Gli scacchi nei sogni
3 min read
(Riccardo M.)
Buonanotte e sogni d’oro o buonanotte e sogni in bianco e nero? Chi fra voi lettori ha mai sognato gli scacchi o una partita a scacchi?
Nella “smorfia napoletana” sognare gli scacchi ha dei significati ben precisi. Ad esempio, sognare di giocare a scacchi preannuncerebbe l’avvicinarsi di attriti con dei familiari, mentre sognare di guardare altri che giocano a scacchi preannuncerebbe che determinati problemi stanno per essere risolti. Sognare di imparare a giocare a scacchi preannuncerebbe una perdita di denaro (il numero di riferimento è l’84), sognare di vincere preannuncerebbe un insuccesso nel lavoro (numero 78), viceversa sognare di perdere preannuncerebbe cambiamenti importanti nel proprio lavoro (59).
Secondo un’altra interpretazione sognare gli scacchi vorrebbe dire che ci sentiamo particolarmente coinvolti in un problema ma che abbiamo il timore di affrontarlo o siamo incerti sul come affrontarlo e quindi dobbiamo prendere in considerazione diverse varianti, proprio come i giocatori di scacchi.
Sto usando esclusivamente il condizionale per due motivi: anzitutto perché io non sogno mai (o, meglio, non ricordo ciò che sogno) e poi perché non credo nella cabala, nella numerologia, nell’astrologia, nell’astrofisica, nell’astronomia, nell’astrolatria, nell’astronautica … (?!, vabbeh sto scherzando …) e non m’interessa l’interpretazione dei sogni: i sogni sono tutti un po’ insensati, ma la loro spiegazione è di solito ancora più insensata. Perché, ad esempio, si sognano spesso re, regine e cavalli?
Lasciamo stare e torniamo agli scacchi, magari dei sogni ne scriverà più a fondo qualcun altro.
Alcuni giocatori di scacchi sognano spesso (così mi dicono gli scacchisti). Immagino, ad esempio, che dei compositori di problemi o di studi possano avere in sogno la soluzione o il suggerimento o l’illuminazione per determinate composizioni. Immagino ancora che altri possano a volte sognare di vincere una finale di campionato del mondo contro Carlsen e che, parecchi livelli più in basso, qualcun altro sogni di strappare il titolo di campione del circolo al suo acerrimo rivale.
Inoltre c’è chi ha sognato di giocare a scacchi con la morte, cosa che in realtà fece il cavaliere Antonius Block, protagonista della famosa scena chiave del film di Ingmar Bergman del 1957 “Il Settimo Sigillo”.
E la stessa morte sarebbe un sogno se, come scrisse più di un secolo fa l’aforista parigino Jules Renard, “di tanto in tanto si potessero aprire gli occhi”.
Addirittura lessi un giorno di due partite a scacchi che sarebbero state sognate da due noti giocatori [1]. Non si tratta di due spezzoni di partita, né di due giocatori che la notte successiva ad una partita hanno sognato una conclusione diversa da quella che si era, disgraziatamente per loro, verificata in torneo. No, si tratterebbe proprio di due partite intere, interamente sognate (!), e i due giocatori sarebbero stati il GM ucraino David Bronstein (1924-2006) e il MI statunitense Anthony Saidy (1937).
Ecco le due partite, divertiamoci un po’ insieme a David ed Anthony:
La storia della partita sognata da Bronstein ha alcuni risvolti particolari, perché sembra che non sia andata proprio così. Bronstein raccontò che, in preparazione di una partita contro Korchnoi, stava analizzando quella variante, quando, con un po’ di fantasia, immaginò la variante della partita. Quando inserì questo aneddoto personale in un suo discorso, disse che si era “sognato” questa variante, nel senso che l’aveva immaginata. Più tardi la cosa fu riportata come se l’avesse sognata “dormendo”, fino ad arrivare alla versione che riporto in questo post e che è ormai la versione “ufficiale”. E passiamo a Saidy:
Ad Anthony Saidy, medico in pensione e a suo tempo amico di Bobby Fischer, potremmo chiedere qualche spiegazione in più intorno a questo sogno. Diciamo anche che questo suo matto ci pare un po’ più bello (per una volta; in realtà … se lo sognava!) di quello di Bronstein.
Voi lettori cosa ne pensate? Oppure: voi cosa sognate?
[1] in: “The Complete Chess Addict”, M.Fox-R.James, London 1987