Uno Scacchista

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I Tornei Internazionali di Scacchi del Banco di Roma: Roberto Messa

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Roberto Messa al Torneo del Banco di Roma (Foto dall'archivio di Roberto Messa)

(Antonio M.)
Eccoci a parlare finalmente di un giocatore italiano.
Si tratta del Maestro Internazionale Roberto Messa, volto noto dello scacchismo nazionale, sia come giocatore che, soprattutto oggi (e non solo), come editore.

Alzino la mano quanti lo conoscono! Bene, praticamente, tutti. Ma ora la domanda più difficile: quanti sanno che lui ha giocato due tornei del Banco di Roma? Ehilà, le mani alzate adesso sono decisamente di meno, anche se c’è qualche furbetto che ha fatto due più due uguale cinque sfruttando il titolo di questo post!

Sì, Roberto, oggi conosciuto come l’editore della rivista Torre & Cavallo – Scacco!, è stato anche un valente giocatore, essendo non tra i tantissimi a fregiarsi di aver vinto un Campionato Italiano Assoluto, precisamente quello giocato a Barcellona Pozzo di Gotto (ME) nel 1981, dove realizzò un formidabile 8,5 su 11 (il torneo era di 13 turni ma due giocatori si ritirarono), sopravanzando i secondi in classifica di ben due punti interi.

Nel 1985 divenne Maestro Internazionale e arrivò secondo sempre ad un Campionato Italiano Assoluto, quello giocato ad Arcidosso (GR), mentre l’anno successivo vinse la medaglia d’oro nel 21° Campionato Italiano a Squadre giocato a Chianciano, con il Gruppo Sportivo “Cavit” di Trento.

Io lo vidi giocare per la prima volta nel Torneo B del Banco di Roma del 1982, dove c’erano molti giovani promesse italiane, ben sei su dieci partecipanti. Il tifo, naturalmente, era per loro e si seguiva le partite con un poco di trepidazione.

Una partita che mi colpì per il suo svolgimento e che andava al di là della mia modesta comprensione della posizione, fu la seguente.



Una partita che dimostra come il suo gioco non fosse prudente e timido, ma aggressivo e senza compromessi, non rifiutando mai la lotta e non disdegnando le posizioni estremamente complicate, come in quest’altra contro il forte Maestro romano Marco Pangrazzi, anche lui dallo stile dinamico ed intraprendente.


Che dire? Roberto con coraggio si è gettato nella mischia con un sacrificio di pezzo ed entrando in una posizione così complicata dove la fantasia e i calcoli precisi sono gli elementi necessari per avere la meglio, ma dove è però anche facile perdere l’orientamento e passare da posizione pari a vinta a persa in un attimo!

 

Roberto Messa al Torneo del Banco di Roma (Foto dall’archivio di Roberto Messa)

Il torneo non andò come da lui sperato e si posizionò a metà classifica senza mai aver lottato per le prime posizioni. Ma la sua delusione in realtà fu un’altra ed ebbe origine nel momento dell’invito al torneo: quella di non essere stato invitato al torneo A pur essendo il Campione Italiano in carica.

Come da lui scritto:

“Riguardo ai miei ricordi di quei tornei sono… agrodolci.

Della mia prima partecipazione ricordo in particolare la meraviglia, per un bresciano come me, dei giardini di Villa Borghese al sole già tiepido di febbraio (o era marzo?).

Ricordo però anche la frustrazione per non essere stato invitato al torneo A nel 1982, quando ero campione italiano in carica, e il destino beffardo per cui venni invitato al torneo A in un’edizione successiva, come tu ben ricordi, disastrosa dal punto di vista agonistico, di certo a causa della levatura degli avversari forse al di fuori della mia portata, ma anche al fatto che non avendo soldi per l’albergo dovetti arrangiarmi con un camper dove anche causa della stagione invernale mi presi la febbre e un tremendo raffreddore che mi accompagnò per tutta la durata del torneo…

E sì, per quanto mi riguarda una testimonianza diretta praticamente unica di come un forte giocatore di scacchi “forestiero” veda Roma. La meraviglia di Roberto di quanto per noi romani praticamente sia la normalità, mi fa ancora una volta capire come le cose possano essere viste da punti di vista diversi e questo genera in me un’equivalente meraviglia e conferma di come si dovrebbe apprezzare di più quanto di bello e positivo sia sotto i nostri occhi, cosa a cui spesso non facciamo caso per un’abitudine a vederla che ce la fa sottostimare e apparire normale quando normale in realtà non è.

