Dimitrije lo conobbi al Tennis Club
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(Nazario Menato)
Ricorre in questi giorni l’ottavo anniversario della scomparsa di un mio caro amico del circolo di Treviglio. Si chiamava Dimitrje Vuckovic, un serbo di Belgrado che si era stabilito a Treviglio, dove svolgeva l’attività di medico dentista.
Dimitrije era una persona veramente generosa, disinteressata, la cui perdita dispiacque profondamente a tutti. Questo è il post che scrissi a mo’ di memoriale/necrologio in quella occasione e che venne pubblicato sul nostro sito treviglioscacchi.com (anch’esso purtroppo defunto!).
Era la primavera del 2006, maggio o forse giugno, non ricordo con precisione.
So che allora mi piaceva ancora frequentare i campi di tennis in terra rossa per starmene placidamente ai bordi ad osservare coloro che giocavano, avendo io cessato già da tempo di impugnare la racchetta.
Appena entrati al Tennis Club, ricordo sulla sinistra una piazzuola circondata da alti tigli, al cui centro, quando il tempo lo permetteva, venivano sistemati dei tavolini.
Là, all’ombra dei frondosi alberi, notai con sorpresa due signori dai capelli striati di bianco seriosamente chini su una scacchiera, incuranti degli sgangherati commenti degli amici che stavano loro intorno.
”Ma come – pensai – ci sono persone a Treviglio che si dilettano col nobil gioco e non frequentano il circolo degli scacchi o ne ignorano l’esistenza?“
Appurai in seguito che sì, i due sapevano dell’esistenza del circolo ma non avevano mai osato varcarne la soglia ritenendosi troppo “brocchi” per farlo.
Mi avvicinai e fatta rapidamente conoscenza, cominciai a giocare con loro vincendo ripetutamente, e ciò non tanto perché io fossi di levatura superiore bensì perché conoscevo un tantino meglio i fondamentali del gioco.
Cercai di persuaderli a passare al circolo ma le risposte furono evasive.
Intuivo che, non ritenendosi giovani virgulti e non volendosi impegnare più di tanto, non se la sentivano di venire in sede a collezionare brutte figure.
Poiché è fattuale, come in tutti gli sport e giochi, anche negli scacchi ciò che brucia è la sconfitta!
Continuai per tutta l’estate a frequentare il tennis club per giocare… a scacchi.
Lo scopo era chiaro: conquistare un paio di nuovi adepti al circolo.
Alla fine la mia costanza fu premiata: Dimitrije Vuckovic, uno di quei giocatori, originario di Belgrado, trapiantato a Treviglio a causa della guerra fratricida che stava disgregando la Jugoslavia, in autunno decise di fare il grande passo e mise piede al circolo.
La sua frequenza divenne assidua e interessata, gli piaceva giocare.
Con lui instaurai un’amicizia semplice ma duratura; non s’adombrò nemmeno quando rifiutai di diventare suo paziente: era infatti dentista.
Gli spiegai che ne avevo già uno da decenni e non me la sentivo di cambiare; comprese ed apprezzò la fedeltà.
Aveva un carattere deciso ma gentile ed era straordinariamente generoso ed ospitale. Quando nei pomeriggi d’estate m’invitava a casa sua per giocare qualche partita, ero continuamente subissato dall’offerta di bevande, biscotti, caramelle.
Dimitrije s’invaghì degli scacchi, s’impegnò a fondo per migliorarsi; incominciò a leggere libri e riviste, a documentarsi e grazie anche alle innate capacità degli slavi per questo gioco di riflessione, progredì al punto da frullargli per la testa l’idea di partecipare ad un torneo omologato.
Questo me lo ricordo bene. Era la fine di aprile del 2007 e decidemmo di andare a Castelli Calepio in Franciacorta.
In quell’occasione Dimitrije provò per la prima volta l’ebbrezza dell’agonismo da torneo, dell’adrenalina che monta, dell’angoscia di poter fare la mossa sbagliata che di colpo ti fa perdere, dell’idea improvvisa e geniale che invece ti apre orizzonti di vittoria; ma dovette subire anche l’onta della partita persa a causa del cellulare che squilla (durante una partita di torneo infatti il cellulare deve rimanere assolutamente spento).
Ricordo lo sbigottimento che s’impresse sul suo volto allorché il suo avversario, il noto Salvatore Gallitto, direttore al tempo della rivista Scacco! chiamò scompostamente a gran voce l’arbitro per denunciare l’accaduto.
