Gli Scacchi autarchici
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(Roberto C.)
Gli scacchi ‘Italia’, sono quei pezzi da gioco ideati nella metà degli anni ‘30 del secolo scorso durante l’autarchia italiana dei quali si era quasi perso anche il ricordo.
Almeno fino al 2006 quando venne pubblicato un interessante articolo di Rodolfo Pozzi. [1]
Questi pezzi di scacchi vennero presentati per la prima volta sul fascicolo di marzo de L’Italia Scacchistica 1935 [2] a firma del fiorentino Guido Angelo Salvetti, ideatore del (Fig. 1), nonché Commissario del Circolo Scacchistico Fiorentino, nomina ricevuta, com’era d’uso a quei tempi dagli organismi preposti, sotto stretta vigilanza della gerarchia fascista.

(da L’Italia Scacchistica 3/1935 p. 50)
L’intenzione, ma per l’autarchia sarebbe meglio dire l’ordine, era che si sarebbero dovuti realizzare con legno italiano, essere di semplice fabbricazione e di basso costo. Non solo, dovevano anche essere differenti sia da quelli francesi (Régence) che da quelli inglesi (Staunton) per i quali si scrisse che questi due tipi “non sono davvero senza difetti” evidenziando tra l’altro che i Régence sono quanto meno alti allampanati ed instabili e gli Staunton ben fatti ma distanti dalle nostre tradizioni in particolare l’Alfiere per via della sua mitria vescovile mentre per i nuovi pezzi “abbiamo ridato all’Alfiere il coronamento dell’elmo a becco di pàssero, ripudiando senz’altro la mitria del bishop ed il cappuccio a sonagli del fou“.
Tali pezzi vennero immediatamente criticati, con garbo, dall’avv. anglo-milanese Enrico Saint-John Mildmay [3] che, pur riconoscendo esteticamente validi i modelli di Re, Regina, Torre e pedone, dichiarava di non accettare l’effigie del Cavallo microcefalo la cui testa “è troppo minuta e sproporzionata al piedistallo” e nemmeno quella dell’Alfiere che “rassomiglia una cogoma da caffè” [4]. Ma dopo l’immediata controreplica di Salvetti [5] ed una lunga telefonata notturna col Marchese Stefano Rosselli (all’epoca Direttore de L’Italia Scacchistica) quei nuovi pezzi andarono in produzione con quell’unica modifica all’Alfiere che non avrebbe più avuto quella ‘punta’ aguzza dell’elmo a becco di pàssero in modo da “semplificare la fabbricazione e farla tutta a tornio”. Questo il risultato ottenuto da quella realizzazione (Fig.2):

(da L’Italia Scacchistica 4/1935 p. 73)
Di questa tipologia di set si conosceva una sola fotografia pubblicata tre volte: sulla copertina de L’Italia Scacchistica Luglio 1969 con la didascalia “Scacchi <> del periodo fascista” (Fig. 3), tra le pagine 370 e 371 del Dizionario Enciclopedico degli Scacchi di Chicco-Porreca (Mursia, 1971) con la didascalia “Scacchi <> dell’anteguerra” ed a pagina 97 de L’arte degli scacchi (Catalogo a cura di Alessandro Sanvito, Sylvestre Bonnard, 2000) con questo commento: “Il progetto suscitò non poche polemiche e in ogni caso questo nuovo tipo di scacchi – “scacchi italiani per gli scacchisti italiani” – lanciato in quel tempo sulle pagine della più nota rivista italiana di scacchi non ebbe grande diffusione. Questo set potrebbe essere l’unico sopravvissuto di quel lontano progetto”.

Il set fu esposto dal maggio al giugno del 2000 nella Sala Dante della Biblioteca Nazionale Centrale nella mostra abbinata al Congresso di Firenze della Chess Collectors International ma questi pezzi non sono di legno bensì di Ebony and Ivory; pregiati materiali che riproducevano benissimo i pezzi del set ‘Italia’, quelli di un gioco appartenuto al grande storico degli scacchi genovese Adriano Chicco, ormai da parecchi anni in un’altra collezione privata italiana: un prodotto non di serie, sicuramente unico al mondo (Fig. 4) che molto probabilmente fu riprodotto, chissà in quale anno, dai disegni di Salvetti e non da un altro set ‘Italia’ in legno, soprattutto perché l’Alfiere presenta proprio quella ‘punta’ aguzza dell’elmo a becco di pàssero.

