San Bernardino da Siena e i ‘bruciamenti di vanità’
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Particolare dell'affresco centrale della cappella di San Bernardino da Siena, basilica di Santa Maria in Ara Coeli a Roma
(Roberto C.)
Il 20 maggio si ricorda San Bernardino da Siena, al secolo Bernardino degli Albizzeschi (Massa Marittima, 8 settembre 1380 – L’Aquila, 20 maggio 1444).
E’ stato un francescano e teologo italiano, appartenente all’Ordine dei frati minori, proclamato santo nel 1450 da papa Niccolò V, appena sei anni dopo la morte.
Vediamo perché ha interessato gli scacchisti del suo tempo e forse interessare anche quelli di oggi, magari anche per turismo o per una particolare caccia al tesoro scacchistico nella basilica di Santa Maria dell’Ara Coeli di Roma.
Partiamo dalla tesi di laurea del 2015 di Mauro Azzolini [1] nella quale viene fornita una convincente motivazione perché due testi scacchistici con la medesima composizione poetica di 98 versi hanno titoli completamente differenti, ci riferiamo al Versus de scachis del codex 365 e al De aleae ratione del codex 319.

(http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/sbe/0319)
“… può essere però tranquillamente spiegato se considerato come prodotto della convergenza tra l’uso abbastanza diffuso del termine latino «alea» come sinonimo di “scacchi” e la necessità di dotare il frammento di un titolo che garantisse la continuità con la sezione che lo precedeva nel manoscritto”, in questo caso intitolata, appunto, De ratione abaci.
Sempre dalla stessa tesi: “all’inizio dei trattati arabi sugli scacchi troviamo spesso una introduzione a mo’ di questione preliminare o prooemium galateum in difesa della liceità degli scacchi”[2] nella quale viene anche specificato che nelle prime dieci righe del Versus gli scacchi vengono elogiati per essere un gioco che non ha bisogno dell’utilizzo dei dadi e nemmeno di fare scommesse mostrando, altresì, “la preoccupazione di delineare i tratti di un gioco quanto più lontano possibile dai rischi di corruzione dell’anima denunciati dalle autorità ecclesiastiche. Gli scacchi conosciuti dall’autore sono, dunque, già estranei all’uso dei dadi, di cui comunque questa excusatio iniziale rappresenta una testimonianza indiretta.”[3], proprio per cercare di evitare il più possibile l’opposizione religiosa ai giochi d’azzardo che erano considerati tra l’altro strumenti del demonio.
Ricorderete certamente la famosa lettera del 1061 scritta dall’allora cardinale di Ostia Pier Damiani inviata al papa Alessandro II con la quale riuscì ad ottenere la loro messa al bando?
Ebbene “da quel momento gli scacchi non ebbero vita facile con la Chiesa e le scomuniche, Concilio dopo Concilio, arrivarono almeno fino alla fine del Quattrocento con i bruciamenti di vanità di san Bernardino a Siena e Perugia (1425-6) e di Girolamo Savonarola a Firenze (1496-7).”[4]

L’affresco del 1485 si trova nella basilica di Santa Maria in Ara Coeli nel centro storico di Roma. Il suo nome originario era Santa Maria in Capitolio perché sorge sul Campidoglio, uno dei sette colli su cui venne fondata Roma.

La lunga scalinata, costruita nel 1348 per celebrare la fine dell’epidemia della peste, è composta da 124 ripidi gradini di marmo che conducono all’ingresso principale; una volta all’interno cercate la cappella realizzata nel 1485 da Bernardino di Betto, detto il Pinturicchio; essa è dedicata a San Bernardino da Siena, che nel 1425 a Perugia esortò le donne a bruciare nella pubblica piazza «li capelli posticci e balzi da scuffie e tutti i loro concimi» e gli uomini «dadi, carte, tavolieri, scacchi e simili cose» e che a Siena, nell’anno successivo, radunava folle con violente prediche contro le vanità (lusso femminile, giuoco, usura, avidità delle ricchezze, ecc.) invitandole alla consegna di oggetti vari per i suoi ‘bruciamenti’, dei veri e propri pubblici falò, come raffigurato nell’affresco centrale.
Ai divieti ribaditi nei vari concili si aggiunsero le prediche infuocate di San Bernardino che in più occasioni invitò a bruciare pubblicamente “li capelli posticci e balzi da scuffie e tutti i loro concimi”.[5]
Un giorno San Bernardino da Siena, in piazza del Campo, fece erigere un castello di legname dove furono portati <più di quattrocento carichi di tavolieri, carte, dadi, capelli, scacchieri,…> e a fine sera ogni cosa fu arsa.
In un’altra occasione affermò pubblicamente che uno dei suoi frati bruciò «duomila settecento tavolieri in uno di’ a Barzelona, che v’erano di molti che erano d’avorio, e anche molti scachieri».
Poi, col tempo, le cose cambiarono…
Perché – nonostante i divieti – sia il popolo che l’aristocrazia continuarono a giocarci, per via della possibilità di scommettere delle somme di denaro e anche per passatempo, come attesta, già tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo, la legislazione statutaria di numerosi comuni piemontesi (Fossano, Cuneo, Bra, Chivasso, Ivrea, Vercelli, ecc.) dove gli scacchi rientravano ‘generalmente tra le attività ludiche consentite’, seppur con delle limitazioni, tipo quella che ‘le partite dovevano avvenire in luoghi pubblici, onde evitare il pericolo dell’azzardo, dal quale gli scacchi non erano esenti’.[6]
E infine, perché in seguito altri religiosi ne scrissero in termini assai migliorativi, riabilitando il gioco…

