Uno Scacchista

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[R] Jacob Yuchtman, il “Fischer sovietico”

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R I S T A M P A

(Riccardo Moneta)
La fortuna è un elemento determinante nella vita e nella carriera di uno sportivo, e naturalmente non soltanto di uno sportivo. Basta un niente, un incidente, e sei fuori e rimarrai sconosciuto per sempre. In questi giorni ho visto immagini dei festeggiamenti di due “sacri vecchi” dello scacchismo russo: Averbach e Spassky, due figure che in ogni loro passo furono coccolate e assistite dall’establishment sovietico. Non è stato così per tutti, purtroppo. E allora oggi parliamo di qualcuno che è stato meno fortunato di loro.

Jacob Petrovich Yuchtman (altrimenti anche Yakov Yukhtman) era nato il 14 gennaio del 1935 a Voronezh, una città a sud di Mosca, da una famiglia ebrea. Suo padre, Peter (o Piotr), nel 1941 si arruolò nell’Armata Rossa e partì per il fronte a combattere l’invasore nazista. La famiglia non seppe più nulla di lui. Da quel momento la vita del piccolo Jacob sarebbe rimasta per sempre in salita, precaria, col vento che soffiava costantemente contrario.

Eh, già! Quando hai dalla tua parte la nomenklatura, quando sai renderti amica la nomenklatura, hai il vento a favore. Jacob non solo non ha mai avuto questo vento a favore, ma lo ebbe perfino decisamente contrario. La sua colpa? Più di altre, probabilmente quella di essere ebreo, e infatti già negli anni ’50 era crescente in Russia un sentimento di ostilità nei confronti degli ebrei.

Ma perché accadeva questo in quegli anni? Faccio allora qui una digressione, giocoforza sintetica. Anzitutto ricordo che un censimento del 1897 aveva fissato in 5.500.000 il numero degli ebrei che vivevano nell’Impero russo, per lo più residenti nei Paesi del confine occidentale dell’impero. Non dimentichiamo poi che, sospinta dalla filosofia dell’ebreo tedesco Karl Marx, la rivoluzione bolscevica che in una notte del luglio 1918 mise a morte, senza processo, l’ultimo imperatore di Russia (lo zar Nicola II Romanov) con l’intera sua famiglia, era nata in riunioni ristrette alle quali avevano partecipato, con Stalin e Lenin, quasi tutti i leader politici ebrei, ad iniziare da Trotsky. Finì con Nicola II quell’impero zarista che nel ventennio che precedette la prima guerra mondiale aveva reso la Russia un Paese ricco, in piena espansione nel commercio e fiorente nella cultura.

E non dimentichiamo ancora che il nuovo regime comunista, nelle cui fila era preponderante il numero degli ebrei, fu il primo al mondo a mettere esplicitamente fuorilegge l’antisemitismo. Nel 1920, su 21 “Commissari del popolo”, ben 17 erano di origini ebraiche. Ed era stato un ebreo, uomo d’affari, lo stesso nonno materno di Lenin: Israel Blank.

Ciò lasciò un segno indelebile negli osservatori mondiali, al punto che, ad esempio, Winston Churchill, nel febbraio 1920, scriveva su “The llustrated Sunday Herald” che il bolscevismo era una “cospirazione mondiale per rovesciare la civiltà e il progresso“ e che era organizzato, come già sostenevano altri leader politici, da ebrei i quali, non avendo nazionalità, avevano come unico loro scopo quello di annientare ovunque l’ordine esistente delle cose. Insomma, secondo questo pensiero la rivoluzione bolscevica non era altro che un parto, l’ennesimo parto, del pensiero ebraico. E così l’odio contro i bolscevichi tornò un po’ ovunque nel mondo a far parallelamente riemergere certi storici, ricorrenti e ostili sentimenti nei confronti degli ebrei.

Ma nella stessa Unione Sovietica non resse a lungo la convivenza felice fra questi ultimi ed il comunismo, tanto che le vittime principali delle “purghe” degli anni ’30 furono proprio degli ebrei. E il riaffiorare di sentimenti antisemiti si acuì con la crisi economica, con la grande carestia del 1930-1933 e più ancora a seguito del disgraziato “patto Ribbentrop-Molotov” del 1939, dove fu scritto che l’ateismo marxista doveva collaborare con il nazismo nella sua campagna contro la religione ebraica.

Il resto è storia russa recente, culminata nel tramonto dell’URSS, quando nel dicembre del 1991 la memoria di Nicola II e dell’imperatrice Caterina I venne definitivamente rinverdita e recuperata con l’abbandono della bandiera rossa sovietica, il ripristino del tricolore bianco-blu-rosso di quella zarista e la sostituzione dei simboli comunisti di falce e martello in favore, nuovamente, dell’aquila a due teste dell’impero russo.

