Chess Tweet – Quanto conta l’età negli scacchi?
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GIbraltar Masters 2011 - Caruana-Korchnoi dopo 7... 0-0 (foto di Stewart Reuben)
(Antonio M.)
In tutti gli sport l’età dell’atleta ha una rilevanza dal punto di vista agonistico e delle prestazioni e ne abbiamo in qualche maniera parlato in un post precedente che prendeva lo spunto focalizzandosi su un altro aspetto: l’approccio alla partita da parte di giocatori di generazioni diverse.
Nel calcio, nel rugby, nel tennis, nel ciclismo, nell’atletica, solo per citare alcuni tra gli sport più conosciuti, la preparazione fisica unita ad una giovane età, ad una ferrea disciplina e ad una certa costanza, sono gli ingredienti necessari per raggiungere ottimi livelli agonistici. Ed il meglio si raggiunge dai diciotto-venti ai trentacinque anni, dove si ha il massimo della prorompenza fisica dell’atleta, cosa che permette il raggiungimento dei risultati migliori. Il tutto, naturalmente con un allenamento duro e continuativo e con una forza di volontà che conduca l’atleta al raggiungimento dei propri obiettivi senza concedersi a distrazioni. Una componente importante negli sport più fisici, è anche il cercare di contenere, se non evitare del tutto, gli infortuni che sono una sorte di spada di Damocle sulla testa dell’atleta.
E quando si assiste ad esempi di longevità sportiva, questi non vanno mai molto oltre i quarant’anni, traguardo non alla portata di tutti. Naturalmente parliamo sempre di quella agonistica, perché lo sport in generale è sempre consigliabile e non è raro incontrare runner o ciclisti in perfetta forma anche dopo i settant’anni, capaci ancora di performare discrete prestazioni, ma a queste età l’obiettivo è diverso.
Per gli scacchi, invece, le cose sono un tantino diverse, visto che lo sforzo fisico ha una rilevanza meno accentuata, e ci sono esempi di giocatori che hanno mantenuto altissimi livelli anche ben oltre i cinquant’anni, come il primo storico campione del mondo, Wilheim Steinitz, che perse il titolo a 58 anni (!) contro il grande Emanuel Lasker che rimase campione del mondo fino a 53 anni, seguito da un altrettanto grande Michail Botvinnik che lo fu fino all’età di 52 anni. Questi solo alcuni esempi del passato che sono lì a testimoniare come uno scacchista possa avere una carriera ben lunga e piena di soddisfazioni, anche ai livelli più alti. E’ vero che il massimo rendimento si ottiene anche qui tra i diciassette, ed anche meno, ed i trentacinque-quarant’anni, ma ci sono casi in cui si sono raggiunti anche gli ottant’anni mantenendo ancora un buon livello di gioco.
Esempio tra tutti, è stato l’inossidabile “Victor il terribile”, il grande Korčhnoj. Nella partita che segue lo vediamo opposto ad un giovanissimo Caruana, allora diciottenne e già oltre i 2700 punti di Elo Fide. Un divario di ben 177 punti e ben 61 anni di età! Il risultato, sulla carta, sembrerebbe scontato, ma negli scacchi, come spesso nella vita, non è mai detta l’ultima parola.
Una bella lezione impartita al giovane talento italo-americano, che dimostrerà di averla imparata giocando poi la finale del Campionato del Mondo contro Carlsen e perdendo solo agli spareggi con partite veloci.

Che dire poi di “Iron man” sua Maestà Victor Korčhnoj? Niente, solo da ammirare un giocatore che sovverte qualsiasi legge della natura, dimostrando che con una ferrea volontà, e naturalmente con le indubbie capacità di gioco, nessun traguardo è impossibile negli scacchi, a qualsiasi età!
Indubbiamente l’età di un giocatore rimane di primaria importanza in tutti gli sport, compresi gli scacchi, ma di sicuro questi contribuiscono ad allenare il nostro cervello e a preservarlo in buono stato praticamente per tutto il tempo della nostra esistenza.
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