L’angolo ‘giusto’, da Botvinnik a Gelfand fino ad Abdusattorov
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(Uberto Delprato)
Nella sua rubrica “L’angolo del finale“, il GM Sergio Mariotti ci mostra in abbondanza esempi in cui tecnica e tattica si combinano per ottenere quel mezzo punto in più che un’analisi superficiale di una posizione non permetterebbe. Ci sono però finali in cui l’approccio tecnico è predominante, a tal punto che è praticamente impossibile ricordare le sequenze corrette senza conoscere i principi di base che ci possono guidare nel ricostruire come giocarli.

Nel FIDE Grand Swiss 2023 attualmente in svolgimento all’Isola di Man si stanno vedendo molte belle partite, tatticamente ricche, ma oggi voglio rivedere la parte finale della sfida affascinante tra Shirov e Abdusattorov, un campione del passato contro un campione del futuro. La loro partita è arrivata in un finale di grande difficoltà: Donna e pedone contro Donna, con tonnellate di scacchi e di inchiodature attaraverso le quali non si può navigare senza conoscere la tappe intermedie da raggiungere.
Alexei Shirov – Nodirbek Abdusattorov
FIDE Grand Swiss 2023
Isola di Man, 3° turno, 27 ottobre 2023
Mossa al Bianco
Se date questa posizione in pasto a una tablebase, vi dirà immediatamente che è vinta per il Bianco. Non è però facile capire come, né come potrebbe il Nero offrire la massima resistenza e provare a pattare. Questo tipo di finale è stato descritto e analizzato approfonditamente da Boris Gelfand nel suo “Decision Making in Major Piece Endings” (Quality Chess, 2020), prendendo spunto dalla sua partita contro Baadur Jobava a Dortmund nel 2006.
Riporto la sua valutazione “umana” di quel finale (molto simile come disposizione dei pezzi a quello di Shirov e Abdusattorov), che spiega anche le vicende che si alternarono nel suo sviluppo alla scacchiera:
“Conoscevo i concetti di base di questo finale. Se il Re nero è vicino alle case a1/b1, l’angolo opposto alla casa di promozione del pedone “g”, dovrebbe essere patta. Lo avevo imparato dai commenti di Botvinnik alla sua partita contro Minev delle Olimpiadi di Amsterdam del 1954. E’ una partita che merita uno studio approfondito.”
Gelfand analizzerà la partita di Botninnik nel suo libro, ma intanto mi preme farvi notare come le note di una partita di più di 50 anni addietro gli avevano fornito una prima chiave di interpretazione delle complessità del finale.
“Nella nota partita Nakamura – Arakhamia-Grant da Gibilterra 2007, Hikaru provò in tutti i modi ad arrivare con il Re in quell’angolo, ma non ci riuscì e perse.”
Non solo uno sguardo al passato, ma anche la conferma che quei principi valgono tutt’oggi (nel libro viene anche analizzata la partita di Nakamura).
“Non ricordavo le sequenza precisa delle mosse, ma sapevo cosa stava tentando di fare il Nero. Jobava, invece, non ne aveva alcuna idea.”
Quest’ultima frase può sembrare poco cortese nei confronti del georgiano, ma non è altro che quello che lo sviluppo del finale ha dimostrato: Jobava non ha saputo sfruttare le opportunità concesse dalla posizione e da Gelfand semplicemente perché non sapeva come avrebbe dovuto manovrare con il suo Re.
Gelfand che, va ricordato, è stato un giocatore di primissimo piano nell’era pre-Carlsen e perse agli spareggi Rapid il match mondiale contro Anand nel 2012, va oltre nel suo commento, con una affermazione che merita di essere riportata per intero:
“In quest’era nella quale abbiamo una grande quantità di informazioni a nostra disposizione, un numero enorme di libri eccellenti, ‘tablebase’ da 7 pezzi disponibili sui nostri cellulari come parte integrante dei più recenti motori basati sulla Intelligenza Artificiale, il problema non è più acquisire la conoscenza, ma come organizzarla. A mio avviso ha più senso conoscere la direzione dove andare, l’essenza delle posizioni, piuttosto che cercare di imparare a memoria lunghe varianti. Voglio essere più preciso: ci sono posizioni delle quali bisogna conoscere le idee e posizioni nelle quali bisogna ricordare sequenze precise. E’ importante distinguere bene tra i due tipi.”
Non posso che condividere queste parole.
Torniamo comunque alla partita dell’Isola di Man.
Un’occasione persa per Shirov, ma una bella prova di resistenza e attenzione ai dettagli da parte di Abdusattorov. Che il bianco avesse la vittoria a portata di mano lo possiamo dire noi osservatori, ma durante la partita non era assolutamente facile.
In questo caso, i principi generali, “l’essenza della posizione” per dirla come Gelfand, hanno potuto aiutare entrambi i giocatori; il dettaglio è però sempre critico e, al di là dei principi generali, sulla scacchiera è sempre il calcolo a condurre a un risultato o ad un altro.
Ringrazio il MI Arthur van de Oudeweetering (!TUUR) per lo spunto alla scrittura di questo post.