Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

Londra “caput mundi” e il primo super-torneo della storia

6 min read

(Riccardo M.)
Londra “caput mundi” non è un errore, no. Né io sono un novello Marco Anneo Lucano, il poeta che per primo nel 61 d.C. usò questa definizione per Roma, la città fondata nel 753 a.C. e il cui impero al tempo di Lucano, ovvero sotto Nerone, aveva già raggiunto il massimo della sua espansione e potenza.

Il massimo della potenza e del predominio mondiale, sulle 64 caselle e non solo (vedere piantina), Londra lo ebbe nella seconda metà dell’Ottocento, dopo averlo strappato, almeno negli scacchi, a Parigi.

Leggiamo ciò che Claudio Sericano scriveva sul nostro “I Luoghi degli scacchi” nel capitolo dedicato a Londra:

Londra ha da sempre un legame fortissimo con il gioco degli scacchi, ed il titolo di campione del mondo (ancorché ufficioso) passò per due secoli attraverso i suoi circoli. Già nel 1747 il francese Francois André Danican Philidor attraversò la Manica per incontrare e sconfiggere il campione inglese Janssen e il siriano Stamma. Un altro francese, Louis-Charles Mahé de La Bourdonnais, vi si recò nel 1834 per superare il britannico Alexander MacDonnell, con il punteggio di +44 =14 -30. Negli anni quaranta dell’Ottocento fu Howard Staunton a vincere numerosi matches londinesi autoproclamandosi nuovo campione del mondo nel 1843. Nel 1851 si tenne a Londra la prima Esposizione Universale, per la quale venne eretto lo splendido Crystal Palace, che andò distrutto da un incendio nel 1936. Nello stesso periodo si giocò il primo grande torneo della storia degli scacchi, disputato con matches ad eliminazione diretta: vinse il professore tedesco Adolf Anderssen che sconfisse in finale il britannico Marmaduke Wyvill, mentre il grande favorito, e organizzatore dell’evento, Howard Staunton, venne superato da Anderssen in semifinale e poi perse anche la finale per il terzo posto contro Williams”.

Proviamo ad immaginare un po’ l’ambiente di questo “primo grande torneo di scacchi della storia”, svoltosi nel 1851 in un’atmosfera londinese di splendore e magnificenza quale era (sede dell’Esposizione in Hyde Park) il superbo Crystal Palace. Le partite del torneo di scacchi furono giocate nei locali del St. George’s Chess Club al numero 5 di Cavendish Square.

Le regole mica erano quelle di oggi! Non c’era ovviamente l’orologio, non si giocava con la formula “all’italiana” bensì “ad eliminazione diretta”. E quanto poteva durare una singola partita? Poteva teoricamente durare anche 12 o 20 ore, il che, nell’occasione, spazientì a tal punto il campione inglese Howard Staunton da indurlo ad abbandonare il match, valido per l’assegnazione del 3°-4° posto, contro il connazionale Williams, il quale forse lo faceva apposta ad addormentarsi perfino un’ora su una singola mossa.

Altra curiosità del torneo di Londra 1851 è nel nome del presidente del comitato organizzatore: George Spencer Churchill, duca di Marlborough (1793-1857), che era il bisnonno di Sir Winston Churchill.

Furono 16 i partecipanti a quel grande torneo: uscirono di scena al primo turno gli inglesi Lowe, Brodie, Newham, E.Kennedy e Bird, il lettone Kieseritzky, il tedesco Mayet e l’ungherese Loewenthal. Al secondo turno furono eliminati gli inglesi Mucklow e H.A.Kennedy, il tedesco Horwitz e l’altro ungherese Szen. In semifinale Wyvill batté Williams, mentre Anderssen superò nettamente (4-1) Staunton e poi vinse una più combattuta finale contro Wyvill (4,5-2,5).

Il Crystal Palace

L’esito di quel torneo fu un brutto colpo per l’organizzatore-giocatore Staunton, poco fortunato in verità nel sorteggio che lo oppose in semifinale al forte tedesco Adolf Anderssen. Staunton attribuì completamente la sconfitta alle sue “pessime” condizioni di salute, unite alle fatiche di dover organizzare un simile evento. Nel libro del torneo egli analizzò le sue partite affermando senza scrupoli né riguardo per nessuno che praticamente in tutte aveva raggiunto una posizione vinta prima di essere sopraffatto dalla stanchezza.

Non è escluso che siano state proprio le perentorie affermazioni di Staunton ad impedire che Anderssen venisse considerato il primo campione mondiale della storia, sia pure non ufficiale. E’ probabile che, se a prevalere in quella semifinale (e poi a battere Wyvill) fosse stato Howard Staunton, gli storici degli scacchi sarebbero stati indotti a scrivere, dopo aver valutato Londra 1851 come l’inizio dell’era moderna degli scacchi, che Staunton, anziché Morphy (poi vincitore di Anderssen nel 1859) era da riconoscere quale primo campione mondiale della storia degli scacchi.

