Ostenda e William D. Evans: il gambetto di un marinaio
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(Riccardo Moneta)
Il 3 di agosto del 1872 si spegneva ad Ostenda, a 82 anni, lo scacchista e marinaio gallese William Davies Evans, alias “Capitan Evans”, che il mondo degli scacchi avrebbe ricordato per sempre come l’inventore del celebre “Gambetto Evans”.
William Davies Evans era nato da un’umile famiglia a St.Dogwells, nel Pembrokeshire, il 27 gennaio 1790.
La sua vita si divise fra due amori: il mare fu il primo, poi gli scacchi. L’amore per il mare e per le navi derivava dal fatto che con i genitori, papà John e mamma Mary, all’età di 10 anni si era trasferito nella cittadina portuale di Milford, un centro di cantieri navali e di baleniere in particolare.
A 14 anni, nel 1806, il piccolo marinaio Evans si arruolò nella Royal Navy e finì per combattere nelle guerre napoleoniche, nelle quali la marina britannica si schierava a fianco dell’impero austriaco e del re Ferdinando di Napoli contro Gioacchino Murat e Napoleone. Dopo la guerra, nel 1815, salì a lavorare sulle navi postali che battevano il Mare d’Irlanda. Soltanto nel 1818, quindi già a 27 anni, imparò il gioco degli scacchi.
Dal 1819 la sua nave fissa fu la Auckland, nelle cui cabine, nelle lunghe ore di riposo e navigazione, egli studiava gli scacchi e preparava schemi d’apertura.
Fra questi schemi c’era il “Gambetto Evans”, che rimase segreto finché il marinaio Evans, in congedo a Londra nel 1825, non lo sperimentò contro il ben noto giocatore irlandese Alexander McDonnell: lo batté in bellezza con il suo sconosciuto gambetto (1.e4,e5, 2.Cf3,Cc6; 3.Ac4,Ac5; 4.b4!) e si ripeté con successo contro lo stesso avversario nel 1829. Quel gambetto restò impresso nella mente di McDonnell, il quale lo ripresentò a sua volta in una partita alla cieca del 1829 contro un certo Worell, partita che secondo Enrico Paoli, e anche secondo il “Dizionario Enciclopedico degli scacchi” di A.Chicco e G.Porreca, avrebbe rappresentato il battesimo ufficiale dell’innovativa apertura. Eccovele in ogni modo entrambe le due partite del nostro eroe contro McDonnell:
Sul sito scacchi.qnet.it, alla voce “catalogo delle aperture” si legge:
“La tradizione scacchistica narra che questo gambetto venne ideato nel 1824 dal capitano William Davis Evans, durante una delle sue abituali traversate oceaniche. Comunque sia, la prima comparsa ad alto livello di quest’apertura avvenne durante il match La Bourdonnais – Mac Donnell, e per tutto il periodo romantico dell’Ottocento il Gambetto Evans fu una delle principali attrattive per chi amava il bel gioco fatto di combinazioni spettacolari e spesso spericolate.”
Aggiungo che il citato match fra Louis Charles de la Bourdonnais e l’irlandese Alexander McDonnell ebbe luogo nel 1834 a Londra. In quel match-maratona di ben 88 partite (disputato in 6 diverse fasi) il Gambetto Evans fu giocato addirittura 22 volte, 16 da La Bourdonnais e 6 da McDonnell; La Bourdonnais ci vinse ben 12 partite, con due sole perdute e due patte, McDonnell raccolse a sua volta 5 vittorie ed una patta. Complessivamente un trionfo per il nostro Gambetto: 17 vittorie contro 2 sconfitte (e tre partite patte).
Xavier Tartakower si espresse in questo modo a proposito del Gambetto Evans: “Questo gioco offensivo e affascinante dev’essere stato inventato per poter indurre la gente a credere che l’arte degli scacchi è un dono degli dei.”
E il grande David Bronstein così a sua volta scrisse: “Se solo potessi raccomandare un’apertura al principiante degli scacchi, non esiterei un attimo e direi: “Gioca il Gambetto Evans! L’Evans Gambit non è una variante, ma uno stile di gioco….” “
Bronstein non aveva una, ma mille ragioni, perché la prima cosa che deve imparare un principiante è la tattica, e nulla fa bene allo scopo come simili aperture.