https://it.wikipedia.org/wiki/Teresa_d%27%C3%81vila#/media/File:Teresa_of_Avila_dsc01644.jpg
Santa Teresa di Gesù in un dipinto di Pieter Paul Rubens
Di David Monniaux – Opera propria, CC BY-SA 3.0
Santa Teresa d’Avila, nel suo capolavoro di spiritualità ‘Cammino di perfezione’, scritto tra il 1564 e il 1566: “Credetemi, colui che giocando a scacchi non sa dispor bene i pezzi, giuocherà molto male: se non sa fare scacco, non farà neppure scacco matto… Voi certo mi biasimerete nel sentirmi parlare di giochi… Dicono che qualche volta gli scacchi sono permessi; a magior ragione sarà permesso a noi di usarne ora la tattica. Anzi, se l’usassimo spesso non tarderemmo a fare scacco matto al Re divino… A scacchi la guerra più accanita il re deve subirla dalla regina, benché vi concorrano da parte loro anche gli altri pezzi. Orbene non vi è regina che più obblighi alla resa il Re del cielo quanto l’umiltà”.

Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=113139
San Francesco di Sales, proclamato santo nel 1665 da papa Alessandro VII, nel capitolo XXXI ‘Passatempi e divertimenti e, in primo luogo, quelli leciti e lodevoli’ nel suo ‘Introduzione alla vita devota’ del 1608: “I giochi nei quali la vittoria premia e ricompensa la destrezza e l’inventiva del corpo e dello spirito, come il gioco della pallacorda, della palla, della pallamaglio, il gioco della giostra, gli scacchi e altri giochi da tavolino, di natura loro, sono divertimenti buoni e onesti.
Bisogna guardarsi soltanto dagli eccessi, sia per il tempo che vi si spende, sia per il denaro che vi si impegna; se tu vi consacri troppo tempo, diventa un’occupazione, non più un divertimento: non ne traggono giovamento né lo spirito, né il corpo, anzi alla fine ti troverai stordito e stanco.
Dopo che hai giocato cinque o sei ore agli scacchi, ti trovi stanco morto e vuoto nello spirito; se giochi a lungo a pallacorda, non ti diverti, ma ti ammazzi di fatica. Se poi la posta, ossia ciò che si mette in palio, è troppo alta, si altera la serenità dei giocatori. Inoltre, mi sembra un’ingiustizia mettere grossi premi per la destrezza e l’inventiva in cose di così poca importanza, anzi, direi di nessuna utilità, come il gioco.”
Solo successivamente a questi scritti e grazie anche all’influsso di papa Leone X, Giovanni dè Medici, grande appassionato di scacchi, che negli otto anni del suo pontificato protesse il gioco favorendone la diffusione anche nel mondo ecclesiale, la “condanna” al gioco degli scacchi fu definitivamente tolta nel 1609 da Papa Paolo V (Camillo Borghese).
Tra l’altro Teresa d’Avila, proclamata santa da papa Gregorio XV nel 1622, dopo circa tre secoli, il 14 ottobre 1944, il vescovo di Madrid la proclamò “Patrona degli scacchisti di tutto il mondo”.
Proprio una santa donna e un sant’uomo, ma oggi si festeggia San Bernardino!
[1] AZZOLINI M., Engreban d’Arras, Li jus des esqies. Edizione, studio linguistico e commento del testo, Tesi di Laurea, Padova 2015
[2] Padre Félix M. Pareja Casañas, La fase araba del gioco degli scacchi, estratto da Oriente Moderno, Anno XXXIII, n.10, Roma, Istituto per l’Oriente, 1953, pp. 407-429
[3] AZZOLINI M., Op. cit. p.88.
[4] CASSANO R., LEONCINI M.: L’ITALIA a SCACCHI – Guida turistica ai luoghi degli scacchi, Le Due Torri, Bologna, 2014, pp.56-57.
[5] LEONCINI M., SCACCHI DA LEGGERE, Antologia di scritti a contenuto scacchistico, Selezione 1984-2007, p.67
[6] RAO R., Scacchi e società nel Piemonte medievale nel testo di nota 7, edito dal Centro Studi storico-etnografici, Museo storico-etnografico “A. Doro”, Rocca de’ Baldi, 2005, pp.147-161.