Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

Tony Miles: il primo GM inglese

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(Antonio M.)
Quando sei alle prime armi, sei giovane e leggendo i primi libri inizi a costruirti i tuoi idoli, quali Nimzowitsch, Alekhine, Botvinnik, Fischer, Karpov e t’imbatti in un personaggio particolare, originale, eccentrico, singolare, un po’ pittoresco e per dirlo all’inglese “a funny player”, con delle idee scacchistiche nuove, ma con un carattere che ti porta ad odiarlo o ad amarlo incondizionatamente, allora vuol dire che, a suo modo, ti sei imbattuto in un grande personaggio.

Questo è quello che mi è capitato quando ho letto per le prime volte delle gesta di Anthony John Miles, al secolo Tony Miles, uno dei più forti e controversi giocatori di scacchi che la storia ci abbia consegnato ed il primo Grande Maestro inglese. E già questo è il primo indizio che comincia a fartelo diventare simpatico: come non metterlo subito in relazione con il nostro primo Grande Maestro, “The Italian Fury” come soprannominato proprio dalla storica rivista inglese “British Chess Magazine” (BCM), il nostro GM Nazionale Sergio Mariotti, che non scelse la via del professionismo evitando scientemente la vita errabonda che Miles fece seguendo i vari tornei internazionali, cosa che tanto influenzerà negativamente la vita privata di quest’ultimo.

In quest’epoca mi piace dire “ho letto”, perché allora, e parliamo degli anni Ottanta, non si era sommersi dalle informazioni come oggi il web ci ha abituato quotidianamente e la conoscenza degli avvenimenti scacchistici avveniva tramite i giornali, le riviste specializzate ed “i più informati” che, immancabilmente, si trovavano al circolo che si frequentava e dai quali si aspettavano notizie che inevitabilmente venivano periodicamente e non a tamburo battente come siamo abituati nei nostri tempi tecnologici. Certo, oggi c’è un nuovo modo di leggere, sicuramente più conosciuto ed utilizzato dalle nuove generazioni, ma lo stringere tra le mani i libri, leggerli e sfogliarli fisicamente ti dà sensazioni diverse, difficilmente riproducibili facendolo in maniera elettronica, portandoti a credere che solo con loro ci sia la “vera” lettura.

Allora, oltre alle immancabili riviste italiane tipo “L’Italia Scacchistica”, “Due Alfieri” e “Scacco”, ed a quelle straniere tipo “Europe Échecs” e “New in Chess”, c’erano anche gli altrettanto immancabili “Informatori” che però erano degli strani libri con le mosse delle partite commentate da …. un elenco di altre mosse con degli altrettanto strani simboli, con i quali si esprimevano dei giudizi sulla posizione, di cui dovevi consultare la legenda per capirne il significato e senza parole scritte a commentare quanto riportato se non una descrizione del contenuto del volume nelle prime pagine dello stesso. Fu una piccola rivoluzione che rese fruibile questi libri a tutti i lettori del mondo, essendo le mosse riportate con le classiche “figurine” in notazione algebrica, portando così un linguaggio scacchistico universalmente riconosciuto, che però perdeva i commenti “parlati” dei giocatori più forti, con le spiegazioni di idee, varianti e piani celati dietro le mosse delle partite. Erano dei volumi, che uscivano a cadenza semestrale, attesi dagli appassionati perché riportavano le partite del semestre precedente tratte dai tornei più o meno importanti, divise secondo la nomenclatura dell’Enciclopedia delle Aperture Jugoslava (ECO) con le migliori novità teoriche giocate sulla scacchiera.

Io per qualche anno mi abbonai alla rivista olandese “New in Chess”, che ritengo sia stata, ed ancora ritengo sia, una delle migliori in circolazione e m’imbattei in colui che non diventò un mio idolo, ma che mi seppe incuriosire e poi conquistare per quel suo modo di essere anticonvenzionale ed un poco rivoluzionario, come lo fu per me quello che sì fu il mio primo idolo scacchistico: Aaron Nimzowitsch. Naturalmente parliamo di lui, Tony Miles, che poi non era solo eccentrico ma anche forte, maledettamente forte, ed anche precoce. Vinse i Campionati Britannici under 14 ed under 21 nel 1968 e nel 1971, poi fu medaglia d’argento al Campionato del Mondo Juniores a Teesside nel 1973 e vinse quello di Manila nel 1974, diventando poi nel 1976 il primo Grande Maestro inglese anche se tecnicamente questo non è del tutto vero. E sì, perché in realtà il primo a fregiarsi di questo titolo fu Jacques Mieses un forte giocatore d’inizio secolo di origine tedesca e naturalizzato inglese, che venne insignito del massimo titolo scacchistico nel 1950 quando la FIDE nominò i primi 27 Grandi Maestri della storia degli scacchi. Ma Miles è sicuramente il primo Grande Maestro inglese dell’era moderna nato e cresciuto nella madre patria.

