Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

C’è bisogno di un Campionato del mondo più semplice e più giusto

10 min read

Foto di Alexander Avilov

(Riccardo M.)
In un precedente articolo avevo accennato alla opportunità di riformare il sistema attualmente in vigore per l’assegnazione del titolo di Campione del mondo di scacchi. E’ ora che la FIDE prenda atto delle critiche giunte da più parti e che si decida a procedere rapidamente ad una coraggiosa e profonda riforma. Lo stesso Carlsen ha lasciato capire che potrebbe non difendere più il suo titolo.

Parentesi aneddotica: Gino, mio vecchio amico ex-scacchista, e sua moglie avevano prenotato una stanza di albergo a Dubai dal 12 al 16 dicembre scorso; sarebbe loro piaciuto seguire dal vivo le ultime due partite in calendario nel mondiale fra Carlsen e Nepo (e l’eventuale tie break). Quello era il programma del match. Ma l’11 dicembre il mondiale era finito. Il 12 erano già tutti a casa! Peccato per Gino! E dire che lo avevo avvisato del rischio che poteva correre …

No, in verità non ci siamo: organizzatori e pubblico debbono avere certezze sulle date degli eventi, importanti o meno che siano. Se compro i biglietti per uno spettacolo teatrale, ho diritto di vedere primo e secondo tempo e non posso accettare che gli attori se ne vadano alla fine del primo tempo perché hanno recitato più in fretta del previsto. Se compro i biglietti per una mostra programmata per l’intero mese di gennaio, non posso tollerare che il 20 di gennaio la stessa chiuda i battenti perché le opere esposte sono state richieste indietro da un museo di Parigi. …. Eccetera, eccetera. Il pubblico ha i suoi diritti (a meno che non scoppi una guerra), specialmente se pagante e specialmente se deve per tempo programmare i suoi impegni e le sue ferie. Ma lasciamo da parte gli aneddoti e parliamo un momento dell’ultimo mondiale.

Seguo i Campionati del mondo da più di mezzo secolo e, prima dello scorso dicembre, non avevo mai visto un atteggiamento, da parte di uno sfidante, così apparentemente molle e remissivo nella seconda parte di un match. La sensazione è che il russo Ian Nepomniachtchi si sentisse a Dubai quasi un po’ fuori posto, quasi appagato per aver raggiunto la finale mondiale, quasi spremuto dallo sforzo, fisico e mentale, di esserci arrivato.

Nepomniachtchi è considerato un fortissimo grande maestro, e infatti nella prima metà del match il suo gioco è stato al livello di quello di Magnus Carlsen. Nepo è anche una persona sicuramente perbene, normalissima, molto sportiva e disponibile: ho apprezzato il suo comportamento al termine dell’ultima partita del match con Carlsen, un comportamento misurato e garbato; ma di sicuro Fischer o Kasparov avrebbero avuto una reazione diversa, più genuina e non certo di sollievo e di moderato dispiacere per una simile conclusione prematura. Gli scacchi sono anzitutto uno sport, è vero, ma sono anche duro impegno e lotta. Ebbene, a Dubai 2021 è mancata, da un certo momento in poi del match, la lotta, e il calo di concentrazione da parte del russo è stato evidente. Ma ciò è comprensibile in quanto oggi, assai più di un tempo, l’esasperazione della preparazione ad altissimo livello, sia tecnica sia fisica, può far sì che facilmente un piccolo calo si trasformi in poche ore in un crollo. E il “match individuale” non fa che accentuare decisamente quest’ultimo aspetto.

Mi pare interessante e appropriata, a proposito di Nepo e di crolli, la seguente osservazione del nostro Uberto: “Nepo non ha la solidità psicologica che serve, nei match in particolare ma anche nei tornei di altissimo livello. In carriera non ha mai vinto un torneo lungo (tranne due campionati russi, ma giocare solo con connazionali è una cosa diversa, mentre il FIDE Grand Prix che vinse a maggio 2019 fu un torneo ‘knock out’) e anche la vittoria nel Torneo dei Candidati è da molti ritenuta frutto del fatto che il torneo si è forzatamente giocato in due parti da 7 turni: in entrambe le metà lui perse la settima partita, quindi evitando il possibile impatto psicologico di una sconfitta che a Dubai e in altre occasioni lo ha distrutto”.

E allora facciamola finita una buona volta con questi fintamente ‘epici’ matches mondiali, che di epico hanno ben poco (a parte lo Spassky-Fischer del ’72) e la cui buona riuscita è legata alla speranza che uno dei due contendenti non abbia un crollo psicologico a metà match o che a uno dei due non sopraggiunga un mal di schiena dopo un paio di partite! Basta! E non dimentichiamo poi il match mondiale del 1935 in Olanda, quello vinto sorprendentemente dal giocatore di casa Max Euwe su Alekhine, del quale qualche testimonianza ricorda come il campione russo durante il match avesse “alzato il gomito” un po’ troppo spesso. Così può accadere che il vero vincitore di un match mondiale possa essere non un novello Gioacchino Greco bensì (!) un … Greco di Tufo o un Grechetto Bianco!

