Antichissimi simboli su figure di scacchi
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(Rodolfo Pozzi)
Da quasi sessant’anni mi dedico a un’originale disciplina, lo studio, la storia e il significato dei pezzi degli scacchi. Questi hanno forme svariate e differiscono fra loro secondo i tempi e i luoghi di provenienza, influenzati dagli usi e costumi di chi li ha prodotti. Costituiscono un campo veramente affascinante e sconfinato che i profani, come pure diversi agonisti del nostro mirabile gioco, non immaginano.
Ho ravvisato e poi esaminato che antichissimi simboli, specialmente il nodo di Salomone, il nodo senza fine e la svastica, sono stati inseriti in alcune figure di scacchi (bibl. Pozzi R. 1998a, 1998b, 2007, 2010).
IL NODO DI SALOMONE
E’ un simbolo formato da due anelli ovali intersecati che formano un nodo indissolubile. Per questo richiamano infinito, ciclo continuo o alleanza (fig. 1). E’ presente in molte civiltà e religioni euro-asiatiche, ma perfino nell’America precolombiana, evidentemente introdotte dall’Asia in epoca preistorica.
Salomone, figlio di David, è stato re d’Israele nel 10° secolo a. C., ma l’attribuzione del suo nome a questo segno è senz’altro posteriore.

La più antica rappresentazione di questo simbolo è effigiata su una tavoletta in mastice di bitume del 2600-2500 a. C. che ho visto a Parigi al Louvre (bibl. Pozzi R. 1998b). E’ stata rinvenuta nell’area del tempio della dea sumerica Ninhursag sull’acropoli di Susa nell’Elam, attuale Iran, e ospita un bassorilievo con due uròbori intrecciati (fig. 2).

L’ouroboros è un simbolo esoterico (cioè riservato ai discepoli o agli iniziati) costituito da un serpente che si morde la coda: forma in tal modo una figura circolare o schiacciata dove ad ogni fine corrisponde un nuovo inizio: il rettile ringiovanisce ininterrottamente attraverso il cambio della pelle. Il nome deriva dalla parola greca οὐροβόρος, composta da οὐρά (coda) e dal suffisso -βόρος, corrispondente al latino -voro (che divora). Quando viene raffigurato un altro serpente che unisce la sua testa e la sua coda intersecando il cerchio del primo uroboro, si forma un nodo indissolubile.
Nella tavoletta si vedono scolpiti due uomini, con capigliature tipiche del 3° millennio a. C., che si stringono la mano. Ai piedi di questi personaggi c’è un quadrupede, probabilmente un animale destinato al rito sacrificale. Al di sopra sono messi in evidenza due urobori, uno allacciato all’altro. Ritengo che la scena si possa interpretare come patto di alleanza indissolubile.
Entrando nell’argomento che mi sono prefissato, la più remota figura del nostro gioco a me nota che accoglie simboli risale al tardo 11° secolo d. C.: è un Alfiere di tipo arabo scolpito in fanoni di balena, reperito a Witchampton nel Dorset in Inghilterra e custodito a Londra nel British Museum. Nella sua parte anteriore sono visibili due teste di animale (cavallo?), e sul retro cinque nodi di Salomone incisi in fila verticale (fig. 3).

Di poco posteriori (seconda metà del 12° secolo) sono i famosi scacchi di Lewis, di tipo scandinavo in avorio di tricheco, scoperti nel 1831 nelle Isole Ebridi a Nord-Ovest della Scozia ma originari quasi certamente da Trondheim in Norvegia. Sono conservati per la maggior parte nel British e in minor quantità nel National Museum of Scotland di Edimburgo. Su taluni di essi vediamo i simboli in questione: nella parte posteriore del trono di una Donna (fig. 4), sugli scudi di un cavaliere (Cavallo, fig. 5) e di un guerriero (Torre, fig. 6), e su un Pedone (fig. 7).




Proveniente dal Tuva, piccola repubblica della Russia asiatica situata a Nord della Mongolia, ecco un set in steatite (roccia metamorfica) del 20° secolo, in cui i Re sono i Noyon o capi villaggio che fumano seduti alla turca e le Donne sono belve che rappresentano la forza dei Re; poi gli Alfieri (cammelli della Battriana), i Cavalli delle steppe e i Pedoni, cuccioli delle Donne-belve (fig. 8).

Le Torri di questo gioco sono serpenti accartocciati a nodo di Salomone con la testa unita alla coda (fig. 9): la loro struttura è molto simile a quella degli urobori dell’acropoli elamitica di Susa (fig. 2), precedente di quattro millenni e mezzo (bibl. Pozzi R. 1998b pag. 3).

IL NODO SENZA FINE
In Mongolia è il segno più diffuso, che si chiude senza interruzioni su se stesso (fig. 10). Ha fatto la sua comparsa su sigilli d’argilla della civiltà di Harappa, fiorita nella valle dell’Indo intorno al 2500 a. C.. È stato adottato successivamente dal Buddhismo, per cui ha preso il nome di nodo senza fine buddhista. Non avendo né inizio né termine riflette anche l’infinità della conoscenza raggiunta dal Budda (bibl. Blau 1999, pp. 144-45).

