Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

Scacco matto all’assassino (7)

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Excursus sul rapporto giallo-scacchi nella letteratura poliziesca

(Fabio Lotti)

Excursus sul rapporto giallo-scacchi nella letteratura poliziesca

Altri sei “prove” degli incontri letterari tra gialli e scacchi, frutto delle indagini di Fabio Lotti. Qui tutte le precedenti puntate. (UnoScacchista)

[La foto di apertura è di Karol Bartnik]


In Il cratere del diavolo di J. J. Connington in Investigatori col monocolo di Freeman Wills CroftsJ.J.Connington e R. Austin Freeman, Mondadori 2019, l’ispettore Clinton all’amico Wendover “E poi, c’è sempre da sperare che alla fine le cose si aggiusteranno. Ti va una partita a scacchi, squire? O ce ne andiamo a dormire?”. (pag.253). In seguito “Sir Clinton e Wendover erano due vecchi amici con molti gusti in comune tra cui gli scacchi, la pesca e la criminologia…” (pag.284). Ancora “Una partita a scacchi?- suggerì Wendover, entrando con il capo della polizia nella sala da fumo del Grange appena dopo cena. Sir Clinton ci rifletté sopra per un attimo, poi scosse mestamente la testa. – Non stasera, squire – decise. -Credo che non riusciremmo ad andare avanti molto, e detesto essere interrotto quando gioco. E’ già abbastanza irritante essere disturbati da una telefonata mentre si cena, com’è successo stasera, ma gli scacchi sono troppo importanti perché possa tollerare una seccatura del genere. Proviamo qualcos’altro. Che ne dici del gioco degli Alibi? E’ vecchio come Matusalemme, ma è sempre divertente e istruttivo.”

Si respira in questi romanzi un’atmosfera strana, misteriosa, irrazionale. Persone che svaniscono, persone e animali che muoiono in maniera inesplicabile. Comunque dalla lettura attenta e minuziosa (ci vuole un po’ di pazienza) dei meccanismi e dei mezzi scientifici che portano alla morte (per contrastare, appunto, l’irrazionale), compresa una discreta serie di veleni, anche noi lettori siamo ora pronti a scaraventare nella bara qualcuno che ci sta sul gozzo con ampie possibilità di farla franca. Di French, sir Clinton e Thorndike non se ne vedono in giro.


In La felicità è un muscolo volontario di Rosa Mogliasso, Salani 2012, “Lei viveva poco, faceva traduzioni, l’aveva sedotta a suon di sguardi prolungati, partite a scacchi e un appartamento borghese dove il riscaldamento non costituisce un problema (114). “Dopo una settimana di sesso sfrenato, partite a scacchi e suonate a quattro mani, Serena aveva confessato…(120). Come si vede gli scacchi servono sia prima che dopo! Capitoletti brevi, i fili della storia che passano veloci da un personaggio all’altro e si intrecciano fra loro, qualche spunto sulla società, sui barboni, sui senza tetto, sulla difficoltà a trovare lavoro anche da laureati (via dall’Europa!), sulle differenze tra culture diverse, qualche lieve condizionamento delle sfumature con il vibratore come trofeo di vittoria, un po’ di presa in giro di certi “rivoluzionari”, ironia spruzzata per ogni dove, citazioni a go-go su libri, personaggi, cinema e pure un accenno agli scacchi, come abbiamo visto, che fanno sempre piacere ad un fissato come il sottoscritto.

 


In Il macellaio sghignazzante di Fredric Brown, in Delitti impossibili di AA.VV., Polillo 2012, si parla di un nano che cinque anni prima aveva battuto a scacchi il personaggio Kathy. “Con un nano”, spiegai. “Una sola partita. A Corbyville. E fu battuta” (10). In effetti tutto quanto il racconto si basa sul rapporto che c’è fra un sacrificio di Cavallo nella partita, effettuato dal nano, e la soluzione di un caso intricato. “Come negli scacchi, Wally”, disse Kathy che mi sedeva in grembo. “Un gambetto…quando si sacrifica un pezzo per vincere. Come Joe, il nano, che mi regalò un Cavallo e poi mi diede scacco matto. Fu così che Joe e Len, giocando per una volta sullo stesso lato della scacchiera, diedero scacco matto al macellaio” (30-31).

Non sono estranei agli omicidi dei vari racconti questioni di cuore, di gelosia, di sghei. Aggiungo l’accuratezza delle descrizioni, la vivacità dei personaggi, momenti di tensione, ansia e paura. Ma, soprattutto, il desiderio di sbalordire. E io mi immagino i nostri eroi chini sul tavolo da lavoro o seduti a fumare in poltrona e, magari, perfino a mangiare a tavola (la moglie incazzicchiata alquanto) che sono lì a sfruculiare di continuo con la mente per fregarci e farci restare a bocca aperta come stoccafissi. E spesso ci riescono. Da leggere con calma assoluta senza farsi saltare la mosca al naso.


