La misteriosa paternità della “Difesa Siciliana”
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(Santo Daniele Spina)
In seguito allo strepitoso successo della serie televisiva “La regina degli scacchi” (traduzione italiana della serie Netflix The Queen’s Gambit tratta dal romanzo di Walter Tevis) è venuta prepotentemente alla ribalta la menzione della “Difesa Siciliana”, quale formidabile arma utilizzata dai più forti giocatori del mondo.
Scrivo per fugare alcuni equivoci sulla paternità di tale antico impianto di gioco, avendo ad esempio recentemente letto l’articolo Scacco alla “Regina” la mossa della serie tv ideata da un siciliano pubblicato in data 17 novembre 2020, p. 13 su “La Repubblica”, edizione di Palermo a firma di Andrea, G. Cerra.
Si precisa per correttezza di informazione che allo stato attuale degli studi non si può affatto affermare che don Pietro Carrera sia stato l’inventore della “Difesa Siciliana”. Il trattatista nel “Gioco de gli scacchi” dedicò a questo impianto appena due pagine (pp. 412-413), probabilmente perché tale difesa all’epoca era “giovane” e sperimentata occasionalmente, per uscire dalle vie troppo battute dalla teoria e il sacerdote siciliano non ne rivendicò mai la paternità, pur non essendogli mancate l’occasioni.
L’eminente storico Alessandro Sanvito, da poco scomparso, dimostrò che risale al 1594 la più antica attestazione di tale impianto nel manoscritto «Parigi 948» del Polerio. Tale difesa non fu tuttavia denominata in alcun modo né dal Polerio né dal Carrera. Nel XIX secolo il teorico inglese J. H. Sarrat, sulla scorta di un raro e prezioso manoscritto italiano segnalatogli dal signor E. Morris, affermava che la successione di mosse 1.e4 c5 era stata definita in periodo più antico «IL GIOCHO SICILIANO», denominazione che grazie allo studioso inglese iniziò da allora a diffondersi nel mondo scacchistico e che poi divenne «Difesa Siciliana». Di questo misterioso codice non si seppe più nulla, fino a quando Alessandro Sanvito per una fortunata coincidenza il 18 settembre 2002 lo rinvenne in Polonia e precisamente nella biblioteca del castello di Kórnik: si trattava del manoscritto del «periodo inglese» del Greco, datato al 1623.
Dunque allo stato attuale degli studi, come ha scritto Sanvito, «noi non sappiamo ancora, e forse non lo sapremo mai, il perché Greco battezzò il 1. e4 c5, come Giocho Siciliano».
Possiamo solo fare delle ipotesi verosimili, scartando quelle che non hanno un briciolo di fondamento:
- tale difesa fu probabilmente introdotta nella prassi agonistica dai giocatori della terra di Sicilia. Al riguardo è opportuno mettere in rilievo che le fonti non indicano tuttavia i nomi degli scacchisti siciliani che la resero popolare e che lo stesso Carrera, pur potendo essere stato uno tra gli sperimentatori, non se ne attribuì mai la paternità;
- il Greco denominò così tale difesa probabilmente in onore del siciliano Carrera, che prima di lui aveva analizzato alcune varianti di tale impianto nel suo trattato del 1617.
Bibliografia essenziale
- Alessandro Sanvito, I codici scacchisti di Giulio Cesare Polerio e Gioacchino Greco, Brescia 2005, pp. 39-41 note 109 e 111 (2ª edizione, maggio 2008).
- Santo Daniele Spina, Il Carrera e la Difesa Siciliana in La Sicilia, n. 211, 1 agosto 2004, p. 34.
- Santo Daniele Spina, I giochi di vantaggio del libro quinto del trattato di Don Pietro Carrera, Morrisville, 3 marzo 2018, pp. 29-31.
Santo Daniele Spina (Catania, 02.12.1965). Professore di Lettere al Liceo Statale “Archimede” di Acireale. Specializzato in archeologia classica, è stato membro della Missione Archeologica Italiana a Priniàs. Cultore sia di storia locale sia di egittologia, quale storico degli scacchi ha collaborato attivamente con riviste italiane e straniere con numerose pubblicazioni all’attivo.
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