Gyula Breyer
5 min read
(Adolivio Capece)
Gyula (Julius) Breyer, di origine ebraica, nacque a Budapest il 30 aprile 1893; si laureò in ingegneria a Budapest nel 1918; morì a Bratislava il 9 novembre 1921, a soli 28 anni, per un attacco di cuore e attualmente riposa nel cimitero di Budapest.
Campione ungherese nel 1912, vinse il forte torneo di Berlino 1920. Nel 1921 a Kassa (Ungheria) portò a 25 il record di partite in simultanea alla cieca (15 vinte, 7 pari, 3 perse).
[Nell’immagine di apertura, il 19enne Gyula Breyer a Pöstyén (Bad Pistyan) nel 1912]
Il nome di Gyula Breyer richiama alla memoria la variante della Spagnola in cui il Cavallo nero da c6 retrocede nella sua casa di partenza b8, formalmente contravvenendo così al principio generale di mobilitare rapidamente i pezzi in apertura e non muoverli due volte senza motivo:
Per lui, maestro definito “ipermoderno”, Richard Reti, suo grande amico, espresse ammirazione nel libro ‘Nuove idee negli scacchi’.
I primi anni del Novecento vedono l’Ungheria parte dell’impero austro-ungarico di Francesco Giuseppe; è questo il periodo della Belle Epoque, caratterizzato da una stabilità apparentemente immutabile che però era minata alle fondamenta dai movimenti nazionalistici slavi e germanici. Lo scoppio della prima guerra mondiale mise fine a tutto questo distruggendo le precedenti certezze: con la dissoluzione dell’impero l’Ungheria divenne una Repubblica indipendente. Culturalmente assistiamo alla rottura della tradizione con le musiche di Schönberg, gli scritti di Proust, il dadaismo, e alla diffusione della trasmissione radiofonica grazie a Guglielmo Marconi.
L’evoluzione scacchistica di Gyula Breyer seguì il flusso storico-culturale del suo tempo; nella sua purtroppo breve carriera emerge la febbre di cambiamento che attraversava quegli anni.
Nel 1911 troviamo un Breyer diciottenne già dotato di notevoli capacità tattiche; la vittoria in simultanea contro l’allora campione del mondo Emanuel Lasker lo dimostra. L’anno successivo il primo grande successo: conquista il titolo di Campione ungherese a Temesvari.
Nel 1914, su impulso del maestro Georg Marco, viene organizzato in Austria, a Baden-bei-Wien, un curioso “Gambit Tournament”, al quale partecipa Breyer, che giunge quarto dietro Spielmann, Tartakower e Schlechter, a soli due punti dal vincitore.
Sempre nel 1914, prende parte anche al prestigioso torneo di Mannheim. A causa dello scoppio del primo conflitto mondiale il torneo (con 18 giocatori) viene interrotto e i giocatori appartenenti a nazioni (come la Russia) nemiche dell’impero austro-ungarico vengono internati. Rimane di assoluto valore il risultato conseguito da Breyer al momento della sospensione: in quarta posizione con 7/11 dopo Alekhine, Vidmar e Spielmann, ma davanti a Bogoljubov, Tarrasch, Duras, Tartakower
Lo stile di Breyer e quello di Reti erano molto simili, possiamo ben dire che la loro amicizia e collaborazione fu un fattore di grande stimolo per entrambi; ritengo che probabilmente sia l’uno sia l’altro non avrebbero raggiunto gli stessi risultati separatamente.
Nel suo libro “Nuove idee negli scacchi” Reti traccia un profilo di Breyer pieno di ammirazione ed affetto; lo paragona infatti ad un nuovo Steinitz prematuramente sottratto agli scacchi:
“… Per quell’uomo, tanto perspicace che la più sottile astuzia non era per lui abbastanza sottile, che a colpo d’occhio trovava la soluzione di qualunque problema per complicato che fosse e che poteva inoltre avvalersi di una capacità lavorativa intellettuale veramente instancabile, non esisteva che un’arte, quella degli scacchi. E in quell’arte egli lavorava non solo con la mente, ma profondendovi tutte le doti della sua personalità …. Alla fine del 1921 il mondo degli scacchi perse con Breyer non solo un maestro di prima grandezza, ma un pioniere, che per merito della profondità dei suoi studi, demolitori di vecchie formule, provocò una riforma nel gioco. Siamo stati troppo presto privati di un nuovo Steinitz”. [1]
Con la fine della prima guerra mondiale Breyer evolve le sue scelte di apertura abbandonando la prima mossa 1.e4, che definì paradossalmente tale da porre la partita del Bianco “negli ultimi spasmi di agonia”.
