Ma perché adesso tutti mettono a confronto le generazioni di scacchisti?
7 min read
Campioni del Mondo di quattro generazioni
(Uberto Delprato)
Negli ultimi giorni è nata una nuova moda tra gli intervistatori: chiedere ai GM di turno un parere sulle “generazioni” di scacchisti: quella attuale, quelle passate e la futura. Con la dovuta premessa che il termine “generazione” è abbastanza vago, le risposte sono state di un certo interesse ma, è chiaro, assolutamente soggettive. Iniziando da Carlsen, ne hanno parlato Caruana, Kramnik, Jussupov e anche Nihal Sarin. Vediamo assieme cosa hanno detto e su cosa hanno basato le loro riflessioni (spoiler: il ruolo dei motori scacchistici è rilevante), fino a risentire cosa disse a tal proposito Garry Kasparov tre anni fa.
Subito dopo la vittoria nella FIDE World Cup 2023, Magnus Carlsen ha risposto così ad una domanda del GM Peter Leko, uno dei commentatori dell’evento per Chess24(dot)com, su cosa pensasse della forza di gioco dei ragazzi che ha dovuto affrontare, in particolare Keymer, Gukesh e Praggnanandhaa:
In sintesi, oltre a confermare la forza di gioco, la capacità di calcolo e anche la forza mentale in particolare di Gukesh, Praggnanandhaa e Abdusattorov (con Keymer ed altri leggermente sotto), Carlsen ha citato il concetto di “generazione” di scacchisti. Lo ha fatto definendo il gruppo che ha dominato la scena negli ultimi anni come quello di nati tra il 1990 e il 1994: una rapida verifica fa identificare Carlsen, Karjakin, Caruana, Nepomniachtchi, Vachier-Lagrave, Ding Liren, Wesley So e Giri tra i principali esponenti di questo gruppo.
Ebbene, secondo Carlsen il gruppo di giovani nato dal 2003 in poi (Firouzja, Erigaisi, Abdusattorov, Keymer, Praggnanandhaa e Gukesh come nomi principali al momento) è ormai pronto a subentrare in vetta alle classifiche, ai tornei e al titolo mondiale. “Gli scacchi sono in buone mani con questi ragazzi e il momento dell’inizio della loro supremazia potrebbe essere molto vicino.”
Sono sicuro che gli altri “ragazzi degli anni ’90” non saranno completamente d’accordo con Carlsen, ormai disinteressato per sua stessa ammissione agli scacchi a cadenza classica, e vorranno rimanere in vetta per molti altri anni, ma è certo che i “ragazzi del 2000” stanno portando alla ribalta un modo di giocare diverso e molto efficace.
A partire da queste parole di Carlsen e facendo sempre riferimento a questo concetto di generazione come un gruppo di giocatori nati in un quinquennio, Milan Dinic (addetto stampa della FIDE al “FIDE World Rapid Team Championship” di pochi giorni fa) ha chiesto un parere a quattro esponenti delle generazioni appartenenti agli anni ’90 (Caruana), agli anni ’70 (Kramnik), agli anni ’60 (Jussupov) e agli anni ’00 (Sarin).
Secondo Fabiano Caruana, la sua generazione è “probabilmente la più forte di sempre” ed elenca quanti suoi esponenti hanno giocato match per il titolo mondiale. Non sono sicuro che questo sia un metro corretto per misurare la forza di un gruppo di giocatori, dato che in altre fasi storiche le occasioni per arrivare a quei match erano praticamente nulle (come ad esempio il periodo dei match infiniti Karpov-Kasparov o il lungo periodo senza match dopo che Kramnik divenne campione). In ogni caso, Firouzja e Praggnanandhaa sono per Fabiano i giocatori più forti tra i giovani.
Interessante la sua risposta alla domanda sulle differenze tra la sua generazione e quella odierna.
