Quel fenomeno di Malik Sultan Khan
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(Riccardo M.)
Ricordiamo un grande e poco noto giocatore indiano, Mir Malik Sultan Khan, del quale ricorrono oggi, 25 aprile 2017, 51 anni dal giorno della morte.
Noi abbiamo il punteggio Elo, che consente di individuare chi, anno per anno, sia il giocatore migliore o, più precisamente, il giocatore che riesce ad esprimere i migliori risultati. Ma se diamo un’occhiata alla progressione degli incontri mondiali dal 1886, anno in cui W.Steinitz si autoproclamò campione del mondo, ad oggi, ci accorgiamo come casualità e strane vie abbiano portato all’alloro mondiale giocatori come, ad esempio, Max Euwe nel 1935 o Alexander Khalifman nel 1999, giocatori sì probabilmente fortissimi, certamente abili a cogliere l’attimo fuggente, ma forse non i più bravi in assoluto né prima, né poi e neppure nel momento in cui quel titolo hanno conquistato.
Mi chiedo allora se abbia ancora un significato tecnico la sfida mondiale fra due giocatori quando non di rado tale sfida coglie, tra l’altro, almeno uno dei due protagonisti già all’inizio del proprio declino. Un po’ come è successo con il grande Anand, giocatore eccezionale e uomo nobilissimo, ma che nel 2012 aveva 43 anni e una discreta manciata di punti Elo di ritardo da Magnus Carlsen.
Mi chiedo ancora se non sia più semplice e giusto proclamare, anno dopo anno, campione del mondo il giocatore che per più tempo (nell’anno o in un biennio) sia stato in vetta alle classifiche Elo.
Vero è che la storia e la fama sanno spesso fare giustizia degli eventi. Ed è così, infatti, che nella memoria degli scacchisti accade che Bronstein o Keres siano ricordati come campioni pur essendo stati giocatori grandi ma mai arrivati al massimo titolo.
Del resto, continuando strettamente su questa mia logica, mi accorgo ancora di come alcuni grandi non abbiano mai avuto nemmeno la chance di affrontare il detentore del titolo. E, perseverando con la stessa logica, mi accorgo pure di come altri potenzialmente grandi giocatori non abbiano ottenuto né i risultati né la gloria che forse potevano meritare soltanto perché le regole, il destino, la storia, scrivevano e stendevano pagine sfortunatamente diverse e avverse sulla loro strada.
E questo, in fondo, non è altro che ciò che accade in tutti campi della vita. Già, è proprio questa la vita. Altrimenti saremmo qui a raccontarvi di meravigliose ma differenti pagine di storie scacchistiche, di altre e altrettanto geniali partite.
Staremmo forse a descrivere come Andrija Fuderer conquistò il titolo mondiale battendo D.Bronstejn nel 1957 e come lo difese contro lo stesso Bronstejn e poi Spassky prima di essere sconfitto in Islanda da Fischer in un memorabile match del 1972. Staremmo forse a descrivere come Malik Sultan Khan (e non Euwe) battè nel 1935 Alekhine, difese grandiosamente nel 1937 il titolo mondiale nella rivincita con Alekhine, lo difese di nuovo nel 1939 contro Abram Model e lo cedette solo nel 1948 al più giovane Keres. Staremmo a ……
Ma chi era Sultan Khan ? Vogliamo conoscerlo meglio ?
Mir Malik Sultan Khan era nato nel 1905 a Mittha Tawana, nel Punjab (oggi Pakistan); cominciò a giocare a scacchi a 9 anni, avviatovi da un diplomatico, il colonnello indù Umar Khan, che nel 1928 lo portò con sé in Inghilterra e che lo considerò sempre come un suo schiavo. Il suo maestro era stato un certo Kishanlal Sarda, tre volte campione indiano fra il 1914 e il 1921. Nel 1928 Sultan Khan vinse con 8,5 su 9 il campionato di Nuova Delhi.
Si dice che fosse quasi analfabeta. Ma per gli scacchi aveva una sbalorditiva predisposizione. Quando arrivò a Londra non sapeva nemmeno leggere l’inglese ed alla sua prima partita di circolo disse timidamente al suo avversario, che aveva aperto con 1.e4, che il pedone non si poteva spingere di due passi ma di uno solo. In India, infatti, il regolamento non lo consentiva. Fu costretto, quindi, a imparare subito nuove regole, ma nonostante ciò appena un anno dopo era già campione nazionale britannico, pur sempre continuando ad affidarsi esclusivamente all’istinto. Brevissima fu la sua carriera agonistica: nemmeno 4 anni.