Gli scacchi, cari lettori, hanno “assolutamente bisogno di un mondiale ben diverso dagli ultimi tre!” Eh, già, questo era il titolo di un mio post uscito lo scorso dicembre, eccolo:

Gli scacchi hanno bisogno di un mondiale ben diverso dagli ultimi tre

Riprendo anzitutto dal post, che in realtà toccava svariati temi diversi fra loro, alcune mie parole: “noi dobbiamo staccarci dalla convinzione che il Campione del Mondo di scacchi (o in altri sport) debba essere per forza il giocatore più forte del mondo e che pertanto debba emergere da uno scontro titanico fra il difensore del titolo, cioè il Campione del mondo in carica, ed uno sfidante che sia uscito da una articolata e talvolta poco chiara fase eliminatoria”.

Il Campionato del mondo dev’essere una competizione costruita con regole semplici, strutturato su pochissimi e ben individuati tornei, con classifiche immediatamente leggibili anche da parte di un profano, senza punteggi che si sommino o si scartino fra un torneo e l’altro. Dev’essere poi una competizione che non si protragga troppo nel tempo. Andate a spiegare oggi ad un profano come si sta articolando il sistema di qualificazione attuale per arrivare alla prossima sfida mondiale, andateci! Cosa ci capirebbe il poveretto? Cosa volete che ci capisca se c’è già qualcuno (Radjabov) che è qualificato alla prossima fase finale addirittura dal lontano 2019? Vabbeh… il Covid o altro, sì, ma non solo …

Quanto ci vuole oggi per districarsi fra le partecipazioni e le classifiche dei vari tornei FIDE Word Cup, FIDE Grand Swiss, a loro volta articolati in curiosi gironi di qualificazione e poi in match ad eliminazione diretta, non so se in knock out e tie break, e il tutto soltanto per accedere ad un Torneo dei Candidati? Tra gli altri antipatici aspetti, le sopracitate gare finiscono (pur senza sollevare enorme interesse) per mettere in ombra le tradizionali storiche manifestazioni annuali, già in crisi causa COVID e delle quali potrebbero così favorire l’estinzione definitiva. Sarebbe un peccato, anzi una follia!

A prender parte a tutta questa lunga serie di tornei FIDE (fonte di entrate per la FIDE …) sono, tra l’altro, sempre i migliori giocatori al mondo, sicché risultano sminuiti tutti gli altri tornei internazionali, con la conseguenza che parecchie Federazioni nazionali rischiano di rimanere per anni senza grandi maestri a rappresentarle ai massimi livelli, con i loro giocatori ad accontentarsi di competizioni forzatamente minori alle quali s’interesserà soltanto una ristretta cerchia di appassionati. E il movimento scacchistico di intere nazioni ne risentirà gravemente.

Io vorrei proporre per il Campionato del Mondo un sistema più semplice e più giusto.

Voi mi direte: “cosa intendi per giusto?” Beh, voi ritenete ‘giusto’ che il campione del mondo se ne stia comodo per anni nel suo salotto a riposare o a studiare il gioco di tutti i possibili sfidanti e poi del suo sfidante? Oppure, al contrario, ad esaurirsi nell’attesa? Io no. E’ forse giusto che tutti i candidati debbano utilizzare tutte le loro armi per arrivare alla finale mondiale mentre il campione si tiene le sue armi segrete ben nascoste nel cassetto? No, non è giusto. Ma neppure è detto che quella del “campione in attesa dello sfidante” sia sempre una posizione di vantaggio, dal momento che il campione, in specie dopo due o tre difese del titolo, potrebbe sentirsi meno motivato di un agguerrito sfidante.

E poi mi direte: “cosa intendi per semplice?” Semplice! Intendo a tutti i costi che si faccia a meno di un’impalcatura complicata e tanto a lungo dispiegata nel tempo cosicché soltanto gli addetti ai lavori sono in grado di capire al volo tutto ciò che c’è da capire.

Nel mio precedente post avevo per somme linee delineato un generico esempio di articolazione di un mondiale. Era solo un esempio, uno dei tanti che potrebbero venire alla mente. Oggi presento un po’ meglio quella che è la mia personale e più precisa proposta:

Servirebbe tornare anzitutto a qualcosa di simile ai vecchi tornei zonali e interzonali, quelli che si giocavano un tempo e che diedero buona prova, lasciando una scia di interesse assai diffusa nel mondo. Una serie di tornei zonali in varie località del mondo e poi i qualificati dagli zonali a sfidarsi in 2 tornei interzonali (con 16 o 18 giocatori ciascuno) con girone all’italiana. E poi basta, e poi stop, e poi si passa direttamente alla Finale mondiale. I primi 2 arrivati ai 2 interzonali si qualificano per questa finale del Campionato del mondo, che dovrà essere un’unica e definitiva competizione con 8 partecipanti. Dunque: 2+2 dagli interzonali. Quindi siamo a 4. Gli altri 4 saranno: il campione del mondo in carica, il vice campione del mondo e, fra tutti i rimanenti, i 2 giocatori che alla fine degli interzonali godranno del punteggio Elo più alto fra i non ancora qualificati. Semplicissimo.