La sua amarezza la trovo poi giustificata anche se guardando il punteggio ELO dei partecipanti al torneo A, di categoria 9 con ELO medio di 2471 punti, mi viene in mente che forse lo si sia voluto preservare da un torneo che si sarebbe potuto trasformare in un calvario, anche se bisogna comprendere la voglia, l’energia e la grinta giovanile di un giocatore che era in ascesa e che nutriva le giuste ambizioni.

Per il torneo dell’anno successivo, dove venne invitato in quello A, bisogna riconoscergli l’onestà intellettuale di ammettere che i suoi avversari erano forse di un livello troppo alto e la dimostrazione pratica sta nella differenza di punteggio ELO registrata che va dai cento punti in meno rispetto al penultimo in graduatoria ai ben duecentocinquanta rispetto al primo.

Ma quello che più mi ha colpito è il suo racconto di “vita vissuta”, per me inedito, che fa capire cosa significasse in Italia negli anni Ottanta cercare la via del professionismo negli scacchi. E qui non si parla delle centinaia di migliaia e dei milioni di euro a cui sono abituati i Top Player attuali, ma di portare a casa la classica “pagnotta”, cosa poi non così scontata.

E l’immagine di lui in un camper mi richiama alla mente veramente i famosi “tempi eroici” che qui potremmo a questo punto definire “tempi epici”, di un’epoca in cui giocare a scacchi spesso non era agevole per chi cercava di farne una professione, soprattutto in Italia, e la cosa non può far altro che alimentare la simpatia, di per sé già alta, per il personaggio.

Poi, è pur vero che non voglia essere una giustificazione, ma giocare con la febbre ed un forte raffreddore è sinceramente un’esperienza da non raccomandare a nessuno. Ed infatti il torneo prese una piega decisamente non positiva, cosa della quale, con il senno del poi, non può rammaricarsene più di tanto.

In ogni caso, la sua capacità di affrontare anche avversari sulla carta di gran lunga superiori a viso aperto, la possiamo vedere in questa sua partita di quell’infausto torneo.



Niente male contro un GM con duecento punti ELO in più. Chissà, forse senza febbre e raffreddore…

E vedendo le foto da lui fornite, mi viene in mente un qualcosa che avevo completamente resettato: tutte le scacchiere erano corredate dalle bandierine con i colori delle nazioni dei giocatori, cosa che dimostra ancora una volta di più l’accuratezza degli organizzatori del torneo.

Sempre come lui scrive riguardo a dette foto: … perché a quei tempi non c’erano i telefoni e le fotocamere digitali. Quando andava bene gli organizzatori chiamavano un fotografo professionista che faceva i ritratti dei giocatori. Tra i miei ricordi ho trovato le due che allego, avute grazie alla gentilezza del compianto Alvise Zichichi che a ogni partecipante faceva poi avere la stampa del suo ritratto alla scacchiera.” 

Quindi ragazzi le foto che vedete non sono prodotte da smartphone o macchine digitali ma da “vere” macchine fotografiche vecchio stampo, con tanto di pellicola che chissà sia depositata in qualche archivio, e stampate nel classico modo. E, cosa che può sembrare strana, nonostante la oramai invasione dei sistemi digitali, c’è oggi un ritorno ad un sistema classico di fare fotografia che dà sfogo alla creatività e ad una sensazione diversa di farla, quasi in maniera più artistica e genuina. Ed il risultato che si vede nelle due nostre fotografie è decisamente gratificante.

