Uno Scacchista

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DeepMind non è solo AlphaZero

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(Uberto D.)
L’applicazione della Artificial Intelligence (AI) realizzata da DeepMind per imparare a giocare a scacchi e altri giochi da scacchiera (AlphaZero) o per giocare a Go (AlphaGo) ci sono ben note. Ma lo stesso approccio potrebbe aiutare a risolvere ben altri problemi, come la diagnosi di alcune malattie dell’occhio.

[Foto di Lennart Ootes]

Se l’algoritmo di apprendimento di un gioco complesso come gli scacchi si è dimostrato capace di farlo fino a un livello di eccellenza assoluto, a quali altre sfide può essere applicato? Gli scacchi sono stati sempre scelti dai ricercatori di scienze informatiche per la loro difficoltà nel bilanciare un approccio diretto di calcolo con l’approccio strategico di valutazione delle caratteristiche di una specifica configurazione di pezzi sulla scacchiera ma DeepMind li ha affrontati in maniera completamente diversa. L’analisi di un’enorme quantità di posizioni e di sequenze di posizioni per apprendere “da zero” un metodo per scegliere una mossa in grado di massimizzare le probabilità di vittoria è tipico dell’approccio AI, che non ha bisogno di strade predefinite ma cerca senza pregiudizi e identifica schemi e collegamenti in maniera originale.

Questo non significa che l’esperienza umana debba essere scartata, tutt’altro: significa solo che il processo di esplorazione e di analisi è portato alle estreme conseguenze, riscoprendo ciò che l’uomo ha già scoperto e suggerendo nuove potenzialità. Come negli scacchi l’avvento dei motori scacchistici ha mostrato profondità e possibilità tattiche non accessibili alla capacità di calcolo del cervello umano (se non guidato dal sapere che esiste una possibilità da cercare), così l’AI può suggerire approcci strategici nuovi, aprendo aree di studio in qualche modo fino ad ora non esplorate dai giocatori umani a causa dell’inevitabile necessità di limitare l’ampiezza di analisi.

Il campo di applicazione di questo approccio non è ovviamente limitato agli scacchi o ad altri giochi: ovunque sia utile ricercare configurazioni, schemi, sequenze che siano segnali o anticipazioni di una particolare conseguenza, là l’AI può apportare contributi significativi. Le possibilità, in linea di principio, sono infinite, così come infinite sono le applicazioni della nostra intelligenza umana. L’intelligenza cosiddetta “artificiale” può provare ad arrivare dove a noi servirebbe troppo tempo o dove non possiamo arrivare per la complessità del processo deduttivo. Come negli scacchi, appunto, ma anche in altri campi, come la medicina.

Non sto parlando della “Medicina” con la “M” maiuscola, no, ma di alcuni aspetti collegati alle analisi strumentali, dove è ipotizzabile che si possano identificare segnali precursori di alcune malattie o identificare i segni di una malattia non ancora giunta alla fase conclamata.

Esame del fondo dell'occhio

E arriviamo finalmente alla notizia pubblicata dal Financial Times di cui voglio parlarvi. L’algoritmo sviluppato da DeepMind è stato applicato a migliaia di immagini (anonimizzate) del fondo dell’occhio alla ricerca di quei segni di alcune malattie che solo gli specialisti, e solo dopo molte ore di lavoro, sono in grado di riconoscere. L’algoritmo potrebbe analizzare i milioni di pixel alla ricerca dei segni noti di tre tra le maggiori malattie dell’occhio: glaucoma, retinopatia diabetica e degenerazione maculare legata all’età.

Uso il condizionale perché i risultati della ricerca, sviluppata in collaborazione con il Servizio Sanitario Nazionale inglese (NHS) e l’Ospedale Oftalmico Moorfields di Londra, non sono ancora stati pubblicati (i rigorosi protocolli di validazione richiederanno ancora più di un anno). Al di là dell’ottimismo dei ricercatori del Moorfields, le speranze sono molte, anche perché il passaggio dalle immagini del fondo dell’occhio ad altre analisi diagnostiche mediche sembra immediato: trattative sono già iniziate, secondo quanto dichiarato da DeepMind, con gli Ospedali dell’University College di Londra per l’analisi con AI dei risultati delle applicazioni di radioterapia e con l’Imperial College di Londra per l’analisi con AI di mammografie.

Fondo dell'occhio

Facciamo pure la tara della pubblicità a questi annunci e rimaniamo guardinghi in attesa della soluzione degli inevitabili aspetti etici legati al trattamento di informazioni personali (quali sono tutte le informazioni mediche) da parte di organizzazioni come Google: è a mio parere comunque esaltante pensare che qualcosa sviluppato e messo a punto per imparare a giocare a scacchi possa in futuro aiutare nella diagnosi precoce e nella cura delle malattie.

Se l’AI ha cercato e trovato negli scacchi una sfida in grado di portarlo a questi livelli di prestazioni e versatilità, è ulteriormente confermato come il nostro gioco sia una palestra ideale per le menti, una sfida che fa migliorare il nostro modo di affrontare problemi complessi e cercare soluzioni pratiche. E speriamo che, se mai gli algoritmi AI di DeepMind arriveranno ad essere utilizzati quotidianamente negli ospedali, gli venga dato un nome scacchistico, che so: DeepCheck (“Controllo a fondo“, ma anche “Scacco profondo“).

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1 thought on “DeepMind non è solo AlphaZero

  1. Interessantissimo!! E’ proprio vero: all’avanzamento della scienza si può contribuire partendo dai campi e applicazioni più inaspettati. Sono contenta che stavolta lo spunto siano stati gli scacchi!

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