In Peter Wimsey e il cadavere sconosciuto di Dorothy Sayers, il primo della serie con Lord Peter, l’assassino, nella lettera con cui confessa i suoi misfatti, inizia dicendo: “Caro lord Peter, quando ero un giovanotto, avevo l’abitudine di giocare a scacchi con un vecchio amico di mio padre. Era un giocatore pessimo e molto lento, non riusciva mai ad accorgersi quando lo scacco matto era inevitabile, ma insisteva ugualmente nel giocare ogni mossa fino ad arrivarci. Io non ho mai avuto pazienza con un atteggiamento simile e adesso sono pronto ad ammettere apertamente che il gioco è vostro.”

La Sayers, che è stata donna di profondi studi e di grande cultura— ha perfino tradotto in inglese quasi tutta la “Divina commedia”— porta nel romanzo poliziesco quella abilità letteraria che le era quasi connaturata. Nel 1923 scrive il sopracitato capostipite di una lunga, lunghissima serie di romanzi e racconti polizieschi che hanno per protagonista il nostro giovane bellimbusto. Notizie più particolari sulla sua vita le abbiamo dallo zio Paul Austin Delagardie, richiesto dalla stessa Sayers “di riempire alcune lacune e correggere alcuni errori trascurabili nel suo resoconto sulla carriera di mio nipote Peter” come trascrivo dal libro citato.  Si sa che nasce nel 1890 e che da piccolo è “esile e pallido, molto inquieto e birichino, sempre troppo sveglio per la sua età”. Ha un coraggio “diabolico” e spesso soffre di incubi. A diciassette anni gli viene affidato e mandato a studiare a Parigi e poi a Oxford. Si innamora di una ragazzetta, parte per la guerra, salta in aria per lo scoppio di una granata e al suo ritorno in patria se la ritrova sposata con un altro. Nel 1921 c’è lo scandalo degli smeraldi di Attembury. Peter depone in qualità di testimone d’accusa e da qui incomincia il suo nuovo passatempo di investigatore. In seguito riesce a tirar fuori da un bel vespaio suo fratello Denver accusato di omicidio dalla Camera dei Lord. Infine si invaghisce della ragazza “che ha discolpato dall’accusa di aver avvelenato l’amante”. Un aristocratico che vanta illustri discendenti nobiliari, raffinatissimo, snob come quasi tutti i nobili e i raffinati, colleziona incunaboli e libri rari (dei quali la Sayers se ne intende, eccome), esperto cavallerizzo, adora la musica, la storia, ma soprattutto la criminologia. Porta un monocolo, in realtà una lente molto potente, un classico bastone da passeggio un po’ particolare, perché dentro contiene una lama di spada e il pomo una bussola. Tiene sempre con sé una scatola portafiammiferi che altro non è se non una pila. Il suo stemma di famiglia, poi, è tutto un programma. Scudo in campo nero con tre topi che corrono color argento sormontato da un gatto rampante con il motto “A mio capriccio”.


Nel racconto Veil in visita in Una coppia perfetta di Joe R. Lansdale, Einaudi Stile Libero Big 2013, abbiamo una partita di scacchi tra Leonard e il suo avvocato Veil. Leonard toglie un pezzo dalla scacchiera e poi, sotto pressione di Veil,  lo rimette a posto. Comunque dà scacco al Re (pag.103). Una coppia perfetta. Un bianco, Hap,  che racconta in prima persona insieme ad un negro gay, Leonard, preso dai wafer alla vaniglia. Tre racconti veloci senza tante storie (l’ultimo più esteso). Con loro c’è da farla poco lunga. Due botte e via e non in senso sessuale. Il gusto di raccontare. Tra azione, metafore sorprendenti e battutine al pesto (mi è venuta così) si passa un po’ di tempo in allegria.

 


 

In La neve di piazza del Campo di Salvo Figura in Oscuri presagi di Margery Allingham, Mondadori 2013, un biglietto viene portato al personaggio principale “Negli scacchi accanto al cavallo quattrocento gradini, e ti mangi il guadagno di Tano” che gli permette di risolvere il caso (pag. 174). Dall’America a Siena l’Onorata siculo-americana per fuggire all’arresto. Coca nascosta nella stalla dell’Oca. Sparita. Il capo Tano incarica Minica di trovare il ladro che potrebbe essere perfino il boss della ‘ndrangheta visto in giro per la città (povera Siena!). Un bottone che luccica, una botola segreta e un biglietto rivelatore. Bisogna salire sulla torre del Mangia per risolvere il mistero.

 


Alla prossima.


Fabio Lotti è nato a Poggibonsi (Siena) nel 1946. Laureato in Materie Letterarie, è Maestro per corrispondenza e collaboratore di riviste scacchistiche specializzate. Ha pubblicato vari testi teorici, tra i quali “Il Dragone italiano“, “Gambetti per vincere” e “Guida pratica alle aperture“.

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