iacopo Malavolta, che liberarono Annibale dalle catene per mezzo di una lima e di uno scalpello, mentre al Castellano fu salvata la vita. … Era l‘aere scurissimo ed il fiume grosso … così dipinse Galeazzo Marescotti la fuga dal Castello e l’attraversamento del fiume Taro, avvenuta con l’Annibale, fiaccato dalla prigionia, sulle loro spalle.
E veniamo alla immagine sotto il titolo, che rappresenta il dipinto di Luigi Serra “L’Annibale Bentivoglio prigioniero nel castello di Varano”, una delle sue più famose opere.
Luigi Serra visse tra Bologna e, da studente, Firenze, qui ricordato come uno dei frequentatori del Caffè Michelangelo, dove erano soliti ritrovarsi gli artisti. Fu un pittore molto originale e moderno, non legato ad alcuna scuola in particolare. Nel 1869 e per alcuni anni fu a Roma, dove dipinse “L’Annibale Bentivoglio prigioniero nel castello di Varano” (immagine di copertina, in cui si vede appunto il Bentivoglio, a sinistra, che gioca a scacchi con Zenesio), una eccellente opera che vinse la medaglia d’oro alla mostra di Parma dell’anno successivo e che in alcuni testi è descritta col titolo abbreviato di “Bentivoglio in carcere”. Qui a Roma, dove il principe Alessandro di Torlonia gli commissionò alcuni lavori, scrisse anche alcuni articoli, sotto lo pseudonimo de “l’imbianchino”, per la rivista “Cronaca bizantina”.

Serra trascorse quindi un periodo a Venezia (scelta comprensibilissima per un pittore), mentre è del 1885 quello che forse fu il suo capolavoro, ovvero “I Coronari sul sagrato della chiesa di San Carlo ai Catinari”. Malato, Luigi Serra tornò a Bologna nella casa di famiglia, in Corte Galluzzi, dove la morte lo ghermì nel 1888 all’età di appena 42 anni.
Il quadro originale de “L’Annibale Bentivoglio prigioniero nel castello di Varano” dovrebbe trovarsi ancora, se le mie informazioni un po’ datate sono tutt’oggi veritiere, presso la Fondazione “Collegio artistico Angelo Venturoli” di Bologna, una scuola che ebbe il Serra tra i suoi allievi fra il 1860 e il 1863 e che oggi ha sede in via Centotrecento.
Quasi 580 anni dopo il blitz degli amici di Annibale I al Castello di Varano, io direi che, in occasione di un prossimo passaggio a Bologna, si potrebbe anche tentare una visita-blitz al Collegio Venturoli per ammirare quell’opera e riflettere un momento sull’eterno intersecarsi del cammino degli scacchi fra le piccole e infinite maglie della storia mondiale. E poi, da ultimo …. anche un salto (perché no?) al vicino Castello di Varano de’ Melegari, a tentare una partita alla cieca coi fantasmi di Annibale I e di quel Zenesio “benissimo a tal gioco instrutto” ….
castellodivarano@oltrelospecchio.com: inviando una email qui possiamo chiedere informazioni e prenotare una visita. Cosa ne dite? Quando partiamo? E non dimentichiamo a casa la scacchiera, eh?