Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

Vincere è semplicissimo, ma solo per gente semplice com’era Szabo

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(Riccardo M.)
Vincere è semplicissimo. Non ci credete? Pensate ad una battuta? No. Il guaio è che oggi ci si arrovella tanto sulla teoria delle aperture, sui minimi vantaggi che derivano da sottilissime scelte in milioni di linee di gioco che si vorrebbero memorizzare, sul trovare la chiave per entrare in una delle migliaia di posizioni catalogate dalla teoria dei finali.

Oggi si ragiona spesso, o meglio si pretende di ragionare, come i programmi di scacchi, fin quasi a trasformare noi stessi in un programma! Così ad esempio mi appare (ma non solo lui, vedasi diversi cinesi o indiani) l’oscuro e chiacchierato ragazzotto americano Hans Niemann, il quale durante il gioco sembra estraniarsi a momenti e, alla fine delle partite, staccare del tutto la spina, chiudere i rubinetti del pensiero e non avere nessuna voglia di mettersi lì ad analizzare tratti e piani di gioco. Nessuna mia meraviglia, quindi, per le parole di Magnus Carlsen, che vedeva Niemann ‘non concentrato nelle posizioni critiche’.

Voglio restare naturalmente fuori dalla recente e improvvisa, ma significativa, reazione del campione del mondo Magnus Carlsen nei confronti del sopracitato diciannovenne statunitense, né avrei gli strumenti per dissertarne validamente.

Ma mi piace sottolineare che quel che m’impressiona è l’apparente estraneità di certi giovani maestri di oggi a quella grande Storia degli scacchi che ha prodotto non solo la ricerca del miglior gioco sulle 64 caselle, ma anche bellissime sfide, esaltanti personaggi, momenti appassionanti e conseguente partecipazione di milioni di appassionati, oltre ad opere celebri di letteratura scacchistica e a tanto, tantissimo divertimento. Oggi pare che per qualcuno conti solo la scienza. Bene, ma se la scienza finirà anche per sopraffare definitivamente il divertimento, la notte del “nobil giuoco” si avvicinerà inesorabile.

Rifiutiamo pertanto di trasformarci anche noi in aridi programmi, restiamo aggrappati  allo spirito originario del gioco, cerchiamo di giocare con semplicità, mettiamo i nostri pezzi su buone case e via, divertiamoci! A volte ci limiteremo a divertirci, anche se non sacrificheremo la Regina e anche se perderemo la partita, altre volte al divertimento potremmo aggiungere la soddisfazione di strappare il successo anche ad un grande maestro.

La belle analisi di una volta! Si riconoscono Belyavsky, Yudasin, Kasparov, Malaniuk, Karpov ed Eingorn. In fondo al tavolo E.Dubov, il nonno di Daniil.

Come vincere facilmente e rapidamente contro un forte GM ce lo poteva un tempo mostrare il GM ungherese Laszlo Szabo (1917-1998), uno per il quale gli scacchi erano più che altro -appunto- divertimento. Szabo ai suoi tempi migliori (anni ’50) capì subito di avere davanti una montagna difficilmente valicabile, ben comprese come fosse improbo lottare contro la macchina da guerra sovietica (*), una macchina da guerra che già allora aveva iniziato ad informatizzare, ad avvalersi di psicologi e psichiatri, di quelli che il campione ungherese chiamò -in un’intervista del 1996 a Gàbor Kàllai- “analisti del grande impero”.

Confessava Szabo (che fu comunque per tre volte fra i Candidati al titolo mondiale):

Forse non avevo tutte le competenze e qualità necessarie per aspirare al titolo iridato, forse avevo perduto gli anni della seconda  guerra, forse mi sono interessato a troppe cose, in particolare allo studio delle lingue (Laszlo ne conosceva almeno 5: inglese, francese, spagnolo, tedesco e russo, n.d.r.), ma è stato un bene così, perché i grandi campioni di scacchi sono personaggi sanguinari che vivono in un mondo tutto loro”.

E così concludeva quell’intervista: “Io desidero per me stesso soltanto di essere un uomo tra gli uomini, uno. Cosa potrei chiedere di più?”

Bravissimo Laszlo! Sono con te! Bene, e allora divertiamoci con Laszlo Szabo e vediamo come a volte sia (o almeno sembri, perfino per me!) semplicissimo vincere.

Szabo – Bisguier
Buenos Aires, 1955

Semplicissimo, no? Tuttavia non dev’essere sempre così semplice vincere. Infatti in quel Torneo di Buenos Aires Laszlo Szabo, nonostante sia stato l’unico a sconfiggere il vincitore Ivkov, perse due partite (con Rossetto e Donner) e giunse solo quarto con 11,5 su 17, alle spalle anche di Gligoric e Pilnik e davanti ad un terzetto composto dallo stesso Bisguier, da Rossetto e Pachman. Ma questo è un altro post…

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