E gli scacchi ‘Italia‘ in legno ? Dopo alcuni anni di saltuarie ricerche, sia da singoli scacchisti che Circoli, il reperimento e la lettura di vari documenti, sono arrivate le prime buone notizie.
COMUNICATO UFFICIALE O.N.D.-A.S.I. 8 Febbraio 1936-XIV: “Il Direttorio dell’A.S.I. ha deliberato a unanimità l’approvazione dei giuochi di scacchi tipo << Italia >> sottoposti dalla Direzione della Rivista << L’Italia Scacchistica >> di Firenze” e che la Direzione Generale dell’Opera Nazionale Dopolavoro diramando ai Dopolavori provinciali la Circolare POS EDF 1/4 Prot. N. 6416 del 5 Febbraio 1936 li invitava “ad interessarsi affinché tutte le Sezioni dell’A.S.I. siano al più presto provviste di tutto il materiale occorrente” [6]. A ben leggere negli anni i Comunicati Ufficiali dell’A.S.I. le Sezioni non erano poi così poche, come non erano pochi i Dopolavori Provinciali dell’O.N.D. che si costituivano, per cui – a buon ragione – si può ritenere che un discreto numero di set sia stato prodotto.
Ipotesi avvalorata dal seguente paragrafo: “Tra i doni-passatempo che il P.N.F. si occupava di acquistare e spedire (ai militari combattenti in tempo di guerra), su ognuno dei quali non dimenticava mai di far stampigliare o attaccare con decalcomania la dicitura «Dono del P.N.F.»”: (…) “nel biennio 1942-1943 ben 5.000 scacchi con scacchiera, 15.000 giochi della dama e dell’oca, 20.000 pezzi tra gioco del domino e della tombola, 10.000 mazzi di carte francesi e 50.000 di carte napoletane, 5.000 chitarre e bangi, fisarmoniche, mandolini, armoniche a fiato e, addirittura, 50.000 ocarine, 100 cinesonori”. [7]
Non abbiamo l’assoluta certezza che siano stati inviati al fronte dei giochi da viaggio (tipo lo “Schach Dame Mühle” destinato ai soldati tedeschi o “The American Red Cross Chess, Checkers, and TIC-TAC-TOE Pocket Set” per quelli americani) ma nemmeno possiamo escludere che siano stati inviati proprio gli scacchi “Italia” ma considerando che i programmi autarchici durarono fino alla fine della seconda guerra mondiale come avrebbero potuto essere spediti al fronte scacchi in stile francese o inglese ?
COMUNICATO UFFICIALE F.S.I. N.20 DEL 15 GENNAIO 1952:
Materiale scacchistico
“La F.S.I. ha disponibile soltanto 12 giochi di scacchi tipo <>, in cassetta custodia di legno, che può fornire al prezzo ridottissimo di L. 1200 cadauno, franco domicilio. Le richieste, accompagnate dal relativo importo, sono da rivolgere alla Segreteria Generale, Via Pisacane 10 – Milano.” [8]
Indipendentemente dai documenti citati, forse il loro utilizzo non fu reso obbligatorio ai dopolavoristi, forse la diffusione di questo modello fu molto più limitata di quello che si crede, sicuramente non furono molto piaciuti ai giocatori; quasi sicuramente molti di quei giochi rimasero sul fronte di guerra, altri probabilmente furono distrutti nel dopoguerra o gettati via perché, anch’essi, simbolo del ventennio fascista…
Poi, alla fine del 1943, il governo vietò l’uso della carta e L’Italia Scacchistica fu costretta a sospendere le pubblicazioni fino a tutto il 1945; e già nel marzo 1946 si pubblicizzava nuovamente la vendita dei pezzi inglesi ‘Staunton’ ed i pezzi di scacchi dell’autarchia caddero presto nel dimenticatoio…
Possibile che degli scacchi ‘Italia‘ in legno non c’era più nessuna traccia ? Tra tutti quei giochi andati al fronte e quelli dei Circoli qualcosa doveva ancora esserci…
Infatti, con il solito pizzico di fortuna che non guasta mai, abbiamo notizia documentata della presenza nel nostro paese di ben tre set ‘Italia’ in legno di bosso (Fig. 5), due con i pezzi piombati ed un altro senza; tutti con le stesse misure, tipo di lucidatura e la base ricoperta di colore verde.