E non possiamo tralasciare di certo le parole inimitabili dell’inimitabile maestro Giorgio Porreca, che nel suo “Manuale teorico-pratico delle aperture” (Mursia, 1971), fonte di studio delle aperture unica per la generazione degli anni ’50 e ’60, così scriveva del Gambetto Evans:
“…. Evans non diede alcuna teorizzazione della sua scoperta; non redasse infatti alcuna analisi, e lasciò solo una serie di partite .… Fu successivamente solo lo scontro La Bourdonnais-McDonnell a legittimare l’adozione di questo nuovo impianto nell’empireo scacchistico. Quale importanza abbia avuto nel XIX secolo questo genuino prodotto del romanticismo scacchistico, è dimostrata dal fatto che il Gambetto Evans fu una delle aperture più comuni sino all’avvento di Lasker. Morphy, Anderssen, Chigorin seppero trarre da questo impianto ricchi motivi ispiratori per il loro gioco combinativo; e non è fortuita coincidenza che la “Sempreverde” di Anderssen, meno famosa ma di gran lunga più brillante della “Immortale” dello stesso, scaturisca proprio da una classica variante del Gambetto Evans …. Lo scopo del sacrificio di Pedone è il guadagno di un tempo per la spinta in c3, quale sostegno di quella in d4. Sotto tale punto di vista, il Gambetto Evans apparve come un tentativo abbastanza logico di contribuire a quella soluzione del problema centrale, sintetizzabile in un solo imperativo: realizzazione della spinta d2-d4, che altre aperture tentavano di risolvere bruscamente (Partita Scozzese) o lentamente (Partita Italiana) …. L’eccezionale vitalità di questo Gambetto, capace di sopravvivere sin anche al metodo più stringente per demolire un gambetto, cioè quello di rifiutarlo, ebbe un duro colpo soltanto con l’avvento del gioco psicologico di Lasker. Lasker impostò il “problema dell’Evans” sotto una prospettiva del tutto diversa da quella fatta propria dai teorici del tempo. Egli infatti non andò alla ricerca della mossa, o della successione di mosse, idonea per annullare la pericolosità dell’attacco del Bianco, ma si prefisse, anticipando una impostazione psicologica propria del nostro tempo, di indicare l’idea che doveva essere alla base della difesa del Nero. Tale idea era di accettare il Pedone non per conservarlo, ma per restituirlo in connessione con il cambio delle Donne. E’ chiaro che sacrificare un Pedone per poi ritrovarsi in un finale, per giunta tecnicamente scomodo, equivale ad un insuccesso morale, per cui il Bianco è stato costretto a rinunciare a molte continuazioni aggressive, così frequenti ai tempi di Anderssen. Dopo un generoso tentativo di riabilitazione compiuto da Tartakower negli Anni Venti, il Gambetto Evans è andato sempre più allontanandosi dalle scene scacchistiche, al punto che oggi si può addirittura parlare di una sua scomparsa”.
Ma torniamo ora al nostro marinaio William D.Evans.
Fra il 1830 e il 1840 Evans sostenne diversi incontri con il forte giocatore francese Pierre Charles Fournier de Saint Amant. Nel 1835 moriva a Londra, a soli 37 anni, Alexander Mc Donnell, e si parlò di un possibile match fra Evans ed il nuovo astro nascente britannico, Howard Staunton, ma quest’ultimo non se ne mostrò mai troppo interessato, e del resto il buon Evans aveva già a quel tempo ben 63 anni.
Il marinaio, ormai divenuto “Capitano”, William Davies Evans andò in pensione nel 1840. Frequentò ancora a lungo i club di scacchi di Londra, successivamente si trasferì in Belgio, ad Ostenda, non a caso un’altra caratteristica città di mare, dove visse gli ultimi suoi anni. E qui morì, appunto, il 3 agosto del 1872.
Il mondo degli scacchi gli è debitore per il “Gambetto Evans”, ma il mondo del mare gli dev’essere debitore per un’altra invenzione ben più importante: un sistema di segnalazione con luci tricolori che poté essere utilizzato dalle navi di tutto il mondo, nella notte e nelle giornate nebbiose, e che seppe rendere da allora molto più sicura la navigazione. Sembra che lo Zar della Russia Nicola I rimase così impressionato dall’invenzione che volle regalare ad Evans un cronometro d’oro da tasca e 200 sterline in contanti. (1)
Entrambe le sue invenzioni, il gambetto e le luci tricolori, vennero ricordate nella lapide che fu posta sulla sua tomba ad Ostenda, nell’iscrizione dove si trova un errore in quanto la sua età venne indicata in 80 anni e 6 mesi, mentre lui visse ben più di 82 anni. Se qualcuno capiterà di passaggio ad Ostenda, vada a visitare la sua tomba: il cimitero è dietro la chiesa di Newpoorts-Steenweg, a dieci minuti dal centro, e la tomba del capitano Evans è la numero 39 della fila n. 8.