Forse ebbe pure il suo peso un atteggiamento del vincitore Anderssen che lo rese tutt’altro che simpatico agli inglesi: il tedesco, nonostante il lungo soggiorno a Londra per la manifestazione (dal 27 maggio al 15 luglio), snobbò completamente la concomitante “Great Exhibition” di Hyde Park, e a chi gli chiese perché non fosse andato a visitarla, rispose seccamente: “sono venuto a Londra per giocare a scacchi!“.

Un brutto colpo fu quella inattesa sconfitta casalinga di Staunton, per lui e anche per la supremazia dell’Inghilterra, il cui grandioso sviluppo demografico, sociale, industriale ed economico dei secoli XVIII° e XIX° non poté così essere accompagnato da un primato scacchistico pur universalmente riconosciuto.

Staunton comunque ci mise molto del suo: lui si ostinò a proclamarsi sempre il miglior giocatore al mondo e nel 1853 lanciò una sfida, con una posta di 150 sterline, per un match sulla distanza di 21 partite, sfida che nessuno volle raccogliere. E così, quando nel 1860 Morphy, campione del mondo l’anno precedente, abbandonò gli scacchi, e Londra nel 1862 organizzò un altro torneo con l’idea di stabilire chi fosse il nuovo campione, l’ormai cinquantaduenne Staunton non vi partecipò e i due migliori giocatori inglesi, Owen e MacDonnell, non andarono oltre il terzo e quarto posto.

Per quel torneo del 1862 il regolamento prevedeva addirittura che la partita patta dovesse essere ripetuta. Potete immaginare l’esasperazione del pubblico e un po’ di tutti i partecipanti ed organizzatori quando si verificavano due, tre o quattro patte di fila! Anderssen in ogni modo confermò la sua supremazia, dominando il torneo con ben 12 punti su 13, ma ciò non bastò ancora a farlo considerare il vero campione.

Per fare chiarezza si dovette arrivare al 1866, quando fu Steinitz, battendo appunto il connazionale in un match, ad essere considerato il successore di Paul Morphy.

Howard Staunton

Insomma, mai nessun inglese fu ufficialmente in testa al mondo, e mai nessun inglese seppe toccare e neppure avvicinare il prestigio che ebbe Staunton. Londra continuò in seguito ad organizzare tornei di alto livello e ad avere parecchi ottimi giocatori, ma non ebbe mai nessun giocatore in grado di issarsi sul primo gradino del podio. Fu così che gli inglesi dovettero assistere da spettatori ai successi del polacco Zukertort (nel 1883) e del tedesco Lasker (1892 e 1899).

Nel primo dopoguerra a Londra riprese intensamente l’attività scacchistica, in specie con il torneo del 1922: vinse Capablanca davanti ad Alekhine, ma il miglior inglese, Yates, fu solo 8°, con Atkins 10°. Poi ci furono le Olimpiadi nel 1927, e anche qui l’Inghilterra di Atkins, Yates e Thomas si dovette accontentare del bronzo, preceduta da Ungheria (oro) e Danimarca (argento).

Dobbiamo comunque considerare che l’Inghilterra e Londra non potevano più, agli inizi del XX secolo, essere considerati “caput mundi” neppure in altri campi, in quanto il predominio economico britannico era stato ormai irreparabilmente insidiato e scavalcato da due nuove potenze: Stati Uniti e Germania.

Tuttavia la mentalità inglese ha continuato a rispecchiare, anche ai nostri giorni (la scelta della Brexit non fu certamente casuale), quella di Howard Staunton, e la sensazione degli inglesi di trovarsi sempre al centro del mondo trovò negli scacchi una evidente dimostrazione ancora nell’aprile del 1929, quando a Ramsgate (Londra) si volle organizzare un incontro “Inghilterra-Resto del Mondo”.

Si giocò su 7 scacchiere e ogni giocatore di ciascuna squadra doveva affrontare i sette della squadra opposta. Vinse il Resto del Mondo assai largamente, per 31,5 a 17,5. Elenco di seguito i risultati dei singoli. Per il “Resto del Mondo”: Capablanca 5,5, Miss Menchik e Rubinstein 5, Koltanowski e Maroczy 4,5, Soultanbeieff 4, Znosko Borovsky 3; per l’Inghilterra: Thomas 3,5, Yates 3, Michell, Tylor e Winter 2,5, Sergeant 2 e Price 1,5. Addirittura i primi 4 della compagine del “Resto del Mondo” terminarono imbattuti e la ventitreenne cecoslovacca Vera Menchik, che poi sarebbe diventata cittadina britannica, stupì tutti con un risultato che ebbe del clamoroso.

Insomma, una Londra “caput mundi” anche negli scacchi nella seconda metà del XIX secolo e forse nei primi decenni del XX, sì, ma senza una vera stella e senza un trofeo internazionale di primissimo piano.

Londra in futuro di nuovo potrà essere “caput mundi”? No, la storia non si ripete mai: Roma ce lo ha insegnato. Ma non tutti lo sanno.

About Author

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Scopri di più da Uno Scacchista

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continue reading