Nel suo repertorio con il Bianco troviamo con frequenza la partita di Donna, evitando però il classico gambetto e optando per sistemi apparentemente più modesti, in cui il rapido sviluppo dei pezzi non è un dogma assoluto; tali impianti prevedono lo sviluppo degli Alfieri dietro le linee, in modo soprattutto da accumulare energia latente, che la sua grande capacità tattica poteva sfruttare nel medio gioco.
Con il Nero troviamo la Difesa Siciliana, la Francese e la Scandinava contro 1.e4, mentre contro 1.d4 assistiamo al tentativo di applicare una strategia simile a quella applicata con il Bianco nella partita di Donna. Lo stesso tipo di evoluzione da 1.e4 a 1.d4 lo ritroviamo anche nel gioco di Reti: una ulteriore prova dello stretto legame tra i due.
Quello di Breyer era un tentativo di sfuggire al tipo di impostazione della partita allora dominante, basato su lunghe e precise analisi nei giochi aperti e alle regole ferree dello sviluppo economico dei pezzi, che aveva avuto come conseguenza un certo inaridimento del gioco e dei risultati, con grande aumento del numero delle patte nei tornei.
Con la sua strategia Breyer apriva grandi spazi alla creatività personale ed al talento tattico; per questa ragione Reti applicò al suo amico la definizione di “ipermoderno”, così come era stata coniata da Tartakower nei suoi scritti.
Dopo il conflitto mondiale l’attività riprende con il grande torneo di Göteborg nell’agosto del 1920, in cui Breyer si classifica 9-10° con 5,5 su 13. Il torneo è vinto da Reti e tra i partecipanti ci sono giocatori del calibro di Rubinstein, Bogoljubov, Tartakower, Tarrasch, Spielmann, Nimzowitsch. L’unica vittoria di Breyer è contro Spielmann.
È attorno a quest’anno che viene attribuita a Breyer la paternità della variante 9… Cb8 nella Spagnola. In verità, ed ecco il piccolo mistero, non si conoscono partite di Breyer giocate con questa variante, né è stato mai trovato lo scritto in cui questa variante è stata mostrata.
Breyer ha dato il suo nome alla variante 1.e4,e5; 2.f4,e:f4; 3.Df3, del Gambetto di Re ed ha contribuito alla teoria del Gambetto di Budapest (1.d4 Cf6; 2.c4 e5). Il suo nome appare anche a fianco di una linea di gioco della difesa Nimzowitsch: 1.e4,Cc6 2.Cc3,Cf6 3.d4,e5, la “variante Breyer”, con la quale sconfisse in 30 mosse un giovane Max Euwe a Vienna nel 1921.
Il suo gioco è stato sempre teso alla ricerca della vittoria: su 177 partite ufficiali, meno di un quarto furono patte e di queste molte giocate all’ultimo sangue.
Il momento più alto della carriera di Breyer è senza dubbio il trionfo a Berlino con 6,5/9 nel dicembre del 1920: una risposta alla vittoria dell’amico-rivale Reti a Göteborg. Tutto il torneo di Breyer è caratterizzato da una forte volontà di lotta: una sola partita termina patta (contro Sämisch) in un combattuto finale. Breyer si aggiudica la vittoria nel torneo con un turno di anticipo. Le sconfitte subite ad opera di Mieses e Tartakower sono bilanciate dalle 6 vittorie ottenute contro lo stesso Reti e contro Bogoljubov, Maroczy, Tarrasch, Leonhardt e Spielmann.
Nel prossimo articolo vedremo, commentata, una delle sue più belle partite.
[1] n.d.R., da: Richard Reti, Nuove idee negli scacchi, ed. italiana by “Carucci editore” 1981, traduzione di Giovanni Benvenuti.