E questa è l’iscrizione: “To the sacred memory of William Davies Evans, formerly Commander in the Post Office and Oriental Steam Services; Superintendent in the Royal Mail Steam Company, and inventor of the system of tri-coloured light for shipping. Also well known in the chess world as the author of the Evans’ Gambit”.
(trad.: Al sacro ricordo di William Davies Evans, ex comandante in Post Office e Oriental Steam Services; Sovrintendente della Royal Mail Steam Company e inventore del sistema di luce tricolore per la navigazione. Altresì noto nel mondo degli scacchi come inventore del “Evans Gambit”.)
Enrico Paoli nel 1991 (2) ci ricordava che l’anno precedente, in un articolo del “British Chess Magazine”, l’editorialista Colin Russ scriveva che la tomba di Evans era in cattive condizioni rispetto a quelle circostanti, e pertanto così concludeva una delle sue celebri “spigolature”: “… chissà se questo appunto non funzioni benevolmente e che qualche scacchista non vada a metterla in ordine”.
Beh, qualche scacchista potrebbe davvero mettere in programma in questi anni una visita ad Ostenda, sia per Evans e il suo Gambetto sia per visitare questa affascinante cittadina, che Claudio Sericano ed io abbiamo voluto inserire nel primo volume del nostro lavoro “I luoghi degli scacchi” (Youcanprint, 2015), presentandola con queste iniziali parole:
“Ostenda, favola delle Fiandre, nel secolo X piccolo porto di pescatori, poi fortezza spagnola, quartier generale della Compagnia delle Indie, regina delle spiagge, residenza estiva di Re. Facile capire, passeggiando fra i ricchi musei, l’ippodromo, le Terme di acqua salina, le caffetterie, la Promenade Leopoldo II, il Forte Napoleonico, sotto le maestose guglie gotiche della chiesa in arenaria dei Santi Pietro e Paolo, sotto la spettacolare volta di vetro dell’antica (1910) stazione ferroviaria, come la fantastica e multiculturale “Gibilterra del Nord” abbia da sempre ispirato tanti artisti. Ma io ho un altro sogno: quello di una lunga pedalata tra i canali, i mulini e i campi di lino che da Bruges conducono ad Ostenda …”
Già in precedenza avevo descritto Ostenda in un mio articolo apparso sul Blog “SoloScacchi” nel febbraio del 2012, articolo dal titolo “Comme à Ostende” (in realtà dedicato a Schlechter). Lo ripresenteremo.
Sapete che Ostenda ha pure qualche lontano legame con l’Italia? Già, perché Maria Josè di Sassonia Coburgo-Gotha, principessa del Belgio, terzogenita figlia di Alberto I e di Elisabetta Wittelsback e che era nata nel 1906 ad Ostenda, è stata moglie di Umberto II di Savoia e Regina d’Italia, “regina di Maggio” per appena 27 giorni, fra il 9 maggio e il 2 giugno del 1946, quando la monarchia fu battuta nello storico referendum.
Persa la Regina di Ostenda, ultima Regina d’Italia, l’Italia non avrebbe avuto più Regine e, si sa bene, senza Regine è difficile vincere una partita e ancora più difficile divenire campioni del mondo di scacchi; e l’Italia, di campioni del mondo di scacchi non ne ha mai avuti.
La cittadina balneare belga di Ostenda ospitò tre grandi tornei di scacchi negli anni 1905, 1906 e 1907. Maroczy vinse nel 1905, con p.19,5/26, precedendo Janowsky, Tarrasch e Schlechter. Schlechter vinse nel 1906 davanti allo stesso Maroczy e a Rubinstein. Tarrasch vinse nel 1907 precedendo ancora Schlechter, Janowsky e Marshall.
Nel torneo del 1937 si ebbero tre vincitori a pari punti: Fine, Grob e Keres.

