Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

Dubbi di un giocatore d’altri tempi

4 min read

"I giocatori di scacchi”, John Lavery, 1929

(di Franco Trabattoni)
Ormai da molti anni gioco a scacchi sempre meno e – quando gioco – sempre peggio.
Non me ne preoccupo, perché è una cosa del tutto normale: sia per ragioni di età, sia perché sono sempre meno in grado (e non solo per mancanza di tempo) di padroneggiare la straordinaria mole di informazioni che la pratica scacchistica travasa massicciamente in rete con cadenza giornaliera.
Seguo tuttavia, come posso, le partite dei tornei di alto livello.

Quello che mi preoccupa è che mi accorgo di non possedere più gli estremi per capire come funziona questo gioco.
Anni fa ho osservato con stupore e interesse la rivoluzione di Alpha Zero.
C’è da dire però che in questo caso, pur essendo le partite straordinariamente complesse e originali, gli stupefacenti sviluppi del gioco hanno conservato un discreto margine di comprensibilità.
Detto in maniera sintetica e necessariamente approssimativa, Apha Zero ha esaltato al massimo grado il criterio del dominio dello spazio: ad esempio le diagonali, o le potenziali differenze tra case bianche e case nere (secondo quella che il vecchio Canal chiamava la manovra posizionale bicolore); e corrispettivamente ha ridotto l’importanza dello squilibrio materiale.
Tutto molto difficile, come ripeto, e necessariamente sorretto da una capacità di analisi letteralmente sovrumana.

Ma comunque riconducibile all’interno di un aggiornamento e di un potenziamento esponenziale di parametri tutto sommato tradizionali (spazio, materia e tempo).
Mi riesce molto più difficile, invece interpretare, gli scacchi giocati dai grandi campioni di oggi: qui, devo dire, mi mancano proprio gli strumenti.
Gli esempi che potrei citare sono moltissimi, ma per brevità ne ho scelto tre, che dovrebbero essere sufficienti a spiegare quello che voglio dire.

1. Gioco piano

I manuali di teoria che studiavo (diciamo così…) da ragazzo relegavano questo impianto nel museo delle cere, ritenendolo un’apertura remissiva e sprovvista di interessanti linee di sviluppo.
Contestualmente, nella prassi dei grandi campioni non se ne vedeva traccia. Oggi invece, come si può facilmente costatare, il Gioco piano è diventata una delle aperture più usate nella prassi dei giocatori di massimo livello (un po’ come la partita ortodossa negli anni ’20 del secolo scorso).
Ora, l’idea di trattare la partita di Re senza spingere in d4 appena possibile, ma preparando questa mossa a lungo termine con c3, e limitarsi per il momento a controllare il centro senza precludersi possibilità di altro tipo (come ad esempio l’espansione sul lato di donna) non è nuova, e ricorda un po’ il modo in cui Karpov trattava la Spagnola.

Quello che rimaneva assodato, in ogni caso è che il Bianco deve tenere il pedone e4 lì dov’è, e dunque mettersi in condizione di non cambiarlo con il pedone “d” dal Nero, ove questi riesca a spingere in d5.
Le ragioni di questa regola sono chiare.
Se il Bianco gioca exd5 cede spazio all’avversario (4 traverse contro 3), si procura una debolezza cronica in d3 (non compensata dalla relativa debolezza del pedone nero in e5: un pedone è debole, mi hanno spiegato a suo tempo, quando è su una colonna a aperta e non può essere difeso da un altro pedone) e deve praticamente rinunciare alla spinta in d4, che anche se fosse fattibile senza controindicazioni (ad esempio l’avanzata dei pedoni “e” e “f” del nero contro l’arrocco) genererebbe un pedone isolato ancora più debole.