Neanche avesse commesso un reato da galera! Era da poco entrata in vigore la normativa riguardante il cellulare e l’abitudine di spegnerlo non era ancora stata assimilata dai giocatori.
Da quell’esperienza Dimitrije imparò molto e si fece più guardingo.
Il suo approccio al gioco migliorò evitando per esempio di muovere impulsivamente subito dopo l’avversario, motivo per cui aveva perso numerose partite; si impose di riflettere più a lungo prima di effettuare una mossa e i risultati non mancarono.
Nel gennaio 2011, infatti, alla bella età di 73 anni riuscì a conquistare la 2a categoria nazionale! Dimitrije aveva ormai preso gusto ai tornei tanto da diventarne “dipendente”.
Ho compulsato per curiosità l’archivio della FSI (la Federazione Scacchistica Italiana): da quell’aprile del 2007 fino all’ottobre di quest’anno Dimitrije ha partecipato a ben 82 tornei, semplicemente impressionante.
Sapere che non parteciperà ad alcun altro mi lascia oltremodo sgomento.
Nel pomeriggio di oggi, 6 dicembre 2012, ho assistito alle esequie del buon Dimitrije.
Erano presenti i suoi due figli venuti dalla Serbia, amici, conoscenti, tra cui immagino anche molti pazienti del dott. Vuckovic odontoiatra.
Ovviamente non mancava una nutrita schiera di soci e amici del circolo.
L’aria era eccezionalmente tersa, il cielo d’un azzurro intenso, il freddo pungente.
Dopo che il prete ha impartito l’ultima benedizione e gli addetti hanno iniziato a scarrucolare il feretro nella fossa, una lama di sole al tramonto è sbucata all’improvviso tra croci e lapidi illuminando la scena e ferendo le pupille degli astanti.
Anziché alzare una mano a schermare gli occhi come tutti (quasi una parvenza di saluto militare), li ho alzati d’istinto verso le cime dei cipressi che una lieve brezza faceva ondeggiare.
Lì per lì ho romanticamente pensato che con il loro movimento volessero anch’essi tributare un omaggio al defunto, ma dopo un attimo ho avuto la nitida percezione che quel fremito tra le chiome altro non era se non lo spirito di Dimitrije che ringraziava tutti e mollava definitivamente gli ormeggi per inoltrarsi sullo sterminato mare dell’eternità.
In memoriam
A tutti voi che pascervi solete
sull’irreale sconfinata vaga
elìsia prateria della scacchiera,
là dove con gli occhi della mente
segrete occulte geometrie scorgete
tra colonne, traverse e diagonali,
là dove il pensiero a volte lasso
tremando si smarrisce e si rinnega,
a voi tutti mi volgo che tentate
di coniugare tattiche presunte
con nebulose strategie di gioco
con grave labbro io vi prego e impetro
che del cordoglio vi facciate metro.
Il nostro amico serbo, lo sapete
un bel tiro mancino ci ha giocato
se l’è filata, tacito, sommesso
un viaggio d’alto mare ha iniziato,
lontano, oltre l’ultimo presidio
dell’esistenza, senz’avviso alcuno
così senza un minimo commiato
un sorriso, un amicale abbraccio
che viatico gli fossero e coraggio
destassero di fronte alla Medusa
del fato, orrida maschera di bisce
che a mirarla blocca ed impietrisce.
Ora siam qui a ricordar le gesta
e gli alterni cimenti della vita
dacché Belgrado lasciò, alba città
de’ suoi natali sul Danubio sita;
ora vorremmo un’altra volta ancora
misurarci con lui sul quel quadrato,
rivedere lo spirito pugnace
lepidamente elevarsi in volo
a rallegrar quest’ora che fugace
qual barca allontànasi dal molo.
Purtroppo è tardi ed invertir non lice
la freccia temporal che avanti fugge;
conclusa la tenzone, a fin partita,
le figure del gioco nell’astuccio
risistema Colui che i fili tiene
e una ragione farsene conviene;
sceso è il sipario ormai sulla scacchiera
che tanto amavi ed il silenzio posa
caro Dimitrije in pace, ora riposa.
© Nazario Menato – Treviglio, Dicembre 2012
Nazario Menato di antico ceppo padovano, è nato, ormai qualche tempo fa, sulle verdi colline tra i laghetti del Varesotto. Come la maggior parte degli scacchisti italiani di candida canizie si appassionò agli scacchi ai tempi della tenzone Fischer-Spassky. Possiede un’intera libreria sul nobil gioco ma non ha mai letto più di una pagina dei libri comprati. Compensa con letture di storia, filosofia e quando ispirato compone cose che a lui sembrano poesie.