Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

Alla salute di Omar Khayyâm!

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(Riccardo M.)
Omar Khayyam non è e non è stato un maestro di scacchi, né un enologo, né un ubriacone, bensì un famoso, bravissimo matematico e astronomo persiano (1048-1131). Il suo cognome era in realtà un soprannome: Khayyam significa letteralmente “fabbricante di tende”, e questo era infatti il mestiere paterno.

Omar (altrove: Umar) Khayyam visse nell’Iran nord-orientale, al tempo in cui quella regione era sotto l’occupazione turca. Benché giovanissimo, nel 1070, dopo il trasferimento a Samarcanda, scrisse un libro molto importante: il “Trattato sulla dimostrazione dei problemi di algebra”, che solo nel 1851 si conobbe in Occidente a seguito di una sua traduzione. Qualche anno dopo fondò a Isfahan un osservatorio astronomico e qui compilò una riforma del calendario che per molti versi deve considerarsi alla base del successivo nostro “calendario gregoriano”. Tra l’altro fu forse il primo uomo ad aver calcolato con estrema precisione la lunghezza dell’anno in giorni 365,2421985 ….

In Occidente tuttavia Omar è conosciuto soprattutto come poeta, dopo la traduzione di circa 100 sue quartine (rubaiyyàt), realizzata nel 1859 in inglese da Edward Fitzgerald e poi da qui tradotte anche in italiano. L’influenza della sua opera sulla poetica europea la si percepisce in diversi grandi nomi, da Beaudelaire e Villon a Giacomo Leopardi e Giovanni Pascoli, dal quale venne citato nel poemetto “L’immortalità“.

Omar Khayyām dovrebbe esser noto anche ai fans del nostro cantautore Francesco Guccini. Nel testo di “Via Paolo Fabbri 43” leggiamo infatti queste parole:

“Jorge Luis Borges mi ha promesso l’altra notte / di parlar personalmente col persiano”. E più avanti: “Forse avrò un posto da usciere o da scrivano / dovrò lucidare i suoi specchi / trascriver quartine a Khayyām”.

Nel Novecento numerosi orientalisti italiani contribuirono a diffondere anche da noi il suo nome, che in alcuni ambienti è conosciuto curiosamente come “il cantore del vino”, dal momento che tante sono state le “quartine” da lui dedicate al buon bicchiere di vino, o meglio al fiasco, come questa:

Un libro di versi sotto il ramo / Un fiasco di vino, un pezzo di pane e tu / Accanto a me cantando nel deserto / E il deserto è paradiso adesso.

… o quest’altra:

“Pien di stupore son io / pei venditori di vino, ché quelli / che cosa mai posson comprare / migliore di quel ch’han venduto?”

E qui qualcuno ricorderà le parole di un altro nostro cantautore, che richiamano precisamente quelle di Omar: “sembra di sentirlo ancora / dire al mercante di liquore / tu che lo vendi, cosa ti compri di migliore?” (Fabrizio De Andrè, in “Dormono sulla collina”).

L’esaltazione di Bacco derivava dalla sua visione edonistica, epicurea, della vita, dalla brevità e vacuità delle cose umane, dalla stessa concezione pessimistica sui limiti della ragione umana (“l’unica cosa che seppi è che mai nulla ho saputo”).

Gli venne dedicato persino un film: “Le avventure e gli amori di Omar Khayyam” (Usa 1957, un film diretto da William Dieterle con John Derek, Cornel Wilde e Debra Paget nella parte di Scirina, la fidanzata di Omar).

Un poeta-filosofo come Omar Khayyam non poteva non trascurare gli scacchi, che appaiono infatti in alcune sue quartine. Ad esempio questa:

Null’altro siamo che una parte del gioco
muoviamo su una scacchiera di giorni e notti
ad ogni mossa un pezzo cade, preso
la partita continua mentre noi veniamo riposti

…. e quest’altra, assai somigliante:

Per parlarti chiaro e senza parabole
noi siamo per il Cielo i pezzi di un gioco
Esso con noi si trastulla sulla scacchiera dell’Essere
E poi torniamo ad uno ad uno nella scatola del Nulla

Omar Khayyam. Un inno al vino e alla vita.

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