Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

Il mio ricordo di Alvise Zichichi

7 min read

(Riccardo M.)
Ho avuto la fortuna di conoscere Alvise Zichichi (1938-2003) nella seconda metà degli anni Settanta, quando lui era l’anima e la mente del Torneo Internazionale del Banco di Roma. Ho ricordi piacevoli di quella manifestazione, costantemente di ottimo livello e meticolosamente  organizzata: l’appuntamento era per i primi mesi di ogni anno presso il Centro Sportivo della Banca, sulla via Salaria, all’altezza della località di Settebagni.

Giungevo lì, spesso di corsa, dopo il lavoro, appena in tempo per gustare la parte più viva delle partite, quella che viaggiava verso il cruciale primo controllo del tempo.
Nonostante l’ora avanzata, trovavo per solito un ottimo posto a sedere e il mio primo sguardo non poteva che essere per gli insuperati e artistici tabelloni di Mario Tiberti, il quale, con Salvatore Nobile e Gino Piccinin, è stato quasi sempre l’arbitro del torneo, mentre su Zichichi ricadeva la direzione tecnico-organizzativa.

Alcune edizioni del Torneo (con girone all’italiana) videro al via dei forti campioni: Smyslov e Gulko nel 1988, Sax nel 1986 e 1984, Andersson nel 1986 e 1985, Korchnoj che vinse due volte (1982 e 1981), Pinter nel 1979, Vaganian nel 1977.
Indimenticabile per me, anche se tecnicamente più modesta, fu la prima edizione (il primo amore non si scorda mai …), quella del 1976 con Belkadi, Bilek, Bukic, Coppini, Kirov, Lein, Mariotti, Primavera, Tatai, Toth, Valenti e Zichichi, edizione vinta dall’allora “apolide” Anatoly Lein.

Alvise Zichichi è stato un Maestro, un Maestro vero. Non grande maestro, né maestro speciale o internazionale, o Fide, o altre etichette che passano e che non gli si confacevano e che, dalli e dalli, alla fine infastidiscono e finiscono per toglere qualcosa alla persona. Alvise è da ricordare soprattutto come un eccellente “maestro di vita”. Lui seppe essere giocatore (dilettante), arbitro, scrittore, interprete, insegnante, organizzatore, Presidente di Federazione. E funzionario di banca.
Seppe esserlo rimanendo sempre se stesso, fedele ad una immagine non artefatta di preparazione, efficienza, dinamismo, disponibilità, modestia, misura e buonumore.
Mi colpì molto la sua figura in quegli anni, forse anche perché la sua storia mi ricordava la storia di mio padre, che era stato un ragazzo milanese come lui, come lui trasferitosi a Roma, tanti anni prima di lui e, proprio come lui, per lavorare in una banca.
Apprezzavo la sua signorilità semplice ed il suo essere sempre sorridente, il suo dare la mano all’avversario a fine partita con invariata affabilità e piacere, indipendentemente dal risultato dell’incontro. Eh, so che oggi qualche sedicente maestro da due soldi tiene, in giro per il mondo, opposti comportamenti quando gli càpita di perdere con avversari considerati “inferiori”: cotali figuri meriterebbero di essere squalificati. Lo sanno, costoro, cosa significa essere maestro? Diceva il mio “amico” Baltasar Gracian, uno che se ne intendeva, che non c’è nessuno al mondo che non possa essere maestro di un altro in qualche cosa. Non dimentichiamolo.

Ecco, forse proprio un pizzico in più di “cattiveria”, che è tipica di alcuni campioni, è ciò che ci sarebbe voluto per spingere più in alto le prestazioni e la carriera agonistica (e non solo quella) di Zichichi. Ma, occorre sottolinearlo ancora una volta, lui è stato ben lontano (come, del resto, Sergio Mariotti) dalla figura dello “scacchista professionista”. La sua ambizione era soltanto vincere, almeno per una volta, il campionato italiano. E ciò gli sarebbe riuscito nel 1985.