Niente torneo dei Candidati e niente match conclusivo col campione in carica! Finale del Campionato del mondo ad 8 giocatori: ognuno incontra 2 volte gli altri 7, una partita col bianco ed una col Nero, quindi doppio girone all’italiana; 14 turni in tutto, 14 giornate di gioco sicure e fissate per tempo, al termine delle quali la classifica finale deve determinare senza ombra di dubbio e senza code il nuovo Campione del mondo (e magari senza spareggi-lotteria ad allungare il brodo, basterà accordarsi su un sistema che individui i criteri per classificare eventuali “pari merito”).

Gli zonali possono ad esempio giocarsi fra gennaio e febbraio, i due interzonali fra maggio e giugno, la finale mondiale a settembre. Il campionato del mondo potrebbe tranquillamente svolgersi ogni due anni, se non addirittura ogni anno. Non dimentichiamo che nella maggior parte degli sport il mondiale si svolge ogni anno, che ogni anno esiste il Campione del mondo di quello specifico anno, che ogni anno si disputa il Campionato di calcio, che ogni anno si corre il mondiale di ciclismo, eccetera … . E ciò è perfettamente normale perché soltanto così ogni anno ci sarà un momento in cui l’interesse degli appassionati di uno sport può raggiungere con certezza il suo apice.

Mi piace aggiungere che in una certa misura ritengo un po’ anomalo considerare un Petrosjan ‘Campione del mondo’ negli anni 1967 e ’68 o un Karpov negli anni 1975, ’76 e ’77 o un Kramnik nel 2001, ’02 e ’03, dal momento che in quegli anni quei tre nominativi non hanno disputato nessuna partita valida per il titolo mondiale. Per non parlare di Capablanca, che se ne stava per i fatti suoi, campione dal 1922 al 1926 senza giocare (aveva preso brava lezione da Lasker!).

Questo, invece, che io qui propongo, sì che sarebbe un mondiale semplice, giusto, rapido, coinvolgente, chiaro e interessante, interessante anche per chi si sta avvicinando agli scacchi per la prima volta nella sua vita!

Ancora, una semplice osservazione: a mio parere è assai più giusto che si alzi il trofeo di Campione del mondo dopo un confronto diretto con numerosi giocatori dai diversi stili, come avverrebbe in una finale mondiale “all’italiana”, piuttosto che dopo un match individuale sul quale può avere un peso determinante il crollo psicologico di uno dei due contendenti o un paio di bicchieri di vino in più alzati da uno dei due contendenti.

Una finale ad 8 con girone all’italiana (o qualcosa di simile) avrebbe infine il merito di scongiurare il verificarsi di una eventualità che, specie in tempi di grandi tensioni internazionali come questi, è sempre da tener presente in un match fra campione e sfidante, ovvero che per qualche motivo (personale o politico) sopraggiunga all’ultimo momento il forfait di uno dei due.

Magnus Carlsen dopo la vittoria nel recente match contro Nepomniachtchi (Foto di Niki Riga)

A detestare l’attuale format del mondiale, io non sono fortunatamente il solo, anzi sono nella migliore delle compagnie, ovvero quella del migliore giocatore italiano di tutti i tempi, Sergio Mariotti, e quella dello stesso attuale campione del mondo Magnus Carlsen, come può leggersi in questo recente articolo: “Magnus Carlsen Hates the World Chess Championship Format, Apparently”.

Insomma, anche per Carlsen il sistema oggi in vigore è sbilanciato in favore del campione in carica, mentre lo sfidante deve sottoporsi ad un logorante tour de force. E anche Carlsen auspica un Campionato del mondo con cadenza annuale. E anche Carlsen sostiene giustamente che il vero numero uno al mondo è il numero uno delle classifiche Elo, non altri. Bene!

FIDE, su, diamoci una mossa! Serve una mossa sola, ispirata alla semplicità, non occorrono mille varianti e sottovarianti. Sì, c’è davvero bisogno di un Campionato del Mondo più semplice e più giusto!


n.b.: l’immagine sotto il titolo è di Alexander Avilov


(Riccardo Moneta per “UnoScacchista”) Copyright/tutti i diritti riservati

About Author

1 thought on “C’è bisogno di un Campionato del mondo più semplice e più giusto

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Scopri di più da Uno Scacchista

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continue reading