Scaccobollo – 1972: Pier Damiani e la diabolica forchetta
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(Roberto C.)
Chi era Pier Damiani? Il vescovo di Ostia che nel 1061 scrisse quella famosa lettera al papa Alessandro II (Anselmo da Baggio) per denunciare il vescovo di Firenze che, giocando a scacchi l’intera notte, trascurò completamente i propri doveri religiosi…
Perché questa sua lettera è famosa? Perché Pier Damiani si scagliò violentemente contro il gioco degli scacchi definendolo “disonesto, assurdo e libidinoso” ottenendone la messa al bando, insieme ai dadi ed al gioco d’azzardo…
Gli scacchi si sa non ebbero vita facile con la Chiesa cattolica ma, nonostante i divieti, sia il popolo che l’aristocrazia continuarono a giocarci di nascosto, per la possibilità di scommettere del denaro e anche per passatempo.
Anche se già tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo negli statuti di numerosi comuni piemontesi gli scacchi rientravano ‘generalmente tra le attività ludiche consentite’, seppur con alcune limitazioni come quella che ‘le partite dovevano avvenire in luoghi pubblici, onde evitare il pericolo dell’azzardo, dal quale gli scacchi non erano esenti’ [1], i divieti andarono avanti per lungo tempo, almeno fino all’arrivo di papa Leone X (Giovanni di Lorenzo de’ Medici, Firenze, 11 dicembre 1475 – Roma, 1º dicembre 1521).
Un paio di esempi significativi su tutti gli altri, i cosiddetti bruciamenti di vanità di San Bernardino a Siena e Perugia 1425-1426 e di Girolamo Savonarola a Firenze (1496-1497).
Ma cosa c’entra un papa col nostro gioco preferito? C’entra davvero tanto perché fu lui stesso un grande appassionato degli scacchi al punto che, negli otto anni del suo pontificato, dal 1513 al 1521, protesse il gioco favorendone la diffusione anche nel mondo ecclesiale…
Quando finì la messa al bando? Venne abrogata definitivamente nel 1609 da un altro papa, Paolo V (Camillo Borghese), anche grazie alle parole di una santa donna e di un sant’uomo, S. Teresa d’Avila e San Francesco di Sales, che scrissero in suo favore assegnando agli scacchi un valore morale e mistico.
Torniamo brevemente al nostro Pier Damiani (Ravenna, 1007 – Faenza, febbraio 1072). Nacque da una famiglia estremamente povera, tanto che la madre, in un primo momento, l’abbandonò. Fu monaco, cardinale e dottore della Chiesa.

Le poste italiane il 30 settembre 1972 emisero un valore dentellato policromo da 50 L. (Lire italiane), nel 9° centenario della sua morte, in ricordo della ‘rinuncia di san Pier Damiani del cappello cardinalizio’. Raffigura due monaci, uno vicino ad una chiesa, l’altro nei pressi di una grotta, in un paesaggio montano alberato ed innevato.
Ma cosa c’entra Pier Damiani con la forchetta? Attenzione però, non è quella degli scacchi (l’attacco contemporaneo a due pezzi avversari), ma proprio la posata da tavola, tanto per intenderci quella per… avvolgere gli spaghetti.
E si, perché la notizia dell’uso della forchetta personale da tavola pare sia dovuta proprio a San Pier Damiani che, non fu l’unico, a giudicare questo oggetto come un diabolico strumento che, chissà perché, nell’immaginario cristiano era usata dal Diavolo.
Damiani nella sua opera “De institutione monialis” descrisse in modo scandalizzato il comportamento di Teodora nel giorno del matrimonio: “Non toccava le pietanze con le mani ma si faceva tagliare il cibo in piccolissimi pezzi dagli eunuchi. Poi li assaggiava appena, portandoli alla bocca con forchette d’oro a due rebbi” [2].
Secondo alcune fonti Damiani lanciò le sue invettive contro Teodora (“la greca, figlia dell’imperatore Costantino” e moglie del doge Domenico Selvo) ed il suo lusso ostentato con l’obiettivo moralistico di salvare i cristiani d’Occidente dagli usi decadenti dell’Oriente. E quando Teodora morì improvvisamente di una terribile malattia (forse a causa della peste), Pier Damiani la considerò una giusta punizione divina per tali peccati [3].

“Le prime attestazioni iconografiche della forchetta risalgono al tempo dell’invettiva di San Pier Damiani; in una miniatura dell’XI secolo del Codice delle leggi longobarde re Rotari impugna una forchetta” [4].
“Alla fin fine, il pregiudizio sulla forchetta è morto da poco tempo, se si considera che fino al 1897, ai marinai della Royal Navy di Sua Maestà britannica, insieme all’uso dei coltelli, veniva proibito anche quello delle forchette, ritenute pregiudizievoli alla disciplina e al comportamento virile” [5].
La forchetta però resistette ed oggi nessuno la denigra più o la vieta. Come gli scacchi. O quasi.
(Qui la rubrica precedente e qui tutti gli articoli di questa rubrica)
[1] RAO, R., Scacchi e società nel Piemonte medievale, in Giochi e giocattoli nel medioevo piemontese e ligure, pp. 147-151, a cura di Comba R. e Rao R., Soc. Studi Stor. Archeologici, 2005, p. 146-161
[2] Federico Fioravanti, La diabolica forchetta, su festivaldelmedioevo.it.
[3] Storia di una principessa e della sua forchetta, su rievocazioni.net.
[4] “Il pasto”, miniatura dal “De Universo” di Rabano Mauro, Montecassino, X-XI-sec.
[5] “Il pasto”, op. cit.
[Come è consuetudine si cercherà di seguire cronologicamente, senza avere la pretesa di essere esaustivi, quanto scritto sulle maggiori riviste scacchistiche italiane da vari autori (Ariodante Agostinucci, Oscar Bonivento, Giuseppe Scoleri Cardelli, ecc.); a tutto ciò si aggiungeranno informazioni dai vari cataloghi italiani ed esteri e anche dal web, facendo largo utilizzo delle immagini cortesemente rese disponibili da Roberto Cardani titolare del gruppo Facebook ‘Filatelia e Scacchi’.]