Chess Tweet – I pericoli al di fuori delle vie battute
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Ian Rogers
(Antonio M.)
Aperture principali, centinaia di mosse da memorizzare, novità, contro-novità, studio profondo della teoria e delle strutture pedonali derivanti dalle varianti scelte, studio dei piani tipici del mediogioco e così via.
La strada del professionista di scacchi è costellata da un duro allenamento e da una ricerca costante delle mosse migliori per sorprendere l’avversario e, a volte, vincere partite senza neanche fare una mossa sulla scacchiera.
Poi ci sono loro, i pionieri delle strade nuove, delle aperture poco giocate, sempre con idee originali per evitare le linee di moda e le vie più battute.
Ed è quello che vedremo oggi, con la scelta del Nero, aiutata anche dalla condotta del Bianco, di entrare in un sistema di apertura meno noto ma che spesso fa capolino nei tornei, anche tra giocatori di alto livello, per la sua indubbia solidità, che va però maneggiato con cura per evitare di cadere in posizioni di deprimente passività.
Il nostro protagonista oggi è il simpatico GM australiano Ian Rogers, a lungo il numero uno in patria e oggi commentatore di eventi e tornei, scrittore di articoli per riviste scacchistiche, tra cui una collaborazione oramai datata con la nostra Torre & Cavallo di Roberto Messa (MI e già Campione Italiano assoluto), che nel corso della sua carriera ha dimostrato un buon livello di originalità, aprendo più volte con 1. b3, qualche volta con la divertente 1. c3 per poi spesso rientrare in qualcosa di più noto, e senza farsi mancare anche 1. f4 e 1. b4.
Lui questa volta è dall’altra parte della barricata, ad affrontare detto sistema che ha un poco cercato con la sua terza mossa.
Che insegnamento si può trarre da questa partita? Sicuramente che studio e allenamento non possono mancare in una buona preparazione, anche quando si pensa di deviare dalle strade principali per risparmiare tempo, perché se non si conosce bene la via che si sta per seguire, si rischia di ritrovarsi in breve a mal partito.
Bisogna poi cercare di capire bene il senso delle posizioni che si raggiungeranno, non solo prendere a riferimento unicamente una serie di mosse e varianti, senza capire bene cosa si stia facendo e inseguendo le notazioni sintetiche che i vari Chess Engines ci fanno vedere per dare un loro giudizio sulla posizione, del tipo: = +- ± -+, con questi simboli, con accanto tra parentesi la valutazione numerica, che cambiano in continuazione mentre il programma sta analizzando. E via così a pendere dalle loro labbra come lobotomizzati pronti a smarrirsi appena lasciati soli davanti alla scacchiera.
Per questo ho inserito tra i commenti, quasi provocatoriamente, quelli tratti da un libro di dieci anni fa, mezzo di studio diciamo oramai praticamente antiquato e non in linea con i tempi che stiamo vivendo, perché però è in questi che si possono trovare le idee su quanto si sta giocando e i principi generali che ci dovrebbero guidare nel mare magnum delle posizioni che possiamo incontrare sulla scacchiera. Magari qualche analisi non sarà precisa e sarà da affinare e verificare, ma sicuramente le idee di base ci sono e vanno coltivate e sono la bussola da seguire quando ci si trova ad affrontare nuove mosse o continuazioni sconosciute.
Ma c’è qualcuno tra di voi che, ancora oggi nel nuovo millennio, si prepara sui libri? Se sì, benvenuti nel mondo dei “Nuovi Romantici”.
PS: Quasi dimenticavo… il libro in questione ha ben 272 pagine, tanto per sfatare l’idea “gioco una difesa poco conosciuta così studio di meno”. Meditate amici, meditate!