Set in legno di bosso, altezza in cm.: Re: 8,7 Donna: 7,2 Alfiere: 6,3 Cavallo: 6 Torre: 5,4 pedone: 4,5; misure sostanzialmente confermate dalla quarta di copertina del fascicolo di novembre 1935 de L’Italia Scacchistica:
Pezzi di legno di bossolo per i
bianchi, carpine per quelli neri.
Verniciatura alla nitrocellulosa
——– Panno alla base ——–
Altezza dei re centimetri 8,7.
Scatola di legno di cedro cerato
Prezzo Lire 45 al giuoco.
Franco di porto nel regno.
Ora che abbiamo dati pressoché esaurienti possiamo evidenziare che i termini maggiormente utilizzati nella pubblicità per la vendita dei pezzi ‘Italia’ sono questi: “Altezza del Re cm.8,7 – Legno bossolo, verniciati, panno alla base e piombo” oppure “senza panno e piombo” (L’Italia Scacchistica Agosto 1943) e, da altri riferimenti, anche della “scatola di legno lucidato, chiusura a cerniera”. (Fig. 6)

Non c’è alcun dubbio che questi tre set in legno di bosso siano effettivamente i pezzi brevettati dal Salvetti e prodotti esclusivamente per gli scacchisti italiani in quegli anni di autarchia e che belli o brutti che appaiono resteranno per sempre nella storia scacchistica italiana e questi pochi esemplari conosciuti acquisiscono ancor più valore storico.
[Se ti interessa, puoi partire da qui per conoscere molte altre curiosità e aneddoti, attraverso una guida turistica ai luoghi degli scacchi in Italia]
[1] POZZI R.: Scacchi “Italia” – un set del 1935, L’Italia Scacchistica n.1183, 2006, pp. 74-76 e poi in http://www.cci-italia.it/salv.htm)
[2] SALVETTI G. A.: Scacchi italiani per gli scacchisti italiani, in L’Italia Scacchistica n. 3, marzo 1935, pp. 49-51, Firenze
[3] MILDMAY E.: replica a G. A. Salvetti (op. cit.), in L’Italia Scacchistica n. 4, aprile 1935, pp. 73-74, Firenze
[4] La cuccuma per il caffè, si intendeva generalmente la caffettiera napoletana casalinga.
[5] SALVETTI G. A.: Italiani: sissignore! (controreplica a E. Mildmay), in L’Italia Scacchistica n. 4, aprile 1935, pp. 74-77, Firenze
[6] L’Italia Scacchistica n.2, febbraio 1936, p. 37, Milano
[7] Ferrara Patrizia: Le fonti archivistiche: Archivio centrale dello Stato pp.152-163 – PUBBLICAZIONI DEGLI ARCHIVI DI STATO – SAGGI 25 – LE FONTI PER LA STORIA MILITARE ITALIANA IN ETÀ CONTEMPORANEA, Atti del III seminario, Roma, 16- 17 dicembre 1988 – MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI – UFFICIO CENTRALE PER I BENI ARCHIVISTICI, pubblicato nel 1993
[8] L’Italia Scacchistica n. 2, febbraio 1952, p. 52, Milano
Salve, sono il Maestro FIDE Alessio De Santis. Sono uno dei fortunati possessori di un set completo di “scacchi Italia” e ho alcuni commenti e quesiti a riguardo, se qualcuno può risondermi.
Personalmente trovo che gli scacchi Italia uniscano un raro connubio di linee sobrie ma eleganti a una buona caratterizzazione dei pezzi. Il punto “debole” è il cavallo e, in minore misura, l’alfiere. Sarebbe bastata una maggiore caratterizzazione di questi pezzi, ad es ingrandendo leggermente il cavallo, e avrebbero potuto senz’altro attecchire nel gusto comune. Del resto molti pezzi economici di produzione dell est Europa hanno linee molto più “povere”, oppure basta guardare il modello FIDE 2013 ” ispirato alle proporzioni classiche dell architettura greca” in cui Re e Donna hanno una linearità che ricorda/riprende? Gli scacchi Italia.