Il nodo senza fine compare in due set: nelle Torri bianche e sul petto del Re nero di uno tuvino di steatite del 20° secolo (fig. 11), e come Torre di uno mongolo bronzeo del 1910-20 (figg. 12 e 13).
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Fig. 11 – In un set del Tuva del 20° secolo, nelle Torri bianche il nodo senza fine spicca sui fianchi di due cani disposti schiena a schiena, ed è inciso sul petto del Re nero (bibl. Pozzi R. 1998a, pag. 148).


LA SVASTICA
E’ un antichissimo simbolo religioso fiorito nelle culture dell’Eurasia, specialmente in quelle di matrice indoeuropea (fig. 14). Nel Nord-Ovest della Bulgaria ne è stata reperita una del Neolitico incisa su ceramica risalente a 7.000 o 5.000 anni fa, ma ancora anteriore (fra i 15.000 e gli 11.000 anni) è un’altra che proviene dal sito tardo-paleolitico di Mezine in Ucraina (fig. 15). Avevano svastiche anche gli Indiani d’America.
In italiano la svastica, il cui termine deriva dal sanscrito, è detta anche croce uncinata, in francese croix gammée (dalla lettera maiuscola greca gamma: Γ), in spagnolo esvástica, in tedesco Haken kreuz (croce a gancio), in inglese fylfot (l’etimologia è incerta).


Per quanto riguarda gli scacchi, ho riscontrato svastiche nelle Torri di set mongoli: in uno di legno del 1870 i cammelli trainano carrozze buriate (appartenenti a un popolo allora soggetto ai Manciù) con le croci uncinate sul tetto (fig. 16).

Altre svastiche costituiscono, da sole, le Torri di un set di legno della Mongolia dei primi del 20° secolo, che risente dell’influenza russa in quanto la Donna di un lato è un orso (figg. 17 e 18).


Le figure degli scacchi che conosco sulle quali figurano questi vecchissimi simboli non sono numerose, ma testimoniano che nel nostro gioco si è dato molto peso a concetti fondamentali quali infinito e ciclo continuo. A parte il mio accenno su Scacchitalia (bibl. Pozzi R. 2010), nel nostro ambiente questo collegamento non era mai stato messo in luce, per cui sono lieto di farlo conoscere agli amici scacchisti, collezionisti e studiosi.
Nato a Como nel 1930, liceo classico, laurea in Economia e commercio, felicemente sposo, padre, suocero e nonno, dirigente industriale in pensione, appassionato di speleologia, preistoria e archeologia. Negli anni ‘50 e ‘60 animatore dell’attività scacchistica a Como e Delegato Provinciale FSI, ora Past President della Chess Collectors International Italia. Principali pubblicazioni (oltre a numerosi articoli): “Il Circolo degli Scacchi di Como dal 1945 al 1955”, Milano 1956; “I giochi di scacchi mongoli, riflesso della cultura nomade delle steppe”, Como 2002; “Scacchi: giochi da tutto il mondo” (con Gianni Gini), Lecco 2007.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
- LEVENSON C. B. 1997: Buddismo tibetano. Simboli di una tradizione, Milano (Mondadori).
- SANSONI U. 1998: Il Nodo di Salomone simbolo e archetipo di alleanza, Milano (Electa).
- POZZI R. 1998a: Intrecci senza fine raffigurati su giochi di scacchi, in Il Nodo di Salomone simbolo di archetipo e di alleanza di Sansoni U., pp. 147-149 e 246, Milano (Electa).
- POZZI R. 1998b: Nodi di Salomone e intrecci senza fine raffigurati su giochi di scacchi: simbolismo e radici protostoriche (Relazione al Convegno del Centro Camuno di Studi Preistorici, Capo di Ponte BS 14.11.98), Como (edizione privata).
- BLAU T. e M. 1999: Symboles Bouddhistes, Paris (Guy Trédaniel).
- POZZI R. 2002: I giochi di scacchi mongoli, riflesso della cultura nomade delle steppe. The Mongolian chess sets, reflecting the nomadic culture of the steppes, Como (edito dall’autore con il contributo della Chess Collectors International Italia); in italiano e in inglese.
- BRUSA ZAPPELLINI G. 2006: Archeologia della svastica. Morfogenesi di un simbolo, Milano (Arcipelago Edizioni).
- ROBINSON J. 2007: The Lewis Chessmen, Londra (British Museum).
- BEER R. 2006: Les symboles du Bouddhisme Tibétain, (Albin Michel).
- SANSONI U. (a cura di) 2007a: Simboli nei millenni attorno e dentro il nodo di Salomone: le spirali, il cerchio, il labirinto, Centro Camuno di Studi Preistorici, Capo di Ponte (BS). CD-ROM (Edizioni del Centro Cleto e Faenna 2007).
- SANSONI U. 2007b: I nodi delle origini: i presupposti neolitici, in Sansoni U. (a cura di) 2007.
- POZZI R. 2007: Rappresentazioni simboliche sugli scacchi della Mongolia e del Tuva, in Sansoni U. (a cura di) 2007.
- FRATTI L., SANSONI U., SCOTTI R. 2010: Il Nodo di Salomone. Un simbolo di alleanza, Ananke.
- POZZI R. 2010: Gli scacchi della Mongolia. Le Torri come simboli, in Scacchitalia, organo ufficiale della Federazione Scacchistica Italiana, n. 11/2010, pagg. 30-31.
Estimado amigo:
Mi más sincera felicitación por este fantástico articulo referente a las antiguas piezas de ajedrez!!!
Saludos cordiales,
José María Gutiérrez Dopino
complimenti, sei un mostro