Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

Un poema scacchistico di mille anni fa

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(Adolivio Capece)
Ruodlieb”, scritto in latino volgare nell’Anno Mille, è uno dei primi poemi europei – forse il primo in assoluto – con un intero brano dedicato agli scacchi. Ci è pervenuto solo in parte, in un testo frammentario, composto da 18 fogli di pergamena, oggi conservati a Monaco nella Bayerische Staatsbibliothek.

L’autore è ignoto, ma secondo alcuni studiosi potrebbe essere il monaco Froumund della abbazia benedettina Kloster Tegernsee in Baviera, che si sa essere morto tra il 1008 e il 1012.

Del manoscritto, con alcuni approfondimenti e qualche differenza rispetto a quanto da noi trovato su di un testo curato da Gaetano Sciascia e altrove, parla anche lo storico degli scacchi Alessandro Sanvito nel suo ‘Scacchi manoscritti’ edito da Caissa Italia, cui rimandiamo il Lettore interessato.

Il poema sembra essere la prima opera del romanzo cavalleresco germanico: narra di Ruodlieb, giovane cavaliere che lasciata la sua patria a causa delle faide in cui era stato coinvolto, giunse alla corte di un potente re africano, dal quale venne inviato come ambasciatore di pace presso un altro re che era stato sconfitto e con cui trattare le condizioni per la pace. Al ritorno il giovane fa il suo resoconto e in questo figura il frammento (versi 184-230) che parla di scacchi.

Lo proponiamo con un adattamento della traduzione attribuita a Gaetano Sciascia della Accademia Scacchistica Napoletana.

Il sovrano chiede: “Che hai fatto per tutto il tempo che ti sei trattenuto colà?” E Ruodlieb racconta …

“Il primo ministro è stato molto gentile con me. Non mi ha fatto mancare nulla e spesso ha tentato di vincermi a scacchi ma non gli è andata bene, salvo nei casi in cui io stesso l’ho lasciato vincere. In questo modo per cinque giorni mi ha impedito di essere ricevuto dal re, cercando di conoscere il motivo della mia visita.
Non ci è riuscito, nonostante le sue astuzie. Finalmente il re mi fece chiamare e ascoltò quel che gli dovevo dire: mi promise una risposta per l’indomani.

Poi ordinò che portassero una scacchiera ed una poltrona e mi fece cenno di sedermi su uno scanno di fronte, invitandomi a giocare. Mi rifiutai, pensando che sarebbe stato pericoloso per me. Ma compresi che non potevo sottrarmi, così iniziai la partita col desiderio di perderla.

Quindi gli dissi: “Se Vostra Maestà mi vince, io non ne ho alcun danno; ma se la fortuna mi aiuta ho da temere la vostra collera.”

Alle mie parole il re rise e disse: “Non hai motivo di temere. Anche se non ti vinco, non mi inquieto. Voglio giocare con te per imparare mosse che non conosco.”
Ci mettemmo a giocare tutti e due con grande impegno, ed io per tre volte lo vinsi. I cortigiani stavano a guardare meravigliati.
Il re mi offrì delle monete e mi regalò quel denaro.
Allora per vendicare il loro signore si fecero avanti i nobili, sfidandomi.
Deponevano sul tavolo la loro posta e manifestavano disprezzo per la mia: erano sicuri di vincere. Durante il gioco tentavano di aiutarsi l’un l’altro, ma in realtà in tal modo si danneggiavano. I consigli che davano al giocatore lo confondevano, tanto che tra i loro alterchi mi riuscì di vincerli tre volte.

Poi non volli più giocare. Mi invitarono a ritirare la posta, me ne guardai bene: “Non mi piace guadagnare col gioco”, esclamai.
A questo punto il sovrano osservò: “Tu devi sempre amare e coltivare il giuoco degli scacchi nel quale hai dimostrato di essere valente.””

L’abbazia di Kloster Tegernsee, in Baviera, fu fondata intorno al 750 dai monaci benedettini svizzeri di San Gallo; lo splendido edificio fu acquistato nel 1817 dal Re Giuseppe di Baviera, il quale, spinto dai desideri della moglie Karolina, decise di stabilire lì la residenza estiva della famiglia

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