Ebbi anche il piacere di giocare con lui, e non soltanto in simultanee. Nei primi anni Ottanta non era rarissimo, lui maestro internazionale, vederlo fra noi “spingipedoni” del circolo di cui ero socio, lo Steinitz: arrivava, da solo, nel tardo pomeriggio, dopo il lavoro, sempre con i suoi modi garbati, silenzioso ma affabile, e poteva incrociare i pezzi con chicchessia. E qualche socio che non l’aveva riconosciuto era magari sorpreso di soccombere in venti mosse contro quell’ospite ….

Apprezzavo poi, particolarmente, come nei commenti alle partite Alvise non amasse snocciolare aride serie di varianti e combinazioni, ma come preferisse dare giudizi acuti e chiari sulle posizioni e sul piano di gioco, e come sapesse anche pazientemente ascoltare le osservazioni, a volte strampalate, dei suoi interlocutori o avversari.
Ne ho tutt’oggi quell’immagine perenne di personaggio degli anni ’80 nello stesso tempo autorevole e semplice, con un lieve, permanente e calmo sorriso dietro i suoi baffi ancora scuri.

Peccato che la sua lungimirante opera e i suoi progetti in Federazione non si siano potuti, per non chiari motivi, realizzare. Troppo poco tempo ne restò alla guida. Credo che questo sia stato uno dei maggiori dispiaceri che ebbe nella sua vita.

Quando venne a mancare, nel giugno del 2003, ne seppi notizia solo dopo alcune settimane e questo mi rattristò doppiamente. Ricordo di aver avuto, in quel momento, l’amara sensazione di quanti avvenimenti e persone, nella vita di ciascuno di noi, sfuggano talora e per sempre ai nostri occhi e alla nostra consapevolezza, e soltanto per negligenza e per l’attenzione che spesso dedichiamo a più futili temi.

Una volta chiesi ad Alvise: “Ma gli scacchi che cosa sono secondo te?”
E lui: “Di preciso non lo so, forse sto cercando anch’io una risposta. Ma potrei citare alcune parole di Pablo Neruda:
Gli scacchi sono anzitutto una vittoria del genere umano su se stesso. Per alcune persone sono principalmente musica, per altri sono pittura; per me sono poesia, la poesia della lotta e la poesia della mente”
.

Una persona che lo conobbe molto bene, e che qui a Roma collaborò sovente con lui, è stato il maestro, scrittore, preparatore sportivo ed ex rugbista Renato Tribuiani, che ringrazio anche per averci fornito le immagini di Alvise che vedete qui. L’ho incontrato di recente, e insieme abbiamo un poco parlato di lui.

D – “Renato, dimmi se sbaglio: io ho avuto la sensazione, quando seppi della sua scomparsa, che a lasciarci era stata una persona che avrebbe potuto fare tanto di più per gli scacchi italiani, grazie alla sua intelligenza, capacità, disponibilità e lungimiranza. Una sensazione di qualcosa d’incompiuto. Cosa ne pensi tu?”

R – “E’ così, infatti. Quando alla vigilia del terzo millennio mi cercò per propormi di collaborare al visionario progetto dell’unione sacramentale tra scacchi e scienze medico-sportive, mi trovò del tutto indifeso (come un re-nato senza i pedoni dell’arrocco); ero ormai stanco del rugby presso la cui federazione avevo rivestito incarico di coach di nazionale giovanile e di componente del centro studi e ricerche applicate, rivelatisi ben presto effimeri.Alla fine Alvise mi convinse a gestire, almeno per un anno, una accogliente saletta, ricavata nel sottosuolo della piscina del Foro Italico in Roma.
Uno o due giorni prima  di partire per presiedere al decisivo Consiglio Federale per la questione, vergò a mano, su un semplice foglio A4, i miei immediati compiti:

    1. Docenza in un corso riservato ad insegnanti di Educazione Fisica, presto concordato col locale Provveditorato agli studi (vedi allegato).
    2. Approfondire contatti col professor Lombardozzi, docente al contiguo Istituto di Scienze Motorie, per corso di scacchi riservato agli allievi.
    3. Intensificare contatti con gli specialisti di Medicina sportiva del CONI del centro Onesti (ove sono tuttora “di casa”) che possiedano curiosità e interesse per gli scacchi (ricordo mi venne in mente Eugenio Del Toma, luminare della Nutrizione umana, nonché tenacissimo avversario, in epoca giovanile, nelle competizioni di scacchi).

