Uno Scacchista

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Chess Tweet – “Il mio regno per un Cavallo!”

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Lucky Luke e gli scacchi

(Antonio M.)
Il Cavallo è sempre stato il pezzo più originale sulla scacchiera. Da neofiti tutti, io compreso, hanno avuto delle iniziali difficoltà a capirne i movimenti. Diciamo che è il pezzo “anarchico” che fa un po’ come vuole. È l’unico che si muove a zig-zag, che salta sopra gli altri pezzi e per questo anche il primo che si può muovere sulla scacchiera, non avendo vincoli, come gli altri, di attesa dei movimenti dei pedoni. È l’autore dei più nefasti “doppi” che appartengono oramai alla storia degli scacchi, realizzando delle minacce uniche ed imprevedibili.

E se abbiamo dei dubbi, chi meglio del campione del mondo può dirci come si muove il meraviglioso equino? In una conferenza stampa Carlsen, proprio a questa domanda ha risposto: “In generale si muove ad “L” e qualche volta nelle partite blitz può essere assolutamente imprevedibile.” E dopo simil risposta, immediatamente mi tacito e passo oltre!

Insomma, viste le sue molteplici possibilità di movimento, pur sempre però a corta gittata, risulta essere uno dei pezzi più pericolosi della scacchiera, da tenere sempre d’occhio per le sue possibili, ed a volte inattese, evoluzioni. Ma non è il più potente, e nel suo raggio d’azione massimo, può controllare solo otto case con la sua caratteristica “Rosa di Cavallo”, come vediamo nel diagramma sotto riportato.


Nella vita reale, non quindi sulla scacchiera, e nelle battaglie dei secoli, e millenni, scorsi, è stato anche il più temuto e utilizzato mezzo da combattimento, invocato con le parole che Shakespeare mise in bocca a Riccardo III, nella sua Opera omonima, quando fu disarcionato dal suo fedele destriero e rimase alla mercé degli avversari che lo circondarono: “Un Cavallo, un Cavallo, il mio regno per un Cavallo” furono le sue ultime parole prima di essere trafitto mortalmente, in una delle battaglie decisive della guerra fratricida, più in là denominata “La guerra delle due Rose” (guarda che combinazione, qui sono due e quella nel diagramma sopra riportato è una, ma di tipo diverso!) combattuta dal 1455 al 1485 tra gli York e i Lancaster per la successione al trono d’Inghilterra.

Riccardo III e il conte di Richmond nella battaglia di Bosworth nel 1485 (incisione del XIX sec. di J. Rogers su pittura di A. Cooper)

Il Re a gran voce reclamava il suo Cavallo, in realtà per un fine poco nobile quale la fuga dalla battaglia oramai persa e non per guidare le sue truppe, fuga per la quale sarebbe stato disposto a dare il suo regno pur di salvarsi la vita. E per lui non ci fu quel riguardo che spesso veniva riservato ai personaggi del suo lignaggio ai quali la vita spesso veniva risparmiata per una sorta di onore e rispetto dello status del personaggio.

Per chi ha due minuti di tempo, sotto riportato il video della scena di questo tragico evento rappresentata nel film “Riccardo III – Un uomo un Re”, scritto, diretto e interpretato magistralmente da Al Pacino, che dà il giusto rilievo allo stato d’animo di un Re oramai solo che farnetica su un Cavallo mentre sta per compiersi l’inevitabile.


Nella partita che andremo a vedere, invece, il Cavallo ha fatto da baluardo alle armate avversarie ed ha contribuito a creare delle minacce contro il Re avversario, anche in palese inferiorità numerica. In questo caso non utilizzato quindi per la fuga, ma per contrastare e contrattaccare l’avversario.


Milton Pantzar-Hans Niemann dopo 8… Ae7 (Foto di Rupali Mullick)

Che partita! E che Cavallo! Certo, con diversi errori da una parte e dall’altra, ma è l’idea del Nero che affascina e stupisce: giocare con un solo Cavallo come compenso per la Donna dell’avversario. Idea non del tutto corretta, che alla fine però si è rilevata vincente e difficile da contrastare. Una partita che ci fa riflettere su questo fantomatico compenso per la Donna e ci invita ad aprire la mente e cercare le idee più nascoste che spesso si celano in posizioni all’apparenza semplici e scontate.

Per inciso questa vittoria incredibile e anche un poco rocambolesca, ha permesso a Niemann di arrivare alla fine nel quartetto di testa nella classifica finale del torneo di Cattolica appena concluso di cui ha già scritto l’amico Topatsius.

Ma alla fine, quanti di noi avrebbero vinto questa partita con il Bianco? Qual è il suo piano che gli faccia concretizzare il grosso vantaggio di materiale? Un Maestro Internazionale di oltre 2400 punti ELO non l’ha trovato, cosa che mi fa pensare che tanto facile poi la soluzione non sia. L’unico appunto di un certo rilievo che mi sento di fare al giovine Milton è che ad un certo punto doveva prendere atto che l’inerzia della partita era cambiata, e che invece di pensare a come fare per vincere, nonostante lo squilibrio di materiale a suo favore, avrebbe dovuto chiedersi come fare per pattare. Questo però è un momento che spesso anche i più forti, a volte, fanno fatica a riconoscere, trovandosi poi a mangiarsi le mani e a passare notti insonni rimuginando sulla solita partita vinta buttata, un classico leitmotiv che è noto a tutti gli scacchisti e che, a quanto sembra, è sempre attuale!

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