Da Ruy Lopez a Long con la Donna cavalletta o cavallotta
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(Riccardo M.)
Thomas Long era un appassionato scacchista di Dublino. Piuttosto noto al suo tempo, non ne si conosce la data di nascita, ma solo quella della morte: 1907.
Nella seconda metà del secolo XIX egli frequentava i circoli di scacchi più noti della città: il Dublin Philidorian Society, l’Harp Coffe House e il Victorian Chess Club.
Thomas Long scrisse quattro libri di scacchi, tutti sulle aperture: Key to the Chess Openings (Dublino 1871), Positions in the Chess Openings (Londra 1874), Peeps at the Chess Openings (Huddersfield 1886) e Double Diagrams in the Chess Openings (Huddersfield 1894).

Collaborò a vari periodici e fu dal 1881 (anno della fondazione di quella che è la più antica rivista di scacchi del mondo) al 1887 nella redazione del “The British Chess Magazine” diretto da John Watkinson. Fu anche il primo presidente della Irish Chess Association, fondata nel 1885. Pare che Long non fosse troppo temibile come giocatore, ma come divulgatore e organizzatore si sapeva di certo molto ben difendere.
Tutti e quattro i suoi libri hanno una curiosa particolarità, che non credo sia mai stata ripresa da alcun altro. Quando Long prevedeva dei diagrammi, fissava la posizione, per semplificare il compito dei lettori, in modo che il pezzo che aveva effettuato l’ultima mossa fosse stampato nel diagramma di traverso, piegato di 90 gradi sulla sinistra.
Un meritato necrologio gli dedicò il 25 maggio del 1907 il suo “The British Chess Magazine” (fonte: Chess Book Chat, 2016).
Nel 1891 Thomas Long aveva pubblicato sul “The British Chess Magazine” un articolo sul gioco, presentando quella che definiva una sua invenzione e che consigliava agli amanti delle novità. In realtà lui non voleva affatto sostituire le vecchie regole con nuove, ma piuttosto dar modo di avere a disposizione delle varianti del nostro gioco, e questa variante la chiamò “Scacchi-Imperatrice”. L’innovazione si sostanziava esclusivamente nel consentire alla Donna di effettuare, oltre a tutte le altre, anche la mossa del Cavallo, la consueta “L”. Long portava anche un esempio di partita a “Scacchi-Imperatrice”, questo:
1.e4,De6 2.d3,d5 3.Cc3,Cf6 4.Cf3,h6 5.Ae2,g6 6.0-0,Ag7 7.e5,Ch7 8.Cd4,Db6 9.Cxd5,Dxd4 10.Cxc7+,Rd8 11.Cxa8,h5 12.a3,Ag4 13.Dd2,Axe2 14.Dxe2,Dxe2+ 15.Rh1,Dxf1 matto.
Beh, è meglio non commentare questa partita e pensare invece alla DC, che non è più per noi la Democrazia Cristiana, ma la “Donna Cavallotta” (o, come scriveva a volte il secolo scorso la nostra “L’Italia Scacchistica”, “Donna Cavalletta”).
Irlandesi falsi e cortesi? Ma no, quelli sono i piemontesi o i leccesi, per antica tradizione italica. Probabilmente l’irlandese Thomas Long non conosceva troppo a fondo la storia del nostro gioco e fu spinto a presentare quella astrusa