Ecco la partita che gli permise di raggiungere il titolo.

Kostro – Miles, Dubna 1976


Con questo successo Miles anticipò di qualche mese l’altro concorrente per il raggiungimento dell’ambito status: Raymond Keene. Da qui si diede il via a quella che fu una delle stagioni più prolifiche dello scacchismo inglese, con diversi giocatori che da lì a breve divennero Grandi Maestri e che portarono l’Inghilterra agli apici dello scacchismo mondiale con due medaglie d’argento nelle Olimpiadi del 1984 e 1986. Giocatori tutti di alto livello, quali il su citato Keene, Micheal Stean, John Nunn, Jonathan Speelman ed a seguire Jonathan Mestel e Nigel Short.

Jonathan Speelman, Nigel Short, John Nunn e Tony Miles (1^ scacchiera) alle Olimpiadi di Dubai del 1986

Balzò subito nei primi posti del rating mondiale, anche se con il suo carattere aspro si attirò non poche critiche. Tra queste, quelle particolarmente irritate dei giocatori sovietici che lamentavano il fatto di non essere da lui rispettati come ci si attendeva dai giocatori occidentali. E lui per contro ebbe degli ottimi risultati contro di loro, ottenendo prestigiose vittorie contro Smyslov, Tal, Spassky e Karpov.

Contro quest’ultimo ne ottenne poi una clamorosa ai Campionati Europei del 1980, che non fece altro che acuire quell’avversione crescente nei suoi confronti: lo batté utilizzando la Difesa San Giorgio che venne da Karpov, in quel momento Campione del Mondo in carica, ritenuta un vero e proprio insulto e fu una sconfitta ritenuta così umiliante dall’Establishment sovietico che, mentre nel resto del mondo ebbe un notevole clamore mediatico, in Unione Sovietica venne completamente ignorata e non menzionata su nessun mezzo d’informazione per diversi anni.

La famosa Karpov-Miles (Foto di Lars Grahn)


La Difesa San Giorgio, che si ha dopo 1. e4 e6 2.d4 a6 3. Nf3 b5, oppure dopo 1. e4 a6 2. d4 b5 come nella partita appena vista, ha come base strategica quella di porre l’Alfiere di Donna del Nero sulla lunga diagonale con il fianchetto allargato per guadagnare spazio sull’ala di Donna, al prezzo di lasciare il centro nelle mani del Bianco come nelle più classiche aperture ipermoderne. Fu un’apertura che venne sviluppata dai giocatori inglesi negli anni Settanta, da qui il nome che richiama il Santo Patrono d’Inghilterra e degli Ordini Cavallereschi, che nella tradizione popolare viene rappresentato come il Cavaliere che affronta e sconfigge il Drago, con la lancia acuminata rappresentata, nel nostro caso, dal defilato pedone in a6.

In quegli anni i giocatori inglesi svilupparono nuove idee sui fianchetti di Donna del Nero, con lo sviluppo in chiave moderna della Difesa Inglese (1. c4 b6) e della Difesa Owen (1. e4 b6) ed alla fine approdarono alla Difesa San Giorgio, che non è altro che una Difesa Owen … allargata! Uno dei primi ad utilizzarla fu il dilettante inglese John Baker, che vinse a sorpresa nel 1868 due partite in simultanea, una contro Steinitz ed una contro Blackburne che, ad onor del vero, giocarono entrambi bendati dando vita ad una “simultanea alla cieca” che tanto impressionava, ed impressiona ancor oggi, gli appassionati e gli amatori. Il fatto all’epoca ebbe un notevole clamore, visto che gli sconfitti erano il Campione del Mondo (non ufficiale ma da tutti ritenuto tale) e uno dei più forti giocatori inglesi.

