Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

Una partita esemplare

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Nimzowitsch come apparso su "American Chess Bulletin" di gennaio 1927 (immagine da chesshistory.com)

(Tristano Gargiulo)
Nel lungo e fecondo sviluppo, tra la fine dell’Ottocento e i giorni nostri, dei principî strategici e tattici del gioco degli scacchi, ci sono partite che hanno costituito una sorta di pietra miliare, per aver mostrato, contestualmente al sorgere di una nuova idea, la sua quasi esemplare applicazione in partita, o per averne rappresentato, indipendentemente dal tempo in cui furono giocate, una compiuta e paradigmatica realizzazione pratica.

Molte di queste partite vengono studiate dai giocatori che vogliono progredire e spesso si imprimono stabilmente nella loro memoria. Così, per la tattica si può pensare a come sia universalmente nota la Lasker-Bauer (Amsterdam 1899), dove fu attuato per la prima volta il sacrificio combinato dei due Alfieri sull’arrocco corto. Per la strategia, non sorprenderà se, a titolo di esempio, ci indirizziamo verso una famosa partita di Nimzowitsch, da lui stesso scelta per illustrare, in quella fucina di idee che è Il mio sistema, la sua «nuova filosofia sul centro», che in essa appariva nettamente delineata per la prima volta.

Si tratta della Nimzowitsch-Salwe (Karlsbad 1911), una Francese di spinta che da lì è finita in molti trattati di strategia del centro di pedoni: per esempio, B. Persitz, La estructura de Peones Centrales, trad. dal russo, Ediciones Martinez Roca 1972, pp. 72-3; L. Pachman, Complete Chess Strategy. 2: Pawn-Play and the Centre, Batsford 1976, pp. 22-3). È stata altresì considerata una delle partite più rappresentative di Nimzowitsch dal suo contemporaneo R. Reti e poi da importanti studiosi della storia degli scacchi come J. Watson (Un secolo di scacchi. Evoluzione e progressi della teoria da Nimzowitsch ai giorni nostri, Prisma 2000, pp. 56-8), ed è stata selezionata e commentata da insigni teorici di quella variante della Difesa Francese, tra i quali spicca E. Sveshnikov (French Defence. Advance Variation, vol. 1, Olms 2007, pp. 111-2).

Eccola, con commenti dello stesso Nimzowitsch, di Pachman, di Watson e di Sveshnikov:


Siccome una delle cose che accrescono la bellezza e la ricchezza degli scacchi è che la loro teoria è in continua evoluzione, e siccome questa partita vuol essere espressione di una nuova concezione affacciatasi nel pensiero scacchistico di una determinata epoca e non un’analisi approfondita di una variante d’apertura, essa non perde il suo valore didattico anche quando si osservi che non tutti gli assunti che Nimzowitsch le associava sono ancora validi in assoluto.

Aron Nimzowitsch – Georg Salwe (1911 Karlsbad) come rappresentato da ChessNFT

Innanzitutto, 6… ♗d7 configura una linea minore della variante di spinta, che permette al Bianco 7. dxc5: questa mossa ne era, secondo Nimzowitsch, quasi una confutazione. Ecco perché 6… ♗d7 è stata giudicata così severamente da Sveshnikov e Pachman, cosa che probabilmente è un’esagerazione. Oggi è vero che il Nero evita spesso questo seguito giocando 6… cxd4 per proseguire con 7. cxd4 ♗d7 (come già Nimzowitsch aveva suggerito nel suo commento alla partita). Tuttavia si è visto che, anche dopo 6… ♗d7 7. dxc5 ♗xc5 8. O-O, la posizione del Nero non è così cattiva, purché, come è stato raccomandato (Psakhis, Sveshnikov, Watson, ma già Reti l’aveva intuito), egli giochi subito 8… a5 invece di 8… f6, con l’idea di continuare con … a4 o eventualmente con … f6.È questa una linea che i libri di teoria si limitano a indicare senza esplorarla, ma le partite presenti nei database mostrano che dopo 8… a5 il Nero ottiene statisticamente buoni risultati (solo il 48,8 % di vittorie per il Bianco fino al 2017).