Nel 1991 Ostenda tornò alla ribalta con un forte torneo “Open”, vinto dall’inglese Tony Miles davanti ad Adams, Kuzmin, Vyzmanavin e Gurevich.
E adesso? Volete o no sperimentare anche voi il Gambetto Evans nelle vostre prossime partite, magari in qualche “Rapid”?
Coraggio, sarete in buona compagnia, in compagnia di giocatori famosi e brillanti che più volte lo hanno giocato in passato, e con successo, da Alexey Sokolsky (e non poteva essere diversamente!) a Robert Fischer, da Garry Kasparov a Nigel Short e alla campionessa indiana Harika Dronavalli.
Bobby Fischer in particolare usò molte volte quest’arma nel corso di una sua tournée in California nel 1964 e, nel commento ad una di queste, giocata contro un tal Celle, scriveva: “Il Gambetto Evans è stato minuziosamente analizzato il secolo scorso, ma ancor oggi dà luogo a partite interessanti”. (3)
Ancora a proposito di questa partita leggiamo: “Qui, abbandonando per la prima volta la sua amata Spagnola, Fischer gioca l’audace gambetto inaugurato circa un secolo fa dal capitano Evans. Questa apertura è quasi totalmente scomparsa dalla pratica dei tornei”. Così scriveva un altro Evans, Larry, nel suo commento alla partita Fischer-Fine contenuta fra le “60 partite da ricordare” di Bobby Fischer. Fischer commentava ricordando che 1.e4,e5 2.Cf3,Cc6 3.Ac4.Ac5 4.b4!?,Axb4 5.c3,Aa5 6.d4,d6 (in partita Fine giocò 6…exd4) 7.0-0,Ab6 è la “famosa difesa di Lasker, che il secolo scorso aveva confutato il Gambetto Evans”. Però è da tener conto che lo stesso Fischer in nota suggeriva per il Bianco 7.Db3 anziché l’arrocco corto.
Note partite di Gambetto Evans sono state:
- la Anderssen-Dufresne, Vienna 1852,
- la Kolisch-Anderssen di Londra 1861,
- la Steinitz-Pilhal, Vienna 1862,
- la Anderssen-Steinitz (1^ del match di Londra 1866),
- la Paulsen-Anderssen di Barmen 1869,
- la Paulsen-Zukertort di Parigi 1877,
- la Chigorin-Steinitz, Londra 1883,
- la Chigorin-Gunsberg di L’Avana 1890,
- la Chigorin-Pillsbury di Londra 1899,
- la Tartakower-Chajes di Karlsbad 1923,
- la Fischer-Fine, New York 1963, (3)
- la Mariotti-Gligoric di Venezia 1971,
- la Timman-Tatai di Amsterdam 1977,
- la Sveshnikov-Short, Solingen 1992,
- la Kasparov-Anand, Riga 1995,
- la Kasparov-Piket, Amsterdam 1995,
- la Shirov-Timman, Biel 1995,
- la Kuzmina-Melnikov, San Pietroburgo 2000,
- la Morozevich-Adams, Wijk aan Zee 2001,
- la Short-Sokolov, Sarajevo 2007,
- la Short-L’Ami, Wijk aan Zee 2008,
- la Short-Sargissian, Wijk aan Zee 2008 e
- la Nakamura-Anand, Londra 2014
Vediamone una, la Steinitz-Pilhal, Vienna 1862. Un’attenzione particolare dovrebbe essere rivolta al sacrificio del pedone triplo, in base al quale il Bianco mina abilmente l’arrocco del conduttore dei Neri.
E poi, con il Gambetto Evans può succedere di tutto, perfino che un forte M.I. che s’azzardi a giocarlo in simultanea venga strapazzato da una sconosciuta ragazzina di 14 anni con Elo 1391! E’ quanto accadde a Lubecca il 21.10.2016, vittima della brava Alexandra Mundt fu Niclas Huschenbeth. Eccovi la partita:
Forza, ragazzi, ora datevi da fare! Il divertimento è in ogni caso assicurato ed il Capitano Evans ne sarà senza dubbio contento se vi potrà vederla giocare!
(1) questo e alcuni altri spunti per le mie note sono tratti da un post di Phil Carradice apparso nell’ottobre 2013 sul sito www.bbc.co.uk
(2) così Enrico Paoli nel numero di gennaio 1991 (pg. 9) della “Italia Scacchistica”
(3) Robert Fischer in “My 60 memorable games”, 1972