In tempi moderni, l’apertura venne ripresa sempre dai giocatori inglesi, ed in particolar modo da un altro giocatore originale e sicuramente anticonvenzionale: il Maestro Internazionale Michael Basman che nel 1979 giocò circa una quarantina di partite con questo impianto, dando un impulso allo sviluppo delle idee di questa apertura.

Ma fu proprio questa spinta laterale di un pedone di Torre, riconducibile alle prime mosse che spesso fanno i principianti, ad essere quasi sicuramente il motivo dell’irritazione di Karpov, unita al fatto che sembra che nella sala del torneo, alla vista della prima mossa di Miles, si sia sentito il ridere sommesso degli spettatori che non riuscirono a trattenersi nel vedere una simile mossa giocata in un contesto così importante. Insomma, Karpov si sentì quasi “sbeffeggiato”, con l’inattesa sconfitta ad aumentare il senso di umiliazione. Cosa confermata dallo stesso Miles nel libro “It’s Only Me” (titolo che è un anagramma del suo nome), dove un intero capitolo è intitolato con le sue parole: “Sono venuto a sapere che Karpov si è sentito insultato dalla mia scelta di apertura” (“I heard that Karpov felt insulted by my choice of opening” chapter seven). Ma forse Karpov non sapeva che Miles è nato il 23 aprile, per un insolito scherzo del destino nello stesso giorno in cui viene festeggiato San Giorgio!

Nel 1982 Miles vinse il suo primo, ed unico, Campionato Inglese per poi ottenere una delle sue migliori prestazioni vincendo il Torneo di Interpolis a Tilburg nel 1984 finendo imbattuto e con un punto e mezzo di vantaggio sui diretti inseguitori, partendo con un punteggio ELO tra i più bassi dei dodici partecipanti tra i quali erano presenti la metà dei primi dieci “top player” dell’epoca. Ma l’anno dopo, sempre nello stesso torneo, si verificò la più strana, incredibile e per certi versi esilarante, situazione “never seen before”.

Il torneo era un doppio girone all’Italiana con otto partecipanti e quindi quattordici turni, dove Miles aveva il punteggio ELO più basso ed era entrato di diritto nella lista dei concorrenti quale vincitore del torneo dell’anno precedente.

Miles dal terzo turno iniziò a soffrire di forti dolori alla schiena che divennero via via sempre più forti nonostante prendesse dei potenti antidolorifici e per poter continuare il torneo trovò una soluzione originale in linea con il personaggio: giocarlo sdraiato a pancia in sotto su un lettino da massaggio di fronte al tavolo con la scacchiera. Invero, il dover giocare delle ore in quella posizione non era il massimo per il resto della spina dorsale, ma almeno il dolore si attenuò.

Quello che avvenne successivamente ebbe del surreale con gli altri giocatori che non presero di buon occhio la situazione e con l’arbitro che si trovò in una situazione ingestibile: se avesse impedito l’utilizzo del lettino, Miles si sarebbe ritirato, altrimenti si sarebbe rischiato il ritiro degli altri giocatori. A complicare le cose una protesta scritta di quattro di essi che chiedevano una soluzione al problema, situazione dalla quale l’arbitro se ne tirò fuori dicendo semplicemente che non l’aveva. Alla fine, si giunse ad una decisione condivisa che prevedeva che chi doveva ancora giocare i rimanenti turni con Miles avrebbe preso degli accordi direttamente con lui (personal agreement).

C’è chi propose di giocare in tavoli separati, per evitare il disturbo psicologico di vedere davanti a sé un giocatore disteso su un lettino, chi non oppose problemi e chi invece decise di giocare in una posizione altrettanto originale. È quello che scelse di fare il simpatico Roman Dzindzichashvili che decise di giocare in piedi di fronte alla scacchiera, come a mettere in scena una sorta di teoria degli opposti.

“Se tu giochi sdraiato, non vedo perché io non possa farlo in piedi” sembra dire Dzindzi a Miles nella foto sopra riportata. Questa ritengo sia una delle foto più originali, pazze e divertenti della storia degli scacchi. Per la cronaca la partita finì patta dopo la 46^ mossa del Bianco.