Perdonatemi la lunga e nello stesso tempo troppo frettolosa digressione, ma questa serviva (forse) per meglio mettere a fuoco i momenti storici e certi sentimenti del governo e del popolo sovietico anche negli anni della esplosione di tanti scacchisti celebri, gli anni d’oro dello scacchismo targato URSS. E pertanto torniamo al nostro Jacob Yuchtman: la vita che il padre Peter, ebreo, offrì alla nazione cadendo sul fronte nel 1941, non portò alcun compenso al piccolo Jacob. La sua famiglia fu evacuata a Tashkent, in Uzbekistan. Ed è qui che nel 1948, all’età di 13 anni, lui scoprì il gioco degli scacchi, nel circolo di scacchi della “Casa dei Pionieri”. Allenato da un certo Elbekov, in appena un anno, dal nulla, raggiungeva già i 2000 punti Elo e due anni dopo, all’età di 15 anni, vinceva il campionato “under 19” dell’Uzbekistan dopo essere giunto al 2° posto nel campionato assoluto: dei progressi strabilianti.

Altro trasferimento per la famiglia Yuchtman nel 1951: a Odessa, in Ucraina. E qui Jacob diventava candidato maestro nel 1952 e vinceva nel 1953 il massimo titolo ucraino, un’impresa che, a quella età (18 anni), sarebbe riuscita solo a campioni del calibro di Geller, Ivanchuk e Beljavsky.

Yuchtman aveva un gioco incisivo, fantasioso e coraggioso, un gioco che da qualcuno sarebbe stato paragonato a quello di Mikhail Tal o di Leonid Stein. Nel frattempo trovò lavoro come apprendista tornitore in una fabbrica di cantieri navali.

immagine tratta dal film sovietico «Жажда» (“Thirst”), di Evgeniy Tashkov (1959), sull’occupazione nazista di Odessa, film presentato nel 2015 alla mostra cinematografica “Odessa International Film Festival-OIFF”

Nel 1954 e ’55 svolse il servizio militare nell’esercito.

Dal 1956 si trasferì in prevalenza (ospite di amici) a Mosca, dove ottenne il titolo di “Maestro dello Sport dell’URSS” dopo un torneo che lo vide quarto classificato. Era una delle grandi promesse degli scacchi sovietici e difatti non tardò ad esplodere, facendo suoi i tornei di Minsk nel 1957, Parnu, Tallinn e Mosca nel 1958, ma alle sue vittorie non fu concesso molto spazio sui mass-media locali. Nel 1958 si guadagnò (2° dietro Taimanov nella semifinale di Baku) l’ammissione alla finale del Campionato assoluto, che si svolse a Tbilisi ad inizio 1959.

La forza spaventosa dei finalisti di quel magnifico Campionato emerge tutta citando alcuni nomi dei 20 partecipanti: Nezhmetdinov, Krogius, Vasjukov, Furman, Gufeld, Bronstein, Geller, Korchnoi, Keres, Averbach, Polugaevsky, Cholmov, Taimanov, Tal, Spassky, Petrosian.

Yuchtman si batté alla pari con tutti, concludendo con 6 partite perse e 4 vinte (contro il neo-candidato al titolo mondiale Tal, contro Vasjukov, Nikitin e Cholmov, quest’ultima giudicata la sua partita migliore), ma fu ostacolato da uno strano evento che si verificò durante la sua partita con Spassky. Prima della sospensione, nella concitazione del gioco e dei secondi che correvano implacabili, si verificò per tre volte sulla scacchiera la medesima posizione, ma né lui né Spassky forse se ne avvidero e quindi non reclamarono (o non vollero reclamare) la patta. Si andò in busta, con una posizione probabilmente vinta da Juchtman. Il mattino dopo, alla riapertura delle buste, l’arbitro non consentì la continuazione e dichiarò patta la partita per “ritorno di posizione”. Una decisione poco comprensibile, anzi inaudita, ma evidentemente già allora, nel 1959, Spassky doveva avere qualche “aiutino” e Yuchtman non era un Averbach o un Petrosjan, lui doveva subire e starsene zitto. Petrosjan vinse quel gran campionato, con 13,5 punti su 19, un punto in più di Spassky e Tal, 1 e mezzo in più di Taimanov e Cholmov. Yuchtman, piuttosto innervosito dal fatto citato, guastò un bel torneo negli ultimi 5 turni, allorché racimolò appena due patte, concludendo con 8,5 punti, appena mezzo alle spalle di Bronstein e Gufeld.

