Tal, il demonio e altre squadre
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(Riccardo M.)
No, nessun errore nel titolo, non temete (e non commentate frettolosamente e ironicamente). Parto dalla attualità. E termino con l’attualità.
Liaocheng è una città di quasi 6 milioni di abitanti sita nell’ovest della provincia di Shandong (Cina). E’ detta anche “Città dell’acqua” e il suo “Canal Grande” è in Asia celebre quasi come quello di Venezia. In questo scenario avveniristico, che non rifugge dal passato (come da immagine iniziale) ma corre veloce verso il futuro, si è disputato di recente (5-8 marzo 2017) un incontro a squadre Cina-India, le due potenze mondiali emergenti (negli scacchi e non solo). Quattro i turni, quattro le scacchiere come alle Olimpiadi.
Per la Cina han giocato: Jianchao Zhou, Shanglei Lu, Yi Wei e Xiangzhi Bu. Per l’India: Ganguly, Sethuraman, Gupta e Karthikeyan. Pressoché identica l’età media delle due rappresentative: intorno ai 25 anni. Sensibilmente più alta, invece, la media Elo dei cinesi: 2669 contro 2619.
Sorpresa al primo turno, con tre patte e vittoria del diciassettenne Karthikeyan su Zhou, ma al secondo e terzo i cinesi allungano con un doppio 3-1 e poi confermano con un 2,5-1,5 al quarto. Punteggio totale: 10-6 per la Cina. I migliori: per la Cina Wei e Bu con 3 su 4, per l’India Sethuraman con 2,5.
Un bel match. Sì, dirà qualcuno, va bene, ma il demonio dove sta?
Ebbene, di canale in canale, di ricordo in ricordo, di partita in partita, torniamo indietro di 60 anni esatti, in una Italia dalle grandi promesse e dalle tante paure, paure che l’hanno spesso bloccata e che la rendono ancor oggi assai simile ad allora, ovvero ben lontana dalla crescita e dalle innovazioni (giusta o sbagliata che sia tale strada) di certi “luoghi degli scacchi” quali Liaocheng.
Nel 1957 accadeva che per la prima volta ad una squadra di un Paese facente parte del blocco sovietico, la Lettonia, fosse concesso recarsi in Europa occidentale a giocare a scacchi. Ciò, racconta l’Italia Scacchistica di quei giorni, fu anche dovuto ai buoni uffici dell’allora Presidente della nostra Federazione, il conte Dal Verme, il quale l’anno precedente era stato a Mosca per il Congresso della FIDE ed aveva allacciato buoni rapporti con alcuni personaggi locali come il noto maestro Alexander Koblents.
E così i giocatori di Riga partirono per l’Italia (senza il Koblents, purtroppo ammalatosi). Il viaggio venne loro offerto dal conte Dal Verme e i soggiorni dai circoli che li ospitarono. Bravi! Erano in cinque i lettoni, più un accompagnatore. La prima scacchiera era del giovane maestro Mikhail Tal (21 anni), la seconda e la terza di altri due ragazzi ancor più giovani (20 anni), i maestri Aivar Gipslis e Jan Kliavin, la quarta e la quinta di due veterani, i candidati maestri Alexander Alexandrov (classe 1918) e Zigfrid Solmanis (classe 1913 e Presidente del Circolo di Riga).
Fra ottobre e novembre di quell’anno ad incontrare i maestri di Riga toccò per prima alla Società Scacchistica Milanese, poi a Venezia, a Reggio Emilia, al Circolo Scacchistico Fiorentino e a Roma (Circolo della Stampa). Riga vinse 8 a 2 con Milano (prima scacchiera Ferrantes), poi 9,5 a 0,5 con Venezia (in prima Szabados), 7,5 a 2,5 con Reggio Emilia (Romani), 6,5 a 3,5 con Firenze (Scafarelli) e 8,5 a 1,5 con Roma (Giustolisi). Tal ottenne p. 9 su 10 (una patta con Scafarelli e Giustolisi), Gipslis p.7,5, Kliavin p.8,5, Alexandrov p.6,5 e Solmanis p.8. Del nostro Contedini, per Milano, l’unica partita vinta dall’Italia. Totale: 40 a 8 per i lèttoni.

Mikhail Tal, che proprio a Milano festeggiò il suo ventunesimo compleanno, così era descritto da I.S.: “il suo modo di giocare è sorprendente e sconcertante a un tempo. Le sue facoltà di analisi prodigiose quanto rapide…. per la delizia degli spettatori che vedono svolgersi sotto i loro occhi combinazioni brillanti, sacrifici impensati e uno scaccomatto che arriva da tutte le parti. E’ un’ondata irresistibile che travolge ogni ostacolo. E’ stato definito “il demonio della scacchiera”, scacchiera che egli guarda con occhi leggermente strabici”.
Da lì a tre anni questo demonio sarebbe stato capace di scalare i vertici mondiali fino a togliere il titolo a Botvinnik. Però anche Gipslis (1937-2000), che vinse ben otto volte il campionato lettone, seppe difendersi egregiamente a livello internazionale ed ebbe poi la soddisfazione di difendere i colori della sua Lettonia alle Olimpiadi del 1993.
Suggerimento ai nostri circoli dei nostri giorni e alla FSI: perché, a distanza di 60 anni, non rinnovare l’evento ed invitare di nuovo in Italia la squadra di Riga? Forse non avremo più i “demoni della scacchiera”, ma sarà pur sempre un incontro interessante quello con i vari GM lettoni come Shirov, Sveshnikov, Kovalenko, Neiksans. Senza paura di perdere partite, punti e denari.
Che ne dite? Oppure in Italia preferiamo sempre pensare a quel che “ci conviene” fare e al nostro piccolo “conto economico”? E quindi scegliamo di star eternamente fermi, ché tanto qualcuno ci vuol far credere che a star fermi “non si sbaglia mai”? Eh, no, no: chi sta fermo fa scivolare il Paese via via sempre più indietro, nell’oscurità dell’inferno, dove il demonio è un altro e certo non si chiama Mikhail Tal.