Riguardo a battute su quali pezzi si dovrebbero usare in competizioni ufficiali: io ho giocato tornei in mezza Europa con scacchi veramente “penosi” Re e Donna quasi indistinguibili, pirulli di colore opposto sugli alfieri (per differenziarli dai pedoni) ecc. Penso che gli scacchi Italia rientrino in un modello più che accettabile, e con poche modifiche potrebbero anche essere resi “attuali”.
Le domande sono:
Si sa quanti ne sono stati ufficialmente prodotti?
Si sa chi li ha prodotti?
Non sono più stati prodotti dopo la guerra?
Considerandone la rarità, qualcuno sa darmi una valutazione economica di riferimento per i collezionisti?
Cordiali saluti
Ciao Alessio, ti ringrazio per il tuo commento.
Dici bene di essere uno dei fortunati perché, a quanto ne so, sei la quarta persona che conosco ad avere un set ‘Italia’: anche il tuo è piombato ?
Premesso che il gusto è sempre soggettivo a me questo set non dispiace affatto ma – in tutta sincerità – nemmeno mi fa impazzire; ciò nonostante, avendolo da tempo nella mia modesta collezione, ho cercato di trovare quante più notizie e immagini possibili e devo dire che in questo secondo caso, grazie alla collaborazione di altri scacchisti italiani, sono stato ancor più fortunato rispetto alla stessa acquisizione del set.
Condivido al 100% che ci sono in giro dei set degli scacchi ‘penosi’ (utilizzo lo stesso tuo aggettivo anche se potrei scriverne altri) che vengono spacciati per degli ‘Staunton’ regolamentari da torneo; sono andato a rivedere il modello FIDE 2013 del match di Chennai tra Carlsen e Anand: il Re più che la Donna ricorda qualcosa del modello ‘Italia’ brevettato dal Salvetti ma lasciami anche dire che il suo Cavallo poteva essere migliore.
E sono anche d’accordo, sia sul fatto che il Cavallo ‘Italia’ realizzato con la testa di poco più grande sarebbe stato preferibile (per me, ad esempio, anche l’Alfiere ‘con l’elmo a becco di pàssero’ sarebbe risultato migliore di quello poi effettivamente realizzato), e che il set ‘Italia’ rientri in un modello più che accettabile, anche se non so valutare se con alcune modifiche potrebbe essere reso “attuale” (intendi dire messo in commercio ?).
Sperando di non deludere troppo le tue aspettative, provo a rispondere alle tue domande.
Io non sono a conoscenza di quanti set ‘Italia’ siano stati prodotti ma sono convinto che se nel ventennio fascista annotavano davvero tutto ciò che facevano, e se quei documenti esistono ancora, trovandoli (chissà in quale archivio ?), si potrebbe sapere.
Forse studiandosi tutta l’Italia Scacchistica degli anni dal 1935 al 1943 (nei due anni successivi non venne pubblicata), si potrebbe risalire al numero delle Sezioni dell’A.S.I. e visto che tutte avrebbero dovuto avere in dotazione questi pezzi, forse, si potrà riuscire a stimare un numero abbastanza attendibile degli scacchisti italiani e, di conseguenza, forse anche quello dei pezzi che furono prodotti (?); tieni presente che i pezzi furono quasi sicuramente prodotti dal 1935 al massimo fino al 1945 (ma credo sia più verosimile fino al 1942 o ’43), anche perché nella quarta pagina di copertina del fascicolo di Marzo 1946 dell’Italia Scacchistica, già si pubblicizzava la vendita dei pezzi inglesi ‘Staunton’ al punto che nei primi mesi del 1952 la F.S.I. aveva soltanto 12 giochi di scacchi tipo «Italia», in cassetta custodia di legno, per la vendita al prezzo ridottissimo di Lire 1.200.
Non so se risulterà facile o difficile risalire a chi li produceva, ma da qualche parte mi pare di ricordare che c’era qualcuno per lavorazione del legno al tornio intorno a Firenze (Salvetti viveva in questa città) o nelle sue vicinanze o in Toscana; un’altra possibilità di ricerca potrà essere la consultazione dei giornali dell’epoca…
Mi spiace ma non so darti una valutazione economica: ovviamente, come puoi già aver valutato da solo, hanno più valore un ‘storico’ che per il materiale pregiato e le loro condizioni attuali. Almeno per me è così.
Cordiali saluti e a presto,
Roberto Cassano