Gli scopi di tale programma erano evidentemente quelli di preparare, SPECIFICATAMENTE, esperti sportivi negli scacchi, alla pari di tutte le altre discipline nelle rispettive competenze.
Alvise commentava, col suo contagioso umorismo, che non poteva riporre le sue aspettative sulle attitudini di un unico esperto, quale lo scrivente, per di più anziano e in gran parte autodidatta; era più prudente preparare specialisti (e partiva elencando una serie di nominativi di giovani promesse scacchistiche, fra l’altro allettati dal riconoscimento dei crediti sportivi e dalle interessanti prospettive professionali) che si fossero iscritti, dopo il Liceo, alla facoltà di Scienze Motorie, piuttosto che a Giurisprudenza o Filosofia.
Dopo la prematura scomparsa di Alvise, gli obiettivi e le politiche federali mutarono e me ne resi conto in ritardo. Ma ciò non riguarda più Alvise e tanto meno la mia persona”.

D – “Ci puoi raccontare qualcosa su di lui, un aneddoto o altro?”

“Ne avrei tanti e di speciali, da narrare, ma ne riporto solo uno, un volontario “reato” che mi riguarda. Ad un incontro, prima di sederci ad un bar, Alvise mi porge un ponderoso volume: “Studia !” mi dice. “Ci sono troppi invidiosi in giro, è meglio che diventi bravo!” E ride di gusto.
Autodenuncio pertanto il possesso di “Instructive Modern Chess Masterpieces di Igor Stohl”. Gli eredi possono reclamarlo in qualsiasi momento, ma avverto che non sarà facile ottenere ciò che per me rappresenta un caro, inestimabile, Ricordo”.

Ecco, da ultimo concedetemi, visto che Alvise ha citato Pablo Neruda, di dedicare qui a lui una poesia, sia pure con imperdonabile ritardo. Sono pochi versi, che rappresentano un elogio della poesia, di un altro grandissimo: Federico García Lorca.

“ Il poeta è un albero,
con frutti di tristezza
e con foglie secche
per piangere ciò che ama.

Il poeta capisce
tutto l’incomprensibile,
e chiama amiche
cose che si odiano.

Sa che i sentieri
sono tutti impossibili,
e per questo la notte
li percorre con calma.

Nei libri di versi,
fra rose di sangue,
passano le tristi
ed eterne carovane

che lasciano il poeta,
quando piange la sera,
circondato e stretto
dai suoi fantasmi.

Poesia è amarezza,
celeste miele che sgorga
da un invisibile favo
che fabbricano i cuori.

Poesia è l’impossibile
fatto possibile. Arpa
che invece di corde
ha cuori e fiamme.

Poesia è la vita
che attraversiamo in ansia,
aspettando colui che porta
la nostra barca senza rotta.”


P.S.: La presente è la rivisitazione, corretta e largamente ampliata, di un mio articolo che apparve nel gennaio del 2012 sul blog “Soloscacchi” col titolo “Ad Alvise Zichichi”.

About Author

5 thoughts on “Il mio ricordo di Alvise Zichichi

  1. Anche io ho un ricordo di Zichichi. Un po’ particolare…A Levico Terme, mi pare, Una mattina, affacciandomi sulla terrazza dell’hotel in cui mi ero sistemato, sulla terrazza alla mia destra vidi proprio Zichichi che faceva ginnastica in mutandoni. Mi venne da sorridere e anche lui sorrise.