Inoltre –punto più generale e più importante – mentre Nimzowitsch era radicalmente contrario all’attacco al vertice, invece che alla base, della catena, i teorici della Francese sono oggi molto più favorevoli, in tante varianti dove sia presente un pedone bianco in e5, ad una precoce spinta … f6 mirante a liquidare il centro. Basti pensare a varianti ben accreditate della Francese di spinta come 1. e4 e6 2. d4 d5 3. e5 c5 4. c3 ♘c6 5.♘f3 ♗d7 cui, sia in caso di 6. a3 sia di 6. ♗e2, il Nero continua con 6… f6. Ma qualcosa di simile è anche riscontrabile in una delle varianti principali della Francese Winawer: 1. e4 e6 2. d4 d5 3. ♘c3 ♗b4 4. e5 c5 5. a3 ♗xc3+ 6. bxc3 ♘e7 7. ♘f3 ♗d7 8. a4 ♕a5 9. ♗d2 ♘bc6 10. ♗e2, e ora non 10… c4 ma 10… f6!

Si può forse osservare dunque che, come tutti i paradigmi, le partite esemplari possono ricoprire una doppia funzione: quella di rappresentare in modo icastico e didascalicamente efficace un’idea importante, ma anche, talvolta, quella di costituire un chiaro riferimento concettuale che stimoli, nella sua apparente fissità di modello, la ricerca di ulteriori approfondimenti e la verifica di eventuali limiti insiti in quell’idea.


Postfazione di Pierluigi Passerotti

Ho ricevuto in anteprima questo articolo, mi è sembrato quasi come a cercare una valutazione favorevole (tra giocatori della Francese). L’autore è il mio vecchio amico Tristano Gargiulo che, più di cinquant’anni fa, fu vincitore di una semifinale del campionato italiano dove io, sedicenne, arrivai secondo. Io colsi l’occasione per andare alla finale, invece lui iniziò un progressivo allontanamento dagli scacchi. Eravamo stati contagiati fin da piccoli dalla insana passione per questo morbo che prende possesso delle menti, a tratti quasi come un’ossessione. Con l’avanzare della senescenza si manifestano sempre più stati acuti della malattia.

Pierluigi Passerotti e Tristano Gargiulo, Rovigo 1970

Lui se ne rende vagamente conto e allora interpella me, il “Passero” come mi chiamavano a Roma, per espormi i dubbi che gli ottenebrano la mente. Come se io fossi un medico, quando invece sono più malato di lui! Così gli ho dovuto confermare, nonostante l’invidia che mi scatena la sua esatta e bella prosa, da letterato quale è, che ha esposto bene la battaglia delle idee. Più che la ragione o il torto di Nimzowitsch, la categorica condanna dell’attacco alla punta o di una mossa di sviluppo come ♗c8-d7, quello che con parole mai presuntuose il redivivo, scacchisticamente parlando, Tristano porta in primo piano è …

Affetto da demenza senile ho dimenticato cosa volevo dire e ho impiegato una giornata per riprendere il filo e trasmettergli questa mia risposta al suo bisogno di incoraggiamento, forse perfino approvazione. Approvazione di cui non ha bisogno ma che ha solleticato la mia vanità e così aggiungo al suo scritto che:

… Tristano in primo piano mette la critica del pensiero, l’evolversi delle analisi che attaccano il dogmatismo. Proprio la sua moderatezza nei giudizi confronto alle fissazioni di Nimzowitsch e le esagerazioni di Sveshnikov è il messaggio più significativo che, sorridendo, Tristano ci invia. Contraddicendo il senso del suo nome (demolendo il detto latino nomen omen) ci rende allegri, sereni come monaci zen: saldi, coraggiosi, sornioni nel giocare la Francese, lui, io e tanti più e meno bravi. Ad un livello profondo la filosofia della Francese è quella del Riccio, della Philidor, è lo sviluppo dei pezzi alle spalle di strutture pedonali solide, magari bloccate sia pure in ristrettezza di spazio, per ridurre il pericolo che il Bianco, sfruttando la sua mossa di vantaggio, possa impegnare con attacchi lampo l’impreparato Nero. La difesa è un’arte bella quanto l’attacco, questo è quanto posso aggiungere di mio al messaggio nella bottiglia preparato dal mio vecchio amico.

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