Infine, il nero potrebbe usare la casa f4 per il cavallo, e sviluppare così un attacco sul Re. Più in generale, faccio fatica a vedere quali sono i piani attivi (intendo, per cercare di procurarsi un vantaggio) che il Bianco ha a sua disposizione impiantando una struttura pedonale così remissiva.
Qualcuno mi potrebbe rispondere che dovrei guardare le partite sino in fondo, così magari potrei capirci qualcosa di più.
Ovviamente l’ho fatto, ma l’illuminazione non è arrivata. Qui sotto riporto le prime mosse dell’esempio più clamoroso:

Vachier-Lagrave – Swiercz
Sinquefield Cup 2021

Mi chiedo solo qual è lo scopo per cui il bianco si è infilato volontariamente in una situazione di questo genere.
Il mistero è reso ancora più fitto dal fatto che il nero non ha catturato il pedone (ma perché?) e poi ha perso.

2. Siciliana chiusa

Anche il trattamento della siciliana chiusa è ormai molto diverso da quello che conoscevo (quella che allora era la variante principale, ormai la uso solo io). Fra le tante novità uno degli impianti più giocati è il seguente:

3. Carlsen

Carlsen – Vachier-Lagrave
Aimchess US Rapid 2021

Se mi avessero fatto vedere questa posizione quarant’anni fa avrei pensato che il conduttore del Bianco è un principiante che ignora le regole più elementari dello sviluppo dei pezzi.
Invece Carlsen è il giocatore di scacchi più forte del mondo, e forse di tutti i tempi. E vincerà brillantemente questa partita.
Non posso che concludere, sconsolatamente, come avevo iniziato. Gli scacchi di oggi non sono cosa per me.


Franco Trabattoni (1956, FM) è stato attivo come scacchista soprattutto negli anni ’70, quando ha raggiunto un picco di 2435 punti Elo e la quarta posizione nella classifica italiana assoluta. Nella finale di campionato italiano del 1977 si è classificato al terzo posto dietro a Tatai e Mariotti (e a pari merito con Toth).
Professore ordinario di storia della filosofia antica presso l’Università degli Studi di Milano – Dipartimento Studi Storici
Direttore di Méthexis, International Journal for Ancient Philosophy

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5 thoughts on “Dubbi di un giocatore d’altri tempi

  1. Grazie Franco. Intervento breve e chiarissimo che centra un punto essenziale dell’essenza degli scacchi. Che cosa sono? gli sviluppi “incomprensibili” lamentati sono ancora più gravosi e incomprensibili per gli scacchisti meno (molto meno) acuti di te e rappresentano un autentico problema. Lasker sostenne la legittimità dei compensi per gli scacchisti di livello perché creavano la gioia degli appassionati i quali avrebbero potuto, replicando su scacchiera le loro battaglie condotte in torneo, provare un autentico piacere intellettuale. Questo è impossibile, o quasi, da anni. La situazione è stata indagata credo la prima volta, o almeno è emersa in modo significativo, con il lavoro di John Watson “Un secolo di scacchi” che risale alla fine degli anni Novanta.

  2. Post interessante, anche perché faccio miei i dubbi espressi dall’autore sul modo di giocare attuale, come il mirabile esempio della Grünfeld di Carlsen. Sull’esempio della condotta del Bianco nella Partita di Giuoco Piano, invece, c’è a mio avviso una spiegazione alla quale si può arrivare attingendo ai nostri scacchi “classici”, con esempi che vengono dal trattamento moderno (parliamo degli anni Cinquanta!!) dell’Est-Indiana dopo la presa del Nero in d4, dove a rimanere debole su colonna aperta è il pedone d6, che Bronstein dimostrò non essere tale per i vari compensi posizionali e dinamici che ottiene il Nero. Per non parlare del pedone debole in d6 del Nero nelle varie forme della Difesa Siciliana, tipo la Svesnikov o la Najdorf, dove a questa debolezza si aggiunge quella della casa d5. Poi, il fatto del pedone d3 in presa, a prima vista potrebbe non essere stato catturato per la contro replica Cxe5 con il Nero che deve cedere l’Alfiere per il Cavallo. Quindi non qualche astruso e, per noi, incomprensibile ragionamento posizionale, ma un “semplice” dettaglio tattico che oggi viene portato al massimo anche grazie all’ausilio dei programmi di scacchi. La posizione derivante dalla Difesa Siciliana, è anche questa un mistero per i dettami classici. L’unica spiegazione è che dopo la presa dell’Alfiere e l’espansione sull’Ala di Donna, il Nero ha alla fine mosso solo pedoni mentre il Bianco ha sviluppato due Cavalli. Io so solo che, se dovessi giocarla di Bianco, sposterei l’Alfiere in c4, ma mai lo lascerei lì fermo per il cambio. Condivido anche la gran mole d’informazione che oggi c’è e alla quale è difficile stare dietro a meno di essere professionisti. La cosa importante, a questo punto, è cercare sempre di vedere le cose in maniera diversa e senza lasciarsi prendere dalla nostalgia dei tempi andati e far rimanere accesa quella fiammella della nostra passione per gli scacchi.