Al torneo di Liegi 1930 fu secondo dietro Tartakower, precedendo gente come Nimzowitsch, Colle, Rubinstein e Marshall. Alle Olimpiadi di Amburgo 1930 giocò per la squadra britannica in prima scacchiera 19 partite, con 9 vittorie e 4 sconfitte. Alle Olimpiadi di Praga 1931 giocò in prima scacchiera 17 partite, con 8 vittorie e due sole sconfitte. Nel 1931 vinse un match con Tartakower a Semmering (+4, =5, -3) e nel 1932 perse di misura a Londra con Flohr (+1, =2, -2).
Nel 1932 vinse il torneo di Londra, nel 1933 quello di Hastings, dove già era stato terzo nel 1930 e 32. Fra il 1932 e il 1933 fu capace di sconfiggere quasi tutti i più forti giocatori del mondo, compreso Capablanca, il quale non esitò a definirlo “un genio”. Perse solo con Alekhine. Nel 1932 e 33 vinse il campionato britannico. Mai in un torneo si classificò più giù del 4° posto.
Questi risultati sono ancora più apprezzabili se consideriamo il suo permanente cagionevole stato di salute, prima a causa di un focolaio di malaria, poi per una persistente tonsillite causata dal rigido clima di Londra.
Ma lui rimase, nonostante tutti i successi, una figura caratteristica e particolare nel mondo degli scacchi. Quando non giocava, non era solito commentare né parlare con altri: lo si vedeva semplicemente immerso in profonde e solitarie meditazioni.
Si racconta che una sera del 1933 il colonnello Umar Khan invitò a cena a casa sua la squadra di scacchi americana e che, nell’imbarazzo generale, apparve a servire a tavola proprio Mir Sultan Khan. Sì, era lui il domestico, il servitore: il campione britannico di scacchi. Un umile servitore, sì: forse è anche per questo che la FIDE, in altri casi assai più sensibile, non ritenne di riconoscergli mai nessun titolo internazionale, pur essendo lui stato uno dei più forti giocatori al mondo nel periodo 1930-1933.
Quando, sempre nel 1933, il colonnello Sir Nawab Umar Hyat Khan tornò in India, se lo riportò per sempre indietro con sé, come uno schiavo. Da quanto si sa, Sultan Khan ritornò a fare l’agricoltore (il suo colonnello morì nel 1944). Si rifiutò perfino d’insegnare il gioco ai figli, ai quali diceva che bisognava guadagnarsi da vivere in altro modo.
L’ultimo suo approccio con gli scacchi fu un match di 10 partite del 1934 contro Khadilkar, fresco vincitore del campionato indiano; E Sultan Khan lo stravinse: 9 vittorie e una patta. Un risultato strabiliante.
Non giocò più a scacchi fino alla morte, giunta per tubercolosi, a Sargodha (Punjab) il 25 aprile del 1966.
Fortunatamente, come vediamo qui, il suo nome non è stato del tutto dimenticato.
Esiste su di lui un libro (“Mir Sultan Khan” di R.Coles, 1965) con note biografiche e partite commentate. E forse qualcuno dovrebbe pensare ad un film.
Ecco, a me piace immaginare che durante quella famosa cena del 1933 a casa Umar Khan il destino abbia voluto scrivere una storia diversa. Questa:
Il colonnello Umar Khan si sentì male e stese le zampe nel giro di poche ore, forse avvelenato. Il nostro Mir Malik Sultan Khan rimase a Londra, dove trovò lavoro e dove fu accolto nel più importante circolo di scacchi. Nel 1935 Alekhine gli offrì, convinto di batterlo con facilità, l’occasione del match mondiale. Alekhine invece perse (7,5 a 8,5) e, e l’anno dopo perse ancor più nettamente (zero a 9), il match di rivincita che aveva imposto a Sultan Khan.
Sultan Khan ce l’aveva fatta. E’ stato, in questo mondo di scacchi parallelo, il giocatore che per più anni ha detenuto il titolo di campione del mondo.
