Femme fatale, ovvero il magnetismo del pezzo più forte
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(Riccardo Bizzarri)
Recita un famoso adagio scacchistico: “la partita più difficile da vincere è una partita già vinta“.
Oggi, supportati dalla potenza dei motori, spesso ci imbattiamo in posizioni nelle quali scopriamo che una delle due parti possiede un vantaggio già decisivo, eppure la strada per convertire questo vantaggio non è affatto chiara: non c’è la mossa che vince, e cosi non c’è neppure il tatticismo brillante; forse è per questo che i forti giocatori, prima di abbandonare, oppongono una resistenza eccezionale: non si tratta soltanto che un Grande Maestro sia un giocatore completo, e quindi un asso anche della difesa, ma che essendo cosciente della precisione necessaria per la conversione del vantaggio – tanto che solo una mossa potrebbe modificare sensibilmente la valutazione – porta avanti la partita mettendo così alla prova l’avversario.
La valutazione oggettiva, in una determinata posizione, vede che una delle due parti sia già perduta; si tratta quindi, nel caso la sconfitta non sia lampante, per la parte in difficoltà di scoprire quale possa essere la migliore difesa, la migliore possibilità pratica per continuare a lottare.
Per procedere oltre ritengo particolarmente efficace concentrare la nostra attenzione sul sacrificio di Donna del Nero nella Euwe – Lasker, Zurigo 1934: alla mossa 35, con il tratto al Nero, la posizione era la seguente:
Euwe – Lasker, Zurigo 1934, posizione dopo 35.Ce4
Riportando direttamente dalla monografia di Vajnstein “Lasker, Filosofia della lotta”, la partita continuo così:
“35… Dxe5!! Fantastico! Lasker dà la Donna ottenendo in cambio, come già a Mosca contro Iljin Zhenevskij, una Torre, un pezzo leggero ed un pedone. L’armonia delle successive evoluzioni dei Cavalli e delle Torri del Nero ricorda una sinfonia. [1]“
L’autore commenta qui il sacrificio di Donna del Nero chiedendo al lettore di ricordare o altrimenti recuperare quanto accaduto in precedenza e nel tempo e nel libro nella partita giocata nel 1925 a Mosca da Lasker contro Iljin Zhenevskij, con il Campione del mondo sempre alla guida dei pezzi neri; andiamo allora anche noi a questa partita:
Iljin Zhenevskij – Lasker, Mosca 1925, posizione dopo 13.Cce2!
Sempre nelle parole di Vajnstejn:
“L’attività del Bianco cresce di intensità. In caso di cambio delle Donne, egli raddoppia le Torri, gioca c2-c4 e sviluppa una fortissima pressione sulla colonna “d” e su tutte e due le grandi diagonali. Qui però Lasker deve aver pensato che se il giorno prima Iljin Zhenevskij, giocando la Siciliana, aveva sacrificato la Donna contro Capablanca e vinto, perché non doveva fare la stessa cosa adesso anche lui? Iljin Zhenevskij poteva giocare senza la Donna e Lasker no?”
Iljin Zhenevskij diviene insolitamente agitato, ma lo si può capire: ieri Capablanca, oggi Lasker… Una cosa del genere non gli era mai successa. Non nutriva dubbi sulla propria vittoria, pensando che Lasker non avesse visto la perdita della Donna. Ma non sapeva come giocare e quali mosse eseguire. I piani predisposti in precedenza non erano più validi, ma di nuovi per ora non ce n’erano. In generale la lotta condotta dalla Donna contro una Torre, un pezzo e un pedone è poco studiata.
Non mi stupirei che Iljin Zhenevskij si fosse trovato per la prima volta a destreggiarsi in un tale rapporto di forze. Ed ecco che si verificano dei fatti che nessuno (tranne Lasker!) poteva prevedere: il Bianco continua per inerzia ad eseguire le mosse che rientravano nel suo piano iniziale (c2-c4, f2-f4, Rg1-h1), quindi, convintosi dell’inutilità o più esattamente dell’inconcludenza di tali mosse, Iljin Zhenevskij gioca mosse come Tb1-d1-a1, Dd2-e3-c3-e3 e ciò non può portare a nulla di buono. [2]”
Non mancano punti esclamativi, e nella prima partita citata si parla persino di “sinfonia” nel trattare delle manovre di Cavalli del Nero, eppure l’autore collega le due partite e nello specifico i due sacrifici di Donna, e nei commenti della partita di Mosca del 1925 l’impressione che inevitabilmente è suscitata è che Lasker ancora una volta sia stato più furbo del proprio avversario: portandolo su un terreno sconosciuto ha provocato una sorta di corto circuito psicologico che gli ha permesso di avere la meglio.

Non si vuole qui certamente mettere in discussione il valore della pratica della catalogazione in termini gnoseologici – ma qui, a parere di chi scrive, non si coglie nel segno: il punto non è l’entrare da parte di Lasker in uno spazio del gioco ancora non catalogato dello scontro tra Donna da una parte, e Torre, pezzo leggero e pedone dall’altra; chi scrive è convinto che Lasker si sia basato piuttosto su un concetto che più di una volta e sempre con profondità ha esplicitato nei suoi testi, e cioè l’attività dei pezzi. Dando la Donna per Torre, pezzo leggero e pedone, Lasker toglie attività all’avversario: nella partita di Mosca per avere il pareggio del gioco a portata di mano, nella partita contro Euwe per rimanere, al termine degli scambi, la sola parte con attività, provvedendo poi a sfruttarla magistralmente e vincere.