Robert Hübner, all’epoca considerato il più forte giocatore tedesco dopo Emanuel Lasker, invece non se la sentì di giocare e con l’assenso di Miles ed in via eccezionale dell’arbitro, vista la situazione decisamente singolare venutasi a creare, si decise di concordare il pareggio di mutuo accordo prima di giocare, con l’impegno a fare qualche mossa sensata per ratificare il risultato. A prescindere da qualsiasi considerazione etica al riguardo, considerata l’eccezionalità della circostanza, quello che seguì non fu esattamente quanto auspicato.


La partita fece scandalo nell’opinione pubblica e fu un modo di Hübner di protestare per la costrizione subita anche se poi, a guardar bene, a Miles fu impedito di giocare una partita vera ed a compartecipare suo malgrado ad una farsa, con associato il suo nome, che avrebbe sicuramente fatto scalpore e non in modo positivo. Quando la vidi la prima volta sul numero di novembre di quell’anno di “New in Chess” non potevo crederci in primis e non riuscivo a capire quanto leggevo man mano che lo facevo, salvo poi leggere con più attenzione il dettagliato resoconto del torneo che mi chiarì i fatti. Ma non tutti avevano avuto modo di leggere queste spiegazioni a quella strana patta ed i commenti tra il divertito e lo scandalizzato la fecero da padrone.

Miles alla fine vinse il torneo con 8,5 su 14 insieme allo stesso Hübner e a Korchnoi, bissando il successo dell’anno precedente e confermandosi ad altissimi livelli.

Ecco una delle sue prestigiose vittorie contro “Victor il Terribile” che si prese il lusso di sconfiggere in entrambi gli incontri.

La bella vittoria in un prestigioso torneo, questa volta non lo compensò del tutto del fatto che un giovane emergente, Nigel Short, lo stesso anno riuscì un mese prima a qualificarsi al “Torneo dei Candidati” primo scacchista inglese a compiere l’impresa e cosa che a lui non riuscì mai.

Tra i due iniziò una brutta rivalità in patria per chi fosse il migliore, portandoli a disprezzarsi vicendevolmente, con Short che a mano a mano prese il largo, dal punto di vista sportivo, raggiungendo l’apice nel 1993 quando sfidò Kasparov per il titolo mondiale.

Ma come spesso accade nella vita, non sempre sono solo i risultati a determinare la fama di una persona ed a tramandare le sue gesta ai posteri. Miles non divenne Campione del Mondo e non si avvicinò mai neanche lontanamente ad un match per il titolo, ma di sicuro la sua personalità difficile, spigolosa, non convenzionale, “politically incorrect”, unita al suo indubbio talento lo hanno reso quasi una leggenda, a dire il vero controversa, dello scacchismo inglese in primis e mondiale poi.

Per quanto mi riguarda, se devo chiudere gli occhi e pensare ad un grande giocatore inglese, il primo che mi appare facendosi largo nella nebbia dei miei ricordi è lui, e voglio ricordarlo così, tralasciando quanto di brutto successe nella sua vita e nella sua carriera, a partire dalla sua malattia che determinò una brusca calata di risultati nel suo momento migliore, fino a rischiare di perderlo completamente, alle sue lotte contro la Federazione per una brutta faccenda di compensi che lo sfibrarono, al suo ritorno nell’élite degli scacchisti migliori, senza però avere più lo smalto degli anni belli e ritrovandosi sopravanzato in patria dai giovani emergenti con l’inizio dell’inevitabile declino. Tralasciando anche alcuni suoi atteggiamenti a volte provocatori che non lo rendevano proprio un “mister simpatia”, con un senso dell’humor che non tutti capivano ed apprezzavano ma che gli hanno conferito quell’alone di personaggio fuori dalle righe che lo ha accompagnato nel bene e nel male per tutta la sua vita.

Voglio ricordarlo così, nei suoi momenti migliori, con il volto sorridente, i baffoni ed i capelli folti e lunghi in puro stile anni Settanta, oppure mentre pensa alla scacchiera facendo quello che più gli piaceva.

Voglio ricordarlo così, mentre ascolto i brani dell’album “Selling England by the Pound” dei Genesis guardando le sue partite e sorseggiando del buon tè verde.

Voglio ricordarlo così: il primo Grande Maestro Inglese, “It’s Only Me”, l’indimenticabile Tony Miles.

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