La sua opinione è che quando lui e i suoi colleghi della stessa generazione hanno cominciato a giocare seriamente, i computer non erano ancora forti abbastanza per aiutare veramente (“La Siciliana era valutata come una cattiva apertura dai motori“), mentre adesso il computer praticamente dice “la verità” su ogni posizione. “E’ possibile che alcune delle capacità che noi abbiamo siano difficili da acquisire per i giovani. Noi siamo la generazione di mezzo tra gli “Engineers” (NdT: i giocatori che hanno imparato a giocare con gli engines) e i pre-Engineers. Abbiamo le qualità di entrambi.”
Più elaborato il ragionamento di Vladimir Kramnik.
Secondo Big Vlad, i giocatori più giovani sanno calcolare bene e sono molto concreti, commettono pochi errori non forzati (“sbagliano molto meno di quanto facevano i giocatori della mia generazione“) e si difendono molto meglio. Dice anche che gli scacchi di alto livello di oggi sono diversi da quelli di qualche anno fa: né migliori né peggiori, solamente diversi.
Continuando ad elaborare il concetto su come l’uso dei computer possa far perdere fantasia e creatività ai giovani giocatori, Kramnik osserva che la base di studio dei suoi tempi era strategica, mentre oggi la base è principalmente tattica, essendo sviluppata con i motori. Si tratta di un approccio differente, tanto che, secondo lui, nelle partite a carattere strategico i giovani “hanno ancora qualcosa da imparare dalla mia generazione, mentre la loro capacità di calcolo è nettamente superiore anche rispetto ai migliori dei miei tempi, Kasparov incluso“.
Interessanti le osservazioni di Artur Jussupov, un grande degli scacchi, oggi trainer in Germania.
Pur riconoscendo che la sua generazione, specialmente con Kasparov, era sicuramente buona, non può non citare quelli che definisce i “giganti” della generazione precedente come Geller, Tal, Spassky e Korchnoi. E se la generazione attuale è anche fortissima, dice di apprezzare molto gli scacchi “moderni” (NdA: qualunque cosa voglia dire il termine “moderno”, ovviamente; probabilmente più adatto “odierni”) e i giocatori giovani: “Si vedono giocatori fantastici venire dall’India e anche giocatori come Vincent Keymer dalla Germania, giocatori da altre nazioni… tutti giocano scacchi molto combattivi e interessanti. Questa potrebbe essere la miglior generazione che abbiamo mai avuto.”
Andando avanti con l’intervista, Jussupov dirà anche di ritenere che i miglioramenti negli scacchi sono ancora possibili e che i computer, fonte importante di idee e possibili novità, non hanno ancora fatto raggiungere ai nuovi giocatori il massimo della forza.
Di poche parole Nihal Sarin che, dopo aver affermato che probabilmente i giocatori degli anni ’90-’95 sono i giocatori più forti di sempre, dice di ritenere che, grazie ai miglioramenti dei computer, i giovani di oggi abbiano una qualità di gioco superiore. Inoltre, pur riconoscendo che il modo di studiare in gruppo degli anni passati sia oggi inapplicabile perché il motore dà subito un giudizio inappellabile, è conscio del fatto che sia ancora fondamentale l’aspetto umano nello studio pratico perché “il computer non capisce cosa è più difficile da affrontare in partita per un giocatore umano“. Su questa riflessione, posso suggerire di rileggere “Wesley So: “Inutile guardare alle valutazioni del computer, sono inumane!””
Difficile tirare le somme di tutte queste opinioni, perchè, in realtà, la domanda su quale sia, sia stata o sarà la migliore generazione (ovvero il migliore scacchista) è mal posta. Semplicemente non è possibile paragonare giocatori che si sviluppano e giocano in contesti sociali e tecnologici differenti e con conoscenze di base diverse. Lo espresse bene Kasparov in un podcast con Lex Fridman andato in onda tre anni fa.