Colpito dall’evento di Tbilisi, reagì con rabbia e con un risultato incredibile: nel successivo Campionato Blitz di Mosca trionfò con un maestoso punteggio di 15,5 su 17 (!), staccando di ben 3,5 punti Korchnoi e Taimanov e poi altri colossi come Tal, Simagin, Vasjukov ecc… Un risultato che forse non ha uguali nella storia sovietica. Nel gioco veloce Jacob Yuchtman era praticamente quasi imbattibile!

Qualche mese dopo partecipò ad un incontro URSS-Yugoslavia. Affrontò due volte il GM Milan Matulovic e lo sconfisse nettamente in entrambe le partite, subito divenendo piuttosto noto in Yugoslavia. Il suo livello fu calcolato nel biennio 1959-’60 in circa 2600 punti Elo, molti per quel periodo, all’incirca quelli che all’inizio degli anni ’60 avevano nomi celebri quali Averbach, Krogius o Vasjukov.

Il maestro di Odessa Arkadi Weiner, in un articolo dal quale ho ripreso diverse di queste informazioni, così parlava di Jacob Yuchtman: “…. di straordinario talento creativo, artistico nel medio-gioco, impeccabile nel finale, le sue partite hanno significativamente contribuito a far emergere una nuova schiera di talentuosi giocatori in Odessa e nell’intera Ucraina”. Già era temutissimo da tutti, e Tigran Petrosian affermava che “ogni giocatore dovrebbe tremare di fronte a lui”.

Ma nello stesso 1959 subentrò la sfortuna, o qualcosa d’altro: nel successivo torneo di Tyumen, in Siberia, ebbe di nuovo a che fare con gli arbitri, e gli fu comminata una squalifica di ben tre anni. Alcuni commentatori sovietici parlarono di “intemperanze” e di “comportamento antisportivo” da parte dell’irrequieto giovanotto, perfino di aver portato non ben specificate “insidie” a qualche signora.

Jacob fu invitato, sul finire del 1959, ad un torneo internazionale in Yugoslavia, ma le autorità sovietiche, forti di quella squalifica, non gli concessero di andare. E nessun aiuto ebbe negli anni successivi, tenuto in panchina per sempre nonostante avesse parzialmente ripreso l’attività agonistica e nonostante le sue ripetute vittorie (1964, ‘67 e ’69) nei campionati della città di Odessa.

Alla nomenklatura sovietica degli anni ’60 non poteva certamente piacere un personaggio atipico come Yuchtman, un artista “bohémien”, un avventuriero-artista di strada, un playboy. Lui si fermava, ormai sempre più spesso, a giocare nei parchi, o in spiaggia, portando con sé la scacchiera ed un grosso taccuino nel quale aveva annotato le sue migliori partite e le sue analisi: “tutto ciò che devi sapere sugli scacchi è in questo taccuino …”, diceva. E lo faceva anche, o soprattutto, per guadagnarsi da vivere.

Era troppo un individualista, un anticonformista, Jacob, non “faceva gruppo”, e per di più, come ho detto, era ebreo. Rimase così, ingiustamente e per sempre, privo di titolo internazionale, titolo che avrebbe invece largamente meritato.

Il GM Lev Alburt (uno che ha sempre espresso chiaramente il suo pensiero), scrisse che per il suo talento ed il suo stile originale Jacob Yuchtman avrebbe potuto aspirare a grandi successi, ma che, come tanti altri in altri campi, fu “vittima del sistema sovietico”.

Jacob emigrò qualche anno dopo in Israele, dove vinse il Campionato nazionale nel 1972, poi si diresse negli Stati Uniti. Anzi, in un articolo del 2005 pubblicato su “inforchess.com”, dal titolo “El ajedrez siempre activo de Jacob Yuchtman”, il M.I. messicano Raúl Ocampo Vargas ha sostenuto che fossero state le stesse autorità sovietiche a chiederne l’espulsione, tanto l’uomo era divenuto a loro inviso. Altri in Unione Sovietica scrissero invece che Jacob era entrato nelle mire di una banda di criminali, a causa delle sue frequentazioni, e che le autorità, per salvarlo, gli avevano concesso un visto di uscita per Israele.

Personalità irrequieta e insoddisfatta, Jacob visse per un periodo anche in Germania, dove partecipò alla Bundesliga nel 1974 e 1975, nella squadra del King Springer Frankfurt. In una di queste occasioni incontrò e batté, di nero, il forte e promettente idolo locale Robert Hubner, nonostante fosse stato persino vittima di un “micro-infarto” durante il gioco. Una bellissima partita in cui Yuchtman diede all’avversario le due torri per due pezzi leggeri! Ne avrebbe parlato il GM Leonid Shamkovitch, definendola “drammatica” e il suo “canto del cigno”, in un post su di lui del 1995 intitolato “il destino di un artista degli scacchi”.