  2. Salve , anche io ho conosciuto Alvise. Erano gli anni 90. Dava lezioni all’A.S.R. (quando la sede era ancora a Via Re Tancredi, vicino Piazza Bologna). Frequentavo l’Accademia Scacchistica Romana e, tra un torneo sociale e l’altro, mi affacciavo alla saletta ( se non sbaglio il martedì) dove Alvise dava lezioni per principianti. Tra i principianti che assistevano, vi era anche la scacchista Cocchi Eva (l’unica ragazza del Circolo) di cui anni dopo seppi, da Salvatore Nobile, il triste destino( qualcuno sa dove riposa ?). Alvise venne anche ad un torneo nazionale a promozione che si svolse a Cave(Roma) nell’inverno del 1991. Io sono di Cave(anche se per molti anni ho abitato a Roma). In quell’occasione (col 6 su 8) diventai 1^Nazionale e fui particolarmente contento di vedere Alvise, credo il giorno finale della premiazione, col suo impermeabile alla Tenente Colombo ed il suo simpatico sorriso. Per inciso vorrei anche dire che conosco Riccardo Moneta ( ancora ricordo quando una volta mi accompagnò in macchina a vedere, credo a Settebagni, un mega torneo di scacchi super bellissimo). All’epoca ero iscritto al Circolo Steinitz e ricordo ancora il nome di qualche amico ( mi viene in mente; Buonacucina , Dorigo, Del Prato, Ferretti, Stagni, Franchini. Ma chiudo adesso l’inciso anche perché ciò avvenne prima della mia parentesi in Marina Militare (1983-1987). Mi soffermo su un episodio simpatico che condivisi con Alvise. Ebbene chiesi a lui se mi poteva dare qualche lezione privata a casa sua. Lui accettò e mi chiese di portargli, il giorno concordato, una serie di mie partite di torneo, il mio curriculum scacchistico (da quando presi la 1^ sociale allo Steinitz in poi) ed infine avrei dovuto specificargli a quale categoria scacchistica ambivo. Quando fui a casa sua mi mostrò almeno 2 stanze piene zeppe di libri di scacchi (in varie lingue). Ne rimasi stupefatto. Poi, mi fece accomodare in salotto e mi diede da risolvere un problemino di scacchi. Non riuscii a risolverlo, nonostante, nell’intento di aiutarmi nella concentrazione, ebbe a mettere musica stereofonica di sottofondo. Intanto si era fatto tardi ( eravamo già stati, fino al tardo pomeriggio, all’Accademia entrambi e lui mi aveva dato uno strappo con la sua macchina fino a casa sua). Mi riaccompagnò gentilmente vicino alla fermata dell’atac e ci apprestammo a salutarci cordialmente. Non volle nessun compenso in denaro. Io gli avevo detto che per me era proibitiva la cifra di 30.000£ a lezione ( cifra sotto la quale non riuscii a concordare con alcun maestro dell’A.S.R.). Lui, quasi seccato, disse che potevano esserci altri incontri ed io non dovevo parlare proprio di soldi !. Un attimo prima di congedarci mi chiese dove lavorassi. Gli risposi che facevo l’archivista in un Ente della Difesa(dove sono tutt’ora). Simpaticamente mi disse: “avrei bisogno proprio di un archivista a casa mia, per riordinare un po’ meglio tutti i miei libri…”( chissà se glieli avranno buttati dopo che morì).
    Antonino Chiacchiararelli

  3. Antonino (sì, mi ricordo di te!), grazie per questa gradita e simpatica testimonianza.
    Della vastissima biblioteca di Alvise dovrebbero saper qualcosa le sorelle; non credo che abbiano buttato nulla.
    Ciao.

  4. Salve sig. Moneta. purtroppo non ho conosciuto Alvise, ma da 11 anni conosco bene la sorella Paola che me ne ha raccontato le doti e che abita nel Reggiano, dove Alvise aveva partecipato al Torneo del Tricolore, ed unico a vincere una partita contro il campione Spasky, Era accompagnato dal presidente del Circolo Scacchistico di Guastalla (R.E.) “Aljekin”, e la notizia apparve su “La Gazzetta di Reggio” che io propongo nell’anniversario su un mio post “Guastalla c’era una volta” su FB, come su un diario di cronaca di notizie storiche collegate alla mia città. Ho pure avuto occasione di viaggiare a Roma dalle sorelle e fratello (purtroppo venuto a mancare 3 anni fa, e visitare anche la tomba di Alvise. Dalla sorella Paola posso ammirare qualche trofeo e riviste ma anche divertirmi nell’assistere alle gare che il pronipote seienne tenta di primeggiare con la nonna con una scacchiera di Alvise. Scusi il disturbo, ma sono onorato di condividere le vicende della famiglia Zichichi.

    1. Carlo, mi fanno molto piacere questa sua partecipazione all’articolo e queste parole che, pur non avendolo lei conosciuto di persona, costituiscono un notevole e inatteso omaggio all’indimenticabile Alvise e alla sua famiglia. Grazie!

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Scopri di più da Uno Scacchista

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continue reading