Ján Plachetka, primo Grande Maestro slovacco della storia
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Ján Plachetka e Michail Tal nel 1961 (Reprofoto)
(Riccardo Moneta)
Non abbiamo mai avuto troppi lettori in Slovacchia, e di conseguenza speriamo che il loro numero si accresca dopo questo, per quanto breve, post.
Ján Plachetka è nato a Trenčín (cittadina attraversata dal fiume Vah, vicino al confine con la Repubblica Ceca) il 25 febbraio del 1945. Il suo nome non è mai stato notissimo in Occidente, eppure Jan ha vinto circa una trentina di tornei nella sua carriera, anche se rare volte ha partecipato agli eventi più famosi del calendario internazionale. Fra le sue più significative vittorie cito Polanica-Zdrój (1975), Praga (1984), Strasburgo (1985) e Parigi (1989).
Ján Plachetka è stato il primo giocatore slovacco nella storia del dopoguerra a conquistare (era il Congresso FIDE di Buenos Aires nel 1978) il titolo di Grande Maestro. Nel 1980 a lui si aggiunse Lubomir Ftacnik e solo altri otto anni dopo arrivò il terzo GM, Igor Stohl.
Ján è stato un giocatore fondamentalmente tattico; ciò che gli ha impedito un definitivo salto di qualità fra i primissimi d’Europa era (come ammise egli stesso) appunto la sua inattitudine mentale a lavorare sulle “posizioni morte”, in quelle manovre lunghe e pazienti che erano invece il pane di giocatori come Botvinnik o Petrosian.
Plachetka era un grande ammiratore di Mikhail Tal: aveva 16 anni quando Tal sconfisse Botvinnik per il titolo mondiale e rimase per sempre influenzato dal suo inimitabile stile aggressivo (“fenomenale” lo definiva Jan).
”Non sono un computer” dice il giocatore slovacco di se stesso, “mi piace improvvisare, ed è forse per questa ragione che, dopo aver smesso di giocare attivamente, ho avuto buoni successi come allenatore, perché sentivo di potermi facilmente adattare alla personalità e allo stile di gioco dei miei allievi”.
Richiesto di quali doti dovesse principalmente godere un giocatore di successo, Plachetka le indicava in “notevole intelligenza, ottima memoria, abilità tattica, forza fisica e mentale, tenacia e soprattutto tanto allenamento: uno scacchista dovrebbe dedicarsi all’allenamento almeno dalle 4 alle 8 ore al giorno”.
Ed ora una curiosità. Quando chiesero a Plachetka quali fossero le sue partite impossibili da dimenticare, ovvero quelle alle quali si sentiva più legato, lui ne indicò 5: ma tutte e cinque, incredibilmente, conclusesi in parità! Quattro di queste sono le partite che giocò contro Tal (“lui aveva una grande personalità ed io son felice di aver avuto l’onore di giocare quattro volte con lui a distanza di 20 anni e la soddisfazione di riuscire sempre a pattare”): la prima volta fu con i colori neri a Praga 1960, in 64 mosse, la seconda in occasione dei Campionati europei di Kapfenberg 1970 (47 mosse), la terza alle Olimpiadi di Nizza 1974 (32 mosse) e la quarta ancora con il Nero, in 70 mosse, alle Olimpiadi di La Valletta (Malta) nel 1980.
Manca una partita, la quinta, e Jan Plachetka è stato molto modesto nel voler preferire ancora un’ultima patta a tanti suoi bei successi. La patta in questione è infatti quella contro il grande maestro olandese Van der Wiel strappata con il Nero in un’altra edizione olimpica, quella di Lucerna 1982, ultimo e decisivo turno: il mezzo punto era indispensabile infatti per consentire alla squadra della Cecoslovacchia di guadagnare una inaspettata medaglia d’argento; quella fortissima squadra schierava a Lucerna, in ordine di scacchiera: Vlastimil Hort, Jan Smejkal, Ľubomír Ftáčnik, Ján Plachetka, riserve Vlastimil Jansa e Jan Ambrož, mentre il capitano non giocatore era Miroslav Filip.
“E’ stata un’Olimpiade sensazionale, quella svizzera del 1982, sia per la nostra squadra, che percepì quell’argento come un oro, sia per me che ottenni 6 punti su 8, con 5 vittorie e due patte”.
Ironia della sorte, nessuna antologia mi pare riporti quelle 5 partite, mentre in più d’una apparve la seguente super-miniatura, divenuta rapidamente celebre:
Jan Plachetka-Lothar Zinn
Decin (CSK), 1974

Tra la fine del secolo scorso e gli inizi del presente, Plachetka ha guidato la nazionale slovacca femminile ed ha lavorato per quattro anni in Tunisia come “allenatore di Stato”. Spesso, successivamente, si è esibito in manifestazioni per beneficienza.
E chiudiamo con una di quelle posizioni esplosive “alla Tal” che tanto piacciono al Grande Maestro slovacco:
Joszef Horvath – Jan Plachetka
Rakousko (AUT), 1994
Tratto al Nero. Non sfugge all’attenzione quello che è, fra tutti, il pezzo decisivo della partita: il pedone h3 nero!
Plachetka chiude in bellezza con
P.S.: fonte principale di questo articolo: Šachy Vlčnov (15.2.2019, autore ‘petr’)