Questi esempi, permettendoci di concentrare la nostra attenzione sul concetto di attività dei pezzi, ci consentono di tornare finalmente alla questione della migliore difesa. L’intenzione di comunicare tutta questa mia riflessione è nata infatti dallo studio della partita Gerasimov – Smyslov, Mosca, 1935, con i commenti dello stesso Smyslov. La partita è la prima nota del VII Campione del mondo, e anche la prima delle partite scelte all’interno del suo volume “Alla ricerca dell’armonia, 1935-2001”.
Gerasimov – Smyslov, Mosca 1935, posizione dopo 18. Db3
Dopo 18… Cg4 19. h3, alla diciannovesima mossa Smyslov gioca 19… Td3! e lui stesso la commenta così:
“II Nero dà il via a una combinazione spettacolare. Ovviamente il Bianco non può prendere la Torre con l’Alfiere, mentre a 20. Dxd3 segue 20… Ah2+ 21.Rh1 Cxf2+ e il Nero guadagna la Donna. [3]“
Confesso di avere una naturale inclinazione a diffidare ogni qual volta in un procedere di un ragionamento un passaggio sia introdotto dalla parola “ovviamente” – e anche in questo caso, pur sapendo che come spesso accade non avrò smentito nulla, vista soprattutto la caratura delle menti che mi permetto di mettere sotto osservazione, non ho potuto fare a meno di approfondire.
Nello specifico la parola incriminata, “ovviamente”, si riferisce direttamente alla presa d’Alfiere che condurrebbe al matto in una mossa con 20…Dxg2#, ma questa parola introduce una nota e la pervade di uno stesso spirito, e cioè che si presentano linee che vanno scartate senza perdervi sopra troppo tempo. Vista la rovina precipitosa nella quale è finito il Bianco dopo 20.Dxb6 e i tentativi di difendere f2 [4], mi sono chiesto se proprio il dare la Donna e un pedone per Torre e Alfiere del Nero non avrebbe potuto essere la strada migliore per il Bianco.

Sia chiaro ancora una volta che qui non si sta cercando di dimostrare che il Bianco avrebbe potuto pareggiare il gioco, ma piuttosto di scoprire quale difesa sarebbe stata, seppur sempre in posizione compromessa, la migliore.
Nella Gerasimov – Smyslov i pezzi del Nero, eccetto la Ta8, sono attivi e pericolosi, e dando la Donna per Torre e Aalfiere, due dei pezzi che fanno schiacciante la posizione del Nero se ne vanno, in cambio della Donna del Bianco che puntava disperata a Ovest.
Dopo: 20.Dxd3 Ah2+ 21.Rh1 Cxf2+ 22.Rxh2 Cxd3 23.Txd3 il Nero deve compiere a mio parere una scelta precisa, e cioè mantenere il C con 23… Cf4, e non decidere per togliere al Bianco un A con 23… Cxb2, oppure molta della forza e della pericolosità del Nero sono perdute, e la sua vittoria non è più nell’attacco al Re, ma nell’attività della Donna nera al centro e nella conquista dei pedoni bianchi con … De4 – una vittoria quindi che potremmo definire “indiretta”, rispetto alla pressione sul Re avversario nella posizione appena qualche mossa prima.
Questo articolo non sarebbe esistito se tutte queste mie riflessioni non fossero state confermate dal motore: io posseggo Fritz13, e dopo 19… Td3! il motore prende:
Diagramma di analisi, posizione dopo 31...h5
Il Bianco è paralizzato certamente in una difesa che pare sul punto di crollare da un momento all’altro, eppure la sensazione di chi scrive è che il Nero debba lavorare ancora a lungo per convertire. I giocatori forti, figuriamoci Smyslov, avrebbero convertito e convertirebbero senza problemi, ma credo di aver dimostrato che in quella parola “ovviamente” e nello spirito che porta con sé, Smyslov sia in fallo: quante volte scartiamo una linea perché prevede la scomparsa della nostra Donna dalla scacchiera, senza chiederci piuttosto se la posizione risultante non sia per noi la migliore possibile?
Ma è difficile, difficilissimo resistere al fascino delle Donne…
[1] Boris Vajnstejn, Lasker. Filosofia della lotta, Prisma editori, Roma, 1994, pag.221
La partita continuò così:
[2] Boris Vajnstejn, op. cit., pagg.215-216
La partita continuò così:
[3] Vasilij Smyslov, Alla ricerca dell’armonia. 1935-2001, Caissa Italia, 2005, pag.36
[4] La partita continuò così:
Nato nel 1981, Riccardo Bizzarri ha riportato da qualche anno gli scacchi nella sua vita dopo averli amati per tutta l’adolescenza, compiendo anche i primi passi nella dimensione dell’agonismo. Interessato tanto alla comprensione del gioco quanto all’approfondimento dei suoi aspetti storici, ha per le figure di Emanuel Lasker e Mikhail Tal’ un’attrazione tutta particolare.