[R] In viaggio fra gli alieni: il problemista
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R I S T A M P A
(Marco B.)
Anni fa girava un meme su internet la cui base era: “Non dite a mia madre che faccio il [X], lei pensa che io suoni il piano in un bordello”, dove [X] poteva essere qualunque cosa. Ecco io mi trovo nella stessa situazione quando devo dire agli amici che vado a un raduno di problemisti. “Eh? Cosa? Che vuol dire? Non giocate a scacchi?”. Ancora peggio quando devo anche ammettere che non risolvo i problemi di scacchi, ma li compongo.
Alla fine ho deciso di dire che vado a giocare a scacchi e al ritorno quando mi chiedono “Hai vinto?” rispondo inventando un qualche piazzamento più o meno (dis)onorevole. Questo con i miei amici non scacchisti, gli scacchisti mi guardano invece con aria di compatimento e scuotendo la testa. Quando poi specifico che non compongo studi o matti in due o tre mosse, ma che mi interessano gli scacchi eterodossi e la retroanalisi, dal compatimento si passa al tentativo di rieducazione o ai campi di lavoro.
Insomma chi sono e che fanno i problemisti?
La prima distinzione è fra “solutori” e “compositori”: non è esclusiva, ci sono ottimi compositori che sono anche ottimi solutori, ma non è sempre detto.
La seconda è fra “studisti” e “problemisti”. Gli studisti compongono posizioni “che potrebbero capitare in partita” (soprattutto finali) e che hanno una soluzione particolarmente brillante; sono apprezzati dai giocatori e spesso sono giocatori loro stessi, anche di ottimo livello.
I problemisti compongono … altro. L’esempio classico che potete vedere ogni settimana sulla “Settimana Enigmistica” (mi rifiuto di credere che ci sia un italiano che non l’ha mai avuta fra le mani) sono i matti in due mosse. Qui i giocatori cominciano a tentennare: “Perché dovrei cercare un matto in due quando c’è una Donna in presa?”, “Ma siamo impazziti? Il bianco ha tre pezzi di vantaggio”, “Scacco, scacco e scacco e matto in tre!”. Ancora nell’ottocento la difficoltà di soluzione e la parità del materiale erano importanti; oggi il compositore è interessato unicamente al contenuto del problema e a criteri estetici e di economia. Per questa prima puntata vedremo un solo problema, ma prima di tutto vediamo un esempio negativo.
Ceci n’est pas un problème

Il bianco matta in due con un sorprendente sacrificio di Donna 1. De4+! Rxe4 2. Cc3#. Se anche tecnicamente si può parlare di matto in due, questo non è un problema e non verrebbe pubblicato nemmeno su una rivista per bambini.
Perché? Ci sono, come minimo, due difetti enormi.
Il primo è la chiave (ovvero la mossa che risolve) che è uno scacco brutale. Il principio è che la chiave dovrebbe essere “ampliativa” ovvero che se nel diagramma il nero ha “n” mosse legali, dopo la chiave dovrebbe averne almeno “n” o di più. Qui De4+ forza la risposta del nero a una singola mossa.
Il secondo: i pezzi presenti devono avere uno scopo, qui i pezzi bianchi hanno senso, ma quelli neri no. Sostituite la Donna d6 con un pedone nero e l’Alfiere f4 con un altro pedone nero e la soluzione è esattamente la stessa. Donna e Alfiere non hanno alcuna funzione nel problema.
Adesso vediamo un problema vero.
G. F. Anderson – Il Secolo, 1921

Un problema famosissimo pubblicato su Il Secolo nel 1921 di G. F. Anderson (inglese che viveva a Rapallo).
Qui vediamo un possibile scacco di scoperta dell’Alfiere b3 aprendo la linea della Tb1 (nella terminologia problemistica questa è una “batteria”). Non sembra però produrre risultati: la Tb1 è in presa e dopo 1. Ac2+ Rc4! e non c’è modo di mattare.
La soluzione è sorprendente: 1. Rd6! con la minaccia di 2. Db7#, ma il Re in d6 è in posizione attaccabile dalla Tg3! Basta uno scacco perché il matto in due diventi in tre! Eppure dopo 1. …Td3+ il bianco matta con 2. Ad5# e dopo 1. … Tg6+ con 2. Ae6#. Che cosa è cambiato? La T nera in d3 o in g6 “interferisce” l’azione del proprio pezzo (l’A h7) e permette due matti che non erano possibili alla prima mossa. Il nero ha due altre difese muovendo il Re, ma dopo 1. … Rb4 2. Rxc6# e dopo 1. … Rb6 2. Ac2#.
Come vedete qui il contenuto tematico è notevole: la chiave è inaspettata e permette al nero di dare scacco al Re bianco; ci sono due varianti omogenee in cui l’effetto negativo di autointerferenza avviene su due case differenti. Non solo, ma la chiave concede due case di fuga al Re nero! 1. … Rb6 e 1. … Rb4 non erano possibili prima di 1. Rd6! , quindi la chiave è, come dicevo, ampliativa.
Certo i giocatori vedono subito 1. Ac2+ Rc4 3. Tb4+ Rd5 3. Dd6#, ma noi, noi siamo gli alieni!