Capablanca e la riforma sul tempo nei tornei
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(Riccardo M.)
Questo è il titolo di un articolo pubblicato a firma E.M. nel numero X-XI-XII de “L’Italia Scacchistica” del 1920. Lo riportiamo qui integralmente perché riteniamo che lo meriti, dal momento che evidenzia il pensiero dell’epoca intorno ad un aspetto del gioco che sempre ha fatto discutere negli anni e che ancor oggi è estremamente dibattuto.
Per noi giocatori che nel passato eravamo soliti “mettere in busta” la mossa, chiudere la busta e firmarla, vederla aprire il mattino dopo alla ripresa del gioco, è un argomento interessante; mi auguro che lo sia anche per i più giovani, in quanto le regole attuali sono inevitabilmente solo un passaggio verso nuove regole che qualcuno un giorno dovrà scrivere. Personalmente, ad esempio, non ritengo giusto che le massime competizioni mondiali possano essere aggiudicate a chi avrà vinto un decisivo “blitz” (magari ad handicap!), pertanto anche in questo campo la storia (e l’evolversi del pensiero scacchistico e della tecnologia) non potrà che essere maestra d’insegnamento.
“Intervistato dal redattore scacchistico del “Weekly Times”, Capablanca s’intrattenne diffusamente sulla questione del limite di tempo nelle gare internazionali. A norma del Regolamento della Federazione Scacchistica Inglese, è vietata l’analisi delle partite sospese. I giuocatori si impegnano sul loro onore a non esaminare la partite nell’intervallo prima della ripresa (càspita!, n.d.r.).
In Germania, e sul continente europeo in genere, non vi è nessun divieto in proposito, ed i giuocatori sono liberi di esaminare le partite sospese, con la conseguenza che, di regola, la vittoria arride a quello dei due concorrenti che ha sottoposto la partita all’analisi più completa. Capablanca vorrebbe porre rimedio a questo inconveniente, prolungando l’orario di giuoco nelle gare di Campionato, portandolo a cinque o a sei ore consecutive. Egli preferirebbe sei ore di giuoco ininterrotto, proponendo che si facciano 40 mosse per giuocatore se la seduta è di cinque ore, 48 mosse se la seduta è di sei ore. Abolirebbe la regola delle 15 mosse per ora, o delle 30 mosse durante le prime due ore. Il conteggio si farebbe in relazione all’intero periodo di giuoco, rispettivamente di cinque o di sei ore consecutive. In tal modo l’attenzione del giuocatore non sarebbe continuamente distratta dall’orologio, e vi sarebbe un effettivo guadagno di tempo. Capablanca ritiene infatti che col sistema attuale l’assidua attenzione all’orologio implichi una perdita di una mossa all’ora. Prolungando le sedute si otterrebbe il risultato di terminare un maggior numero di partite.
Capablanca ha cercato di indurre Lasker ad accettare il suo punto di vista nel prossimo match di Campionato (ricordiamo che Lasker era allora il campione del mondo e che Capablanca lo sconfisse, conquistando il titolo, nella primavera del 1921, n.d.r.), ma il suo avversario non ha creduto di derogare alle norme in uso. Le condizioni del match prevedono una seduta di quattro ore seguita da un intervallo di tre ore di riposo, e una ripresa di due ore. Siccome il limite di tempo è fissato in 15 mosse all’ora, ne consegue che durante la prima seduta basterà che ciascun giuocatore abbia fatto 30 mosse. “La partita” (osserva Capablanca) “ha quindi raggiunto una posizione in cui l’analisi è di notevole importanza”. In sostanza Capablanca vorrebbe che le sorti della partita si decidessero a lizza aperta, sulla scacchiera, e che la vittoria spetti al miglior giuocatore “in partita viva”. Il Weekly Times approva i concetti svolti da Capablanca e li vorrebbe adottati in tutte le gare importanti. L’adozione di questi principi eliminerebbe, o ridurrebbe, l’inconveniente delle analisi “a mezzo del cammin della partita”, ed il pericolo concomitante che uno dei giuocatori si avvantaggi del consiglio di terzi più o meno interessati”.
Nel contestuale commento all’articolo, il grande direttore Alberto Batori (1884-1923), fondatore nel 1911 de “L’Italia Scacchistica” insieme a Stefano Rosselli del Turco, scriveva “constatiamo con soddisfazione che i concetti esposti da Capablanca coincidono con quelli già da noi seguiti …. Secondo noi però non è possibile eliminare gli attuali inconvenienti senza incontrarne di nuovi, e perciò conviene attenuarli sufficientemente tutti, adottando un primo tempo di cinque ore ed una ripresa di almeno due, preceduta da un adeguato riposo …. Tuttavia è opportuno considerare che non poche sono le partite che continuano indecise dopo le 48 mosse, specie tra forti maestri, e che pertanto l’influenza dell’analisi in un finale apparentemente patto ha un valore grandissimo, frequentemente come in centro di partita”.
E così concludeva l’illuminato Batori “: …. ogni preoccupazione non potrà essere tolta che con l’adozione di più pratici strumenti per il computo del tempo”.
Bravissimo. Pare quasi, da queste parole, che Alberto Batori già nel 1920 intravedesse la possibilità, realizzatasi tanti decenni dopo, dell’eliminazione della sospensione della partita e quindi dell’eliminazione di quella strana e controversa “mossa in busta”. Un gesto rituale, l’apertura della busta, che parecchi di noi, in ogni modo, non dimenticheranno mai!