Il più forte torneo di tutti i tempi? (1)
5 min read
(Riccardo M.)
“E’ stato Semmering”, mi ha suggerito qualcuno. Beh, forse è il caso di fare un sondaggio fra i lettori per rispondere a questa non facile domanda. Ai nostri tempi di super-tornei stellari ce ne sono diversi ogni anno. Noi potremmo provare solo a segnalare quelli più papabili a ricevere il vostro voto. Oggi parliamo un poco di uno piuttosto lontano nel tempo.
Fu giocato fra il 7 e il 30 marzo del 1926 a Semmering, rinomata stazione sciistica austriaca, in uno splendido salone del Grand Hotel Panhans (foto di copertina), un albergo che già allora poteva contare su quasi mille camere. Il Torneo di Semmering 1926 restò infatti noto anche come “Torneo Panhans”.
A quei tempi gli spostamenti da una nazione all’altra erano un poco più difficoltosi di oggi, e non era semplice riuscire ad avere intorno ai tavoli da gioco tutti i migliori giocatori di un’epoca per tanti giorni. Semmering ci riuscì, o quasi. E così al via si ritrovarono grandi nomi quali (in ordine alfabetico) Alekhine, Grunfeld, Janowski, Nimzowitsch, Reti, Rubinstein, Spielmann, Tarrasch, Tartakower, Vidmar, Yates (e altri 7 tutt’altro che peregrini).
In pratica mancavano solo il campione del mondo Capablanca e Lasker, il quale però era già alla soglia dei 58 anni. Ovviamente dobbiamo tener conto che si trattava di un’altra epoca, quando i fuoriclasse erano numericamente assai meno di quelli di oggi e quando la carriera di un giocatore era anche, e di conseguenza, ben più lunga.
Partecipò per l’Italia il marchese Stefano Rosselli Del Turco, che l’anno precedente a Baden-Baden si era messo in luce battendo Tarrasch e Yates e pattando con Alekhine; ma qui a Semmering, a riprova della forza del torneo, egli si dovette accontentare, forse anche fuori forma, di appena due patte (con Treybal e Vidmar), finendo ultimo e assai staccato con 1 punto su 17 partite.
Tutti pronosticavano vincitore Alekhine. Lui partì male, con solo mezzo punto nelle prime tre partite (sconfitto da Nimzowitsch e dal giovane cecoslovacco Karl Gilg), ma poi un prepotente 8,5/9 lo rilanciò al vertice. Sul finire, però, un nuovo inciampo, contro Vidmar, lo relegò alla seconda piazza (12,5/17), alle spalle del vincitore Spielmann (13) e davanti proprio al sorprendente Vidmar.
Nimzowitsch, a lungo in testa alla classifica tallonato da Tartakower, sembrava fino a metà torneo indicare il successo della scuola ipermoderna contro quella classico-romantica; invece crollò nel finale, con tre battute d’arresto contro Grunfeld e negli scontri diretti con Spielmann e Vidmar.
Qui la tabella:
Spielmann vinse un premio di 3.500 scellini, ad Alekhine ne andarono 2.500, a Vidmar 2.000, a Nimzowitsch e Tarkakower 1.350 ciascuno, eccetera fino al nono posto di Grunfeld (500). Ai non premiati andarono 15 scellini per ogni patta e 30 per ogni punto pieno.
Il viennese Rudolf Spielmann (1884-1942), professionista degli scacchi, detto anche “l’ultimo cavaliere del Gambetto di Re”, “giocava in casa”, ma non era troppo pronosticato a causa dei suoi consueti alti e bassi. Aveva già 42 anni e nel 1922 aveva vinto alla grande a Teplitz-Schonau, ma nel 1923 era giunto addirittura ultimo (su 18 concorrenti) a Karlsbad e non sembrava più quella macchina acchiappa-tornei che lo aveva portato nel decennio precedente a vincere il primo premio anche a Vienna (1911 e 1913), Abbazia, Bad Pistyan e Barmen (1912), Budapest (1913), Berlino e Baden Bei Wien (1914), Stoccolma (1919), oltre a numerosi piazzamenti fra i primi tre. Complessivamente partecipò a circa 120 tornei, aggiudicandosene 33.