  3. Ciao Franco, la tua analisi è semplice e profonda allo stesso tempo. Gli esempi che tu hai portato sono un esempio lampante di quanto il gioco sia cambiato e se è difficile da capire per un giocatore della tua forza, figurati per un modesto seconda nazionale. Mi hai fatto riflettere e sorridere quando nell’ultimo diagramma dici “Se mi avessero fatto vedere questa posizione quarant’anni fa avrei pensato che il conduttore del Bianco è un principiante che ignora le regole più elementari dello sviluppo dei pezzi” Fantastico! E siamo solo alla sesta mossa. Ci sono aperture a me incomprensibili che arrivano anche alla quindicesima mossa con concezioni e relativi diagrammi incomprensibili, le cosiddette “aperture fatte in casa”. Apparentemente sembra che cambio tema io penso di no. A mio avviso queste esasperazioni portano a un un mondiale che termina con dodici patte e si aggiudica il titolo con qualche partita semilampo, se non lampo. Concludo citando il titolo di un articolo (non ricordo più l’autore) che diceva. “questi scacchi non mi piacciono più”.
    Grazie Franco. Ciao
    Giovanni Longo

  4. Caro Franco, la stessa sensazione si osserva se hai giocato a basket 30 o 40 anni fa, e osservi le partite NBA di adesso. A parte l’enorme fisicità, con playmaker di 2 metri e 10, è proprio lo svolgimento del gioco che è completamente diverso. Ciò che prima gli allenatori sconsigliavano e i insegnavano a non fare – come cercare subito il tiro, o la penetrazione,- adesso è comune a tutti. Non solo ai top players. La preparazione la PC e la ricerca di mosse o variante controintuitive, dimostra solo che il ns. intuito in realtà elabora schemi e concetti che per noi erano consolidati,ma adesso non lo sono. Anch’io gioco ogni tanto, e data l’età mi sottopongo al massacro dei tornei brevi, a doppio turno, ma non posso non trovarmi in difficoltà con giocatori, anche di categoria inferiore, che ragionano in modo per me incomprensibile, e ho anche smesso di pensare che sia un modo sbagliato. Sono io fuori posto, ormai. Non c’è molta linearità nel gioco, ma c’è un’abitudine consolidata e coltivata quotidianamente ad analizzare varianti complicate basate su idee quasi esclusivamente tattiche, Forse questi ragazzi sono più difettosi di quanto fossimo noi nella tecnica dei finali, ma comunque sembrano giocare un altro gioco, qualcosa di diverso da quello che noi conoscevamo, o credevamo di conoscere. Da quando Carlsen ha dominato la scena giocando fino in fondo, e spesso vincendo, posizioni che io avrei lasciato per patte senza rimpianti, se non è possibile imitarlo tecnicamente, perchè è un livello marziano, lo si imita agonisticamente, L’uso dei database e dei motori abitua a pensare che tutto sia possibile, a dipendere da ciò che essi suggeriscono, e sotto i ven’tanni, per quel poco che vedo, non c’è nessuno che si preoccupa di elaborare un piano strategico coerente: oggettività, pragmatismo, analisi spinte, abitudine al calcolo di varianti che un giocatore di scuola classica non prenderebbe neppure i considerazione. E la valutazione della posizione si fa con i + o i – dei motori di ricerca, E’ un altro gioco, nè migliore nè peggiore di quello che ho imparato io, solo diverso, che richiede molta energia fisica e mentale.

  5. Condivido l’articolo nella sua sostanza, ma nella prima variante 12.Cxe5 invece della pavida 12.Ac2 sembra dare un piccolo vantaggio al bianco.

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