Il GM Vladimir Tukmakov disse che “Jacob Yuchtman è stato uno dei più brillanti talenti naturali che ho mai conosciuto sulla scacchiera”. Jacob era particolarmente abile nella Difesa Siciliana e nella Difesa Benoni, delle quali sperimentò con successo alcune linee originali.

Yuchtman nel 1975 decise di trasferirsi definitivamente negli Stati Uniti, dove vinse svariati “Open”. Ma ormai era troppo tardi: quegli eventi del 1959 (quando aveva 24 anni e poteva ancora aspirare ad ottimi risultati) gli avevano segnato per sempre la carriera. A New York, sua ultima patria, frequentava assiduamente circoli polivalenti dove si giocava non solo a scacchi ma anche a carte, a scrabble e soprattutto a backgammon, prima alla “Flea House” e poi alla “The Game Room” in West 74th Street, al primo piano del “Beacon Hotel”.

Chi là lo conobbe, lo descrisse come un uomo tarchiato, basso, sempre cupo ed accigliato, un poco strano, che giocava “blitz” senza stancarsi per ore ed ore di seguito. Shamkovich ricordava che Jacob Yuchtman era strepitoso nel “blitz” e che sia lui sia il GM Roman Dzindzichashvili lo avevano affrontato talora “blitz” disponendo di 5 minuti contro 1 minuto di Jacob.

Il GM Ghennadi Sosonko scrisse di averlo incontrato alla “The Game Room” alcune settimane prima della sua morte, “invecchiato e stanco”. Nonostante la sua abitazione fosse a poche decine di metri da quel circolo, pareva che Jacob avesse scelto il circolo come la sua casa, la sua vita: a volte si addormentava sul divano e trascorreva lì la notte.

Jacob Yuchtman morì d’infarto a New York il 26 gennaio del 1985, aveva da pochi giorni compiuto i 50 anni. Oggi non se lo ricorda più nessuno, quasi neppure noi che negli anni della sua (e nostra) giovinezza seguivamo passo dopo passo le gesta dei campioni di scacchi di tutto il mondo. Non ce lo ricordiamo perché il talento, anche immenso, resta qualcosa d’impalpabile, di sfuggente, quando non è concretizzato dai risultati e dai titoli (e quando non è pubblicizzato e innalzato dai mass-media).

Potremmo forse dire, per concludere e sintetizzare questo post, che, considerato anche lo stile e la personalità di Jacob Yuchtman, il suo approccio agli scacchi e la sua fantasia, all’URSS negli anni ’50 era capitato il “Fischer sovietico”, qualche anno prima di Robert Fischer, ma che non seppero assolutamente gestirlo e metterlo per tempo al riparo da una sorte un po’ amara. Peccato. Insomma, Jacob è stato un “poeta degli scacchi” che ha scritto bellissime poesie per sole quattro stagioni, dal 1956 al 1959, allorché il destino gli impedì di oltrepassare la porta dietro la quale c’era “l’Olimpo degli scacchi”.

Tra i pochi scritti reperibili su di lui segnalo ancora una pagina del diario/livejournal di Sergei Aldanov, del gennaio 2010, dal titolo “Un mancato altro Fischer o soltanto Jakob Yuchtman?”.

Un libro in lingua russa su di lui è finalmente stato pubblicato a Odessa nell’estate del 2018 con la firma del M.I. Andrey Tobak: “Yakov Yukhtman”. Ne ha dato notizia su Twitter lo scorso agosto il GM ucraino Mikhail Golubev. Speriamo che questo lavoro serva ad una riabilitazione della sua figura e ad un postumo riconoscimento delle sue notevoli, e solo parzialmente espresse, capacità. E speriamo in una sua traduzione.

“Jacob Yuchtman”, di A.Weiner e A.Tobak, Odessa 2018

Una vita difficile e avventurosa, quella di Jacob Yuchtman. Un grande artista, un  uomo e un talento umiliato e sprecato. Una vita assai poco fortunata che potrebbe a buona ragione essere trasportata in un film. Ma sappiamo che, come scrisse un anonimo: “la fortuna ha l’abitudine peculiare di favorire coloro che non dipendono da essa”. E il nostro Jakob, purtroppo, non era da annoverare fra questi ultimi.

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2 thoughts on “[R] Jacob Yuchtman, il “Fischer sovietico”

  1. Bello conoscere questi personaggi così talentuosi che in vita non hanno ricevuto i meritati riconoscimenti. Immagino che i punteggi ELO fossero solo delle stime.

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