(Uberto D.)
Il compositore cecoslovacco Josef Vančura è noto principalmente per la famosa posizione difensiva nei finali di Torre e pedone di Torre, ma nella sua breve vita (è vissuto solo 23 anni) ci ha lasciato una eredità significativa, una sessantina di studi, molti di valore assoluto: pensate che Averbakh ne ha inseriti 7 nella sua opera sui finali e André Chéron nel “Lehr- und Handbuch der Endspiele” ben 11.
[Josef Vančura, Il Bianco muove e vince – Ceské Slovo, 1922]
E questo vale anche per il classico finale con l’alfiere “sbagliato”. Guardate questo studio di Orrin Frink:
Orrin Frink
Il Bianco muove e vince
The Chess Amateur, 1926
La manovra non è difficile, ma molto istruttiva, perché ci fa capire come sia possibile impedire al Re Nero di raggiungere g7/h8 pur essendo così vicino:
Avendo sfatato il mito che l’Alfiere “sbagliato” non vince mai, siamo pronti a vedere uno degli studi più belli composti su questo tema. L’autore è il cecoslovacco Josef Vančura, di cui i più conoscono il nome solo per una posizione difensiva nei finali di Torre e non per le sue composizioni da studista.
Josef Vančura
Il Bianco muove e vince
Ceské Slovo, 1922
Forti di quanto già visto vi lascio il piacere di cercare la soluzione da soli. Sappiate che non è semplicissimo e che fior di GM non lo hanno risolto senza mettere i pezzi sulla scacchiera e provare le diverse possibili manovre. Anzi, vi invito a farlo, perché non c’è modo migliore di apprezzare l’eleganza della soluzione di provare, sbagliare, riprovare e capire perché una manovra funziona e un’altra no. Buon divertimento.
Prima di andare a vedere insieme la soluzione, qualche ragionamento sulla posizione. E’ evidente che il Bianco non può permettere al Re nero di andare in g1 e prendere il pedone h, quindi la prima mossa è obbligatoriamente di Alfiere.
Vediamo subito se riusciamo a bloccare il Re nero spostando l’alfiere in g2 o f1.
L’alfiere deve quindi muovere sull’altra diagonale,
Magari funziona muovere il più lontano possibile per evitare di perdere un tempo a causa dell’attacco da parte del Re nero che si avvierà verso g7?
No, neanche così. E se invece provassimo a utilizzare quello che abbiamo imparato dallo studio di Frink?
Non funziona neanche così e se qualcuno non ci avesse detto che il Bianco vince, probabilmente ci saremmo fermati qui con le analisi. Ecco invece come Vancura ci dimostra un’altra configurazione dei pezzi bianchi che taglia fuori il Re nero dalle case critiche:
Il Re nero non passa e deve uscire dal quadrato del pedone h6: magnifico!
Una costruzione da ricordare.
Come ho scritto all’inizio, Josef Vančura è vissuto molto, troppo poco e molti dei suoi studi sono stati pubblicati postumi, come quello, famosissimo, che nel 1924 ha rivoluzionato la teoria dei finale di Torre, dimostrando un metodo per pattare sconosciuto in precedenza: quello che è oggi noto come “posizione di Vančura” e che Nunn nel suo libro “Secrets of Rook Endings” definisce la “patta di Vančura”.
Spero abbiate apprezzato questa gemma di Vančura e il lavoro, certosino, che i compositori e i ricercatori di quell’epoca dovevano svolgere per produrre i grandi studi che oggi noi ammiriamo. Brillanti e freddi programmi e tablebases possono offrirci in pochi istanti una soluzione perfetta ma … assolutamente inutile, perché ci impediscono di godere del piacere di scogliere il groviglio dei tentativi errati e dei falsi vicoli ciechi, e della scoperta dell’IDEA alla base dello studio.
Nato a Roma nel 1960, sono stato scacchista attivo dal 1979 (ma forse scacchista “dentro” da almeno 10 anni prima). Sono Candidato Maestro a tavolino, con carriera interrotta da una felice paternità, e fondatore della rivista periodica “Zeitnot”. Da qualche anno il fuoco sotto le ceneri scacchistiche si è riacceso e ho pubblicato qualche articolo sul blog SoloScacchi e un racconto sul libro “57 storie di scacchi” (ed. Messaggerie Scacchistiche). Nel 2016, in attesa di un ritorno alla scacchiera che si è poi realizzato 3 anni dopo, ho deciso di aprire il blog UnoScacchista.