Auguri, Lajos Portisch!
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(Riccardo M.)
Compie 80 anni il 4 aprile (nasce nel 1937 a Zalaegerszeg) una delle figure più importanti degli anni fra il ’60 e l’80: la leggenda ungherese degli scacchi Lajos Portisch, forse il più forte giocatore non sovietico (Fischer a parte) di quel tempo. Gligoric lo chiamava “il Puskas degli scacchi” (Puskas fu un fenomenale calciatore ungherese, tra l’altro idolo di Portisch, degli anni Cinquanta).
(Foto del 2007, da origo.hu)
Tra i suoi successi basta citare Sarajevo 62, Skopije e Beverweijk 68, San Antonio e Las Palmas 72, Ljubljana e Portoroz 73, Milano 75, e poi ben quattro volte a Wijk aan Zee e tre volte, se ben ricordo, l’IBM di Amsterdam. Partecipò con l’Ungheria a ben venti edizioni olimpiche e si qualificò otto volte per le finali del “Torneo dei Candidati”.
Giocatore e persona dai modi garbati, dallo stile di vita semplice, appassionato di fotografia, di calcio, di opera e di pianoforte, non raggiunse mai quei vertici assoluti che la sua bravura e la sua profonda preparazione avrebbero meritato. Spesso mancò quell’ultimo passo verso il successo, probabilmente sempre frenato da un pizzico di nervosismo e insicurezza: di solito nello sport il super-campione lo si riconosce nei momenti cruciali, quando riesce a dare quel qualcosa in più in grado di fargli raccogliere i massimi risultati; lui invece nei momenti cruciali riusciva a perdere in parte la convinzione e la fiducia nelle proprie enormi capacità, in special modo nei matches.
E così restano oggi celebri più i suoi passi falsi dei suoi successi. Il primo passo falso gli accadde a Stoccolma 1962, quando già avrebbe potuto agguantare la qualificazione al Torneo dei Candidati se avesse battuto all’ultimo turno l’ultimo in classifica, l’indiano Aaron. Aaron giocò invece la partita della vita e Portisch uscì sconfitto. Curiosamente pochi mesi dopo affrontò lo stesso avversario nel match olimpico Ungheria-India, e non a caso ci perse di nuovo. Anche in questa occasione seppe comportarsi, a differenza di tanti altri grandi, con ineccepibile signorilità: si fermò a lungo sulla scacchiera ad analizzare la partita insieme ad Aaron.
Le sconfitte più brucianti non hanno mai tolto a Lajos la serenità. Esemplare in questo senso fu il torneo di Zagabria 65, quando sconfisse, tra gli altri, anche l’allora campione del mondo, Tigran Petrosjan. Il vincitore Ivkov dichiarò che Portisch aveva giocato meglio di chiunque altro e che la vittoria finale era sfuggita all’ungherese solo per un caso. Portisch replicò: “No, Ivkov ha meritato di vincere”. Insomma, era un pochino diverso da Bobby Fischer e forse anche da Carlsen, eh?
Un altro momento sfortunato Portisch lo visse alle Olimpiadi di Siegen del ’70, quando l’Ungheria giunse ad appena un punto dalla Russia e Lajos gettò al vento l’occasione di sconfiggere Fischer, col quale aveva raggiunto una posizione chiaramente vincente già alla ventisettesima mossa. Ma forse aveva ragione Fischer, quando scriveva in “60 partite da ricordare” che “le varianti a doppio taglio non sono gradite a Portisch”.
L’ultima grande opportunità della sua carriera la ebbe ad Abano Terme nel 1980, quando incontrò nel “match dei Candidati”, da favorito, il tedesco Hubner. E qui emerse di nuovo, nonostante l’esperienza, la sua fragilità psicologica: lui fu come ipnotizzato da Hubner, giocò assai male e perse il match per 4,5 a 6,5.

Di Portisch rimarrò sempre un affezionato estimatore, anche perché fu uno dei primi a farmi avvicinare al gioco degli scacchi, da quando cioè strappai a qualcuno un foglio di un quotidiano di un giorno qualunque del 1971 in cui, nella rubrica settimanale, appariva un diagramma con questa posizione e ne veniva descritta la continuazione:

Portisch gioca qui 17. c5! bxc5 (infatti a 17. … dxc5 oppure 17. … Cxc5 seguirebbe 18. Ab5 Da5 19.c4 con attacco alla torre h8 e minaccia di Ad2 che intrappola la regina nera); 18. Ab5 Da5 19. Axc6 Txc6 20. Db7 1-0
Forse l’unico “difetto” di Portisch è stato quello di aver avuto sempre uno straordinario rispetto per i suoi avversari, fin quasi a sopravvalutarli e quindi ad averne più timore del necessario. Peccato. Ma ugualmente conta molto, forse più di ogni vittoria sulla scacchiera, il fatto di essersi sempre meritato la stima dei giocatori e degli appassionati di tutto il mondo. Tanti auguri, grande Lajos!
Decisamente un personaggio eclettico e un artista degli scacchi, a suo modo. Purtroppo, come ben sappiamo, i grandi artisti non sempre ottengono i meritati riconoscimenti in tempo reale. Inoltre una personalità schiva, come forse è quella di Portish, non aiuta. E allora… Buon Compleanno Lajos Portish!
In effetti sembra proprio che, anche negli scacchi, le persone corrette e rispettose degli altri abbiano uno svantaggio quasi “genetico” nei confronti dei caratteri più volitivi e aggressivi (e talvolta “scorretti”!). Ma ben vengano campioni come Portisch: forse non è arrivato dove avrebbe potuto e meritato, ma ha probabilmente vissuto in modo esemplare. Io sarò sempre dalla parte dei Portisch e molto meno per quella dei Carlsen (senza nulla togliergli in termini di gioco!).
Scusa Fabrizio, ma perché metti Carlsen tra i giocatori “scorretti”?
No! io non metto Carlsen tra gli “scorretti” in senso stretto, ma certamente nella categoria dei ” maleducati e poco sportivi”. In rete puoi trovare una numerosa serie di episodi filmati che lo dimostrano. In sostanza i tipi alla Carlsen non mi sono simpatici (e ripeto che nulla tolgo alla sua grandezza come giocatore di scacchi).