Rispondendo alla classica domanda su chi fosse stato il miglior giocatore di tutti i tempi, Garry spiegò chiaramente come sia impossibile comparare giocatori che hanno potuto sviluppare il proprio talento a partire da una conoscenza di base inevitabilmente più ampia e frutto del lavoro dei campioni degli anni precedenti (il concetto del “costruire sulle spalle dei giganti“). Il breve passaggio che riporto si adatta bene anche al confronto tra generazioni.
Proprio a casua della natura progressiva della conoscenza negli scacchi, “ogni generazione conosce il gioco meglio di quella precedente. I giocatori migliori del passato, Lasker, Capablanca, Alekhine, non sapevano praticamente nulla degli scacchi secondo il metro di oggi e qualunque ragazzino con un computer e un po’ di tempo a disposizione può imparare rapidamente più di quanto sapevano loro. E questa conoscenza deriva proprio da ciò che questi grandi campioni hanno scoperto durante la loro carriera.”
Se aggiungiamo a questa considerazione la limitazione della memoria storica di ognuno di noi, ecco che la generazione attuale (ovvero la propria) è migliore di quella precedente (l’unica della quale si ha memoria diretta) e quindi è “la migliore di sempre“. Il fattore orgoglio, poi, porta ad affermare che “la generazione futura potrà forse anche essere più brava grazie dalla tecnologia, ma non potrà avere le stesse qualità“. E ciò funziona dal più alto livello mondiale fino al circolo che frequentiamo!
Questo meccanismo psicologico credo si applichi e sia stato applicato sempre nella storia del gioco, dove il progresso, in forma di migliori condizioni di vita che consentivano una migliore forma fisica o concentrazione sul gioco, migliori mezzi di trasporto che consentivano maggiori occasioni di confronto e crescita, migliori mezzi di comunicazione per accedere alle informazioni, maggiore disponibilità di contenuti prima in forma stampata e poi digitale, maggiori strumenti per catalogare e analizzare posizioni (cartacei o con database) e infine computer per analizzare anche da soli al livello di un team di campioni, ha creato le condizioni per un continuo miglioramento quasi indipendentemente dal valore dei singoli (che invece riguarda la discussione della “genialità”, tema diverso e affrontato, in parte, da Sergio Mariotti qualche giorno fa [“Carlsen è forse il più forte di tutti i tempi, ma i geni sono stati altri“]).
Tutto ciò non fa altro che rendere i confronti generazionali quello che sono: un gradevole passatempo e un esercizio di dialettica… ma niente di più. Se ne può parlare in maniera esclusivamente soggettiva, senza dimenticare però che ogni generazione sarà migliore di quella precedente (almeno fino a quando il limite non diventerà la pura memorizzazione). L’unica differenza potrà essere la capacità di competere in maniera più efficiente per forma fisica, agonismo, capacità di focalizzazione, motivazione, stabilità mentale e resilienza.
Insomma, probabilmente le qualità da possedere per primeggiare saranno sempre meno quelle prettamente tecniche e sempre più quelle sportive, come Carlsen, in aggiunta alla sue indubbie qualità che lo rendono un primus inter pares nella sua generazione, sembra aver dimostrato in questi anni di dominio della scena scacchistica mondiale. Nel frattempo, il confronto tra giocatori di diverse epoche e diverse generazioni rimarrà sempre un piacevole argomento di discussione, ma nulla di più. Parere di UnoScacchista, ovviamente.
perche’ ce lo chiediamo? perche’ amiamo il nostro gioco… siamo in un’altra era scacchistica, ce ne sono state altre, dal romanticismo al classico e poi la scuola dinamica iperdinamica e via dicendo, ora avvertiamo che siamo nel bel mezzo di un cambiamento profondo con l’era dei computer e della AI, quindi ci fermiamo a riflettere su come cambia il gioco, com’era prima e come diventerà, meglio peggio piu bello o piu brutto e ognuno perplesso osserva e vuole sentire il parere dei big….e si arriva a chiedere chi è stato il piu’ forte ma ovviamente occorre dividere nei tempi di come si giocava prima e oggi e magari è giusto dire come ha detto kramnik che prima si era piu’ forti per certi aspetti e oggi per altri…