Qui la partita Sultan Khan – Capablanca, Hastings 1930 (reale questa, eh!):
1.Cf3 Cf6 2.d4 b6 3.c4 e6 4.Cc3 Ab7 5.a3 d5 6.cxd5 exd5 7.Ag5 Ae7 8.e3 O-O 9.Ad3 Ce4 10.Af4 Cd7 11.Dc2 f5 12.Cb5 Ad6 13. Cxd6 cxd6 14.h4 TC8 15.Db3 De7 16.Cd2 Cdf6 17.Cxe4 fxe4 18.Ae2 TC6 19.g4 Tfc8 20.g5 Ce8 21.Ag4 Tc1+ 22.Rd2 T8c2+ 23.Dxc2 Txc2+ 24.Rxc2 Dc7+ 25.Rd2 Dc4 26.Ae2 Db3 27.Tab1 Rf7 28.Thc1 Re7 29.Tc3 DA4 30.b4 a6 31.Tbc1 Dd7 32.Tg1 Da4 33.Tgc1 Dd7 34.h5 Rd8 35.T1c2 Dh3 36.Rc1 Dh4 37.Rb2 Dh3 38. Tc1 Dh4 39.T3c2 Dh3 40.a4 Dh4 41.Ra3 Dh3 42.Ag3 Df5 43.Ah4 g6 44.h6 Dd7 45.b5 a5 46.Ag3 Df5 47.Af4 Dh3 48.Rb2 Dg2 49.Rb1 Dh3 50.Ra1 Dg2 51.Rb2 Dh3 52.Tg1 Ac8 53.Tc6 Dh4 54.Tgc1 Ag4 55.Af1 Dh5 56.Te1 Dh1 57.Tec1 Dh5 58.Tc3 Dh4 59.Ag3 Dxg5 60.Td2 Dh5 61.Txb6 Re7 62.Tb7 + Re6 63. b6 Cf6 64.Ab5 Dh3 65.Tb8 1-0
Chi può dire, adesso, che Mir Malik Sultan Khan non sia stato un Grande Maestro e un vero campione?
Lui, per quanto un assoluto “solista”, può considerarsi un po’ il precursore di Anand & Co. Non quindi il fondatore di un grande movimento, che i più vedono giustamente in Manuel Aaron (nato nel 1935), il primo maestro internazionale indiano; Aaron è stato il fondatore del “Chess Club Tal” di Madras, dove imparò il gioco un giovanissimo Anand, e oggi gestisce una importante scuola di scacchi a Chennai.
Di Aaron potete leggere altro qui.

La scuola indiana sta sfornando negli ultimi anni giocatori su giocatori, e molti giovanissimi calcano in questi mesi, e senza timore, i più disparati palcoscenici internazionali. Per il momento nei primi al mondo rientrano ancora Anand (7°) e Harikrishna (14°), mentre fra i primi 100 ci sono anche Negi, Adhiban e Sasikiran. In campo femminile troviamo Harika Dronavalli, Humpy Koneru e Tania Sachdev.
Per fare un poco di diretta e qualche nome, ecco poi che allo Sharjah Master degli Emirati Arabi, appena iniziato mentre scrivo (25 marzo 2017), vedo due quattordicenni senza titolo con 1,5 su 2 punti: Anand Saurabh e Kalyan Arjun. Ancor più su il M.I. Mahadevan Siva (15 anni). E vi partecipano anche i ragazzini D Gukesh (CM, 10 anni), Pranav Anand (NC, 10 anni) e Raunak Sadhwani (FM, 11 anni). Ne sono certo: il fenomenale Malik Sultan Khan e l’ex campione mondiale Viswanathan Anand troveranno molto presto i loro eredi.
(P.S.: quella che avete appena letto è una rivisitazione di un mio articolo già pubblicato sul blog “SoloScacchi” nel 2010 e poi nel 2013 col titolo “Malik Sultan Khan, campione del mondo in un mondo parallelo”)
Bel ritratto di uno dei più misteriosi geni scacchistici. Quali traguardi avrebbe potuto raggiungere se il suo “padrone” fosse stato più attento e sensibile e più conscio della genialità del suo “servo”? Gerald Abrahams, nel suo “The chess mind” (edizione 1964) paragona lo stile di Sultan Khan a quello dell’allora campione mondiale Petrosian.