A metà egli anni Settanta la sua passione scacchistica, oltre che nell’agonismo, s’indirizza nello scrivere: “… ho iniziato a scrivere di scacchi a 17 anni (perfino retribuito, ed ero solo seconda nazionale!) tenendo la rubrica settimanale per il Giornale di Brescia che è durata ininterrottamente dal 1974 al 2007 (quasi 1700 articoli!)”. Bè, allora già in pectore c’era qualcosa che lo attirava verso la carta stampata, e scrivere articoli retribuiti in giovane età per un giornale, con un ottimo seguito visto che la cosa è stata fatta per ben trentatré anni, penso sia il sogno di molti.

Alla fine degli anni Ottanta decide di buttarsi nell’editoria, chiudendo la sua carriera agonistica, rilevando la direzione del mensile Scacco!: “… prima di assumere la direzione di T&C sono stato direttore ed editore di Scacco! nel 1988, dopo la morte di Giorgio Porreca (tra il 1982 e il 1987 ho scritto quasi tutti i mesi per la rivista, che Porreca pubblicava a Napoli)”.

Nel 1990, dopo aver lasciato la direzione della rivista Scacco!, fonda la casa editrice interamente dedicata agli scacchi, la Messaggerie Scacchistiche.  Nello stesso anno viene chiamato da Giulio Savelli come direttore responsabile della rivista Torre & Cavallo, e lui prende la decisione, che definisce azzardata, di accettare l’incarico, per poi acquisirne negli anni successivi la piena proprietà diventandone editore.

“… tutta la mia vita sarebbe stata diversa se Giulio Savelli non avesse “osato” imboccare la via delle edicole con Torre & Cavallo nel 1988 e poi chiamarmi come direttore responsabile nel 1990. Di certo da parte mia ci ho messo la costanza e l’impegno enorme che ci è voluto per far uscire regolarmente più di 350 numeri della rivista, ma la fortuna di Torre & Cavallo (e la mia negli anni buoni per l’editoria cartacea, fino al 2010 circa) è stata l’intuizione di Savelli, quando nessuno nell’ambiente credeva che ci fosse possibilità di sopravvivenza per una rivista di scacchi italiana nelle edicole. Invece, tirando le somme, in questi 34 anni si sono vendute più di un milione e mezzo di copie di Torre & Cavallo!

Nel Duemila lancia la prima rivista di scacchi web italiana, il Messaggero Scacchi, e conclude l’acquisizione della citata rivista Scacco!, che venne incorporata in Torre & Cavallo che da quel momento assumerà il nome attuale: Torre & Cavallo – Scacco!

Insomma, se ti rendi conto che la via del professionismo agonistico non è più praticabile, allora trovi un altro sistema che ti faccia vivere di scacchi, permettendoti di fare qualcosa che ti piace e che ti fa rimanere nell’ambiente. Passione, coraggio, determinazione e “… una certa dose d’imprudenza”, legate ad un’indubbia competenza tecnica oltre che alle altrettante indubbie capacità manageriali, fanno sì che del Maestro Internazionale Roberto Messa, che si è ritagliato un pezzo importante della storia degli scacchi in Italia (e non solo), nel mondo scacchistico si continui e si continuerà a parlare ancora a lungo, molto a lungo.

1 thought on “I Tornei Internazionali di Scacchi del Banco di Roma: Roberto Messa

  1. Non posso che ringraziare UnoScacchista e Antonio Monteleone per questo articolo spudoratamente agiografico!
    Per dare a Cesare quel che è di Cesare devo aggiungere che senza l’apporto di Dario Mione non ce l’avrei fatta a mandare avanti Torre & Cavallo nell’ultimo decennio. Nel 2000 Dario è stato l’ideatore di Messaggero Scacchi, di cui è stato redattore instancabile dello stesso per 1093 settimane (alla data di oggi 23 luglio 2022). Dal 2010 Dario ed io dirigiamo in tandem Torre & Cavallo: lui direttore editoriale, io direttore responsabile. Un’altra colonna portante della rivista è il grande maestro australiano Ian Rogers, che da oltre vent’anni ci assicura una copertura di alto livello sul fronte dei tornei internazionali e della scena mondiale in generale.

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