A Semmering Spielmann fu sconfitto soltanto da Rubinstein, vinse quindi ben 10 partite, raccogliendo il miglior risultato della sua carriera.
Spielmann era un giocatore da ammirare per il suo coraggio, la sua predilezione per le complicazioni e per le partite di gioco aperto, in specie il gambetto di Re (tra l’altro nel 1935 scrisse “The Art of Sacrifice in Chess”).
Interessante il giudizio che di lui dava lo stesso Alexander Alekhine e che possiamo leggere su “Grandmasters of Chess” di H.Schonberg: “E’ noto che questo sensibile artista è capace di esibizioni superlative, ma può anche deludere profondamente quando non è in forma…. Deve controllarsi, perché la sua indole impetuosa lo induce a sbagliare. Come artista è spinto da una passione irresistibile per le combinazioni che, pur avendogli fruttato numerosi premi di bellezza, gli hanno anche fatto perdere molti punti importanti nelle classifiche dei tornei… E poi la sua bonarietà un po’ eccessiva a volte sfuma nell’indifferenza”. Giudizio comprensibile da uno come Alekhine che in ogni mossa dava tutto, esprimeva molta cattiveria e che mostrava sempre un velato disprezzo per chi non aveva il suo stesso temperamento e la sua stessa abnegazione.

Rudolf Spielmann morì, in povertà e quasi dimenticato da tutti, nell’agosto 1942 a Stoccolma, dove si era rifugiato, lui ebreo, per sfuggire alle persecuzioni naziste.
Ma torniamo a Semmering, dove altrettanto ammirevole era stato il terzo classificato, lo jugoslavo di Lubiana Milan Vidmar (1885-1962). Così di lui si leggeva sulla “Italia Scacchistica” dell’epoca: “il dottor Vidmar è veramente un giocatore fenomenale se si pensa che la sua professione non è quella del giocatore di scacchi, bensì quella del professore di matematica. Come può passare avanti a tanti professionisti, e non in un torneo solamente, ma in quasi tutti quelli ai quali partecipa? Non è facile rispondere, ma certamente ai suoi successi deve in gran parte contribuire il suo temperamento perfettamente calmo ed equilibrato: qualunque posizione egli abbia, buona o cattiva, di vittoria sicura o di sconfitta irrimediabile, egli pensa sempre tranquillamente, direi quasi oggettivamente, come se la cosa non lo riguardasse direttamente ma fosse un problema da risolvere, una verità da scoprire”.
Sia Spielmann sia Vidmar li abbiamo avuti insieme in Italia, precisamente a Sanremo nel 1930, ma nella bella località ligure gli anni che passavano impietosi non consentirono loro più di un piazzamento al 7°-8° posto (8/15), ben lontani stavolta dal dominatore Alekhine (14/15!).
Chiudiamo con “Semmering 1926” mostrandovi la simpatica combinazione con la quale l’anziano David Janowski (1868-1927, polacco naturalizzato francese, già nel 1910 sfidante di Lasker per il titolo mondiale) riuscì a portare a casa il mezzo punto contro il cecoslovacco Karel Treybal. I due sarebbero alla fine giunti nell’ordine al 10° e 11° posto rispettivamente con 8,5 e 8 punti.
Salta agli occhi quel pedone in c3 che è quasi come un pugnale nelle costole del Bianco. Il Nero guadagnerebbe, ad esempio, un pezzo, dopo
E allora che fare?
Si raccontò che i corrispondenti di un giornale tedesco già stessero comunicando telefonicamente il risultato di 0-1 quando il buon Janowski, campione dalla classe cristallina, dopo aver riflettuto a lungo sciorinò la bella
Torneremo a parlarvi di altri super-tornei!