Il miracolo di Gurvich
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(Uberto D.)
Ci sono studi difficili, studi eleganti, studi talmente stupefacenti che rimangono impressi nella memoria. E poi ci sono gli studi che semplicemente sembrano sconfiggere le regole della logica. Un po’ come il famoso studio di Reti, quello con il Re Bianco fuori dal quadrato che riesce comunque a pattare, dài che ve lo ricordate. Lo studio che vi mostro oggi non è così famoso ma vi assicuro che è una miracolosa combinazione di “illogicità” e di eleganza.
L’autore è il compositore azero Abram Solomovich Gurvich (Baku, 12.2.1897 – Mosca, 18.11.1962). Il suo nome non vi dirà molto, ma fu un autore di grande qualità, con un particolare gusto artistico, collegato sicuramente alla sua professione di critico teatrale e letterario. Fu talmente attirato dagli aspetti artistici degli scacchi da scrivere nel 1955 un articolo intitolato “Chess Poetry”, nel quale pone l’accento sull’importanza del valore estetico degli studi, condannando tutto ciò che è meccanico, sistematizzato o innaturale.
E, come ho anticipato, questo studio pubblicato nel 1927 sulla rivista azera Babinsky Rabochi, contiene veramente qualcosa che è facile definire “arte”.
A. Gurvich
Babinsky Rabochi, 1927
Il Bianco muove e vince
Il Bianco ha la Donna in più, ma il Nero minaccia di promuovere. La prima mossa è praticamente obbligata:
C’è chi ha paragonato la posizione finale a “un disegno di Escher: da qualunque angolo la guardi, i miei occhi non riescono a crederci” (GM Jonathan Rowson, New in Chess). E, in effetti, la posizione finale è una vera cattedrale alla simmetria e alla purezza stilistica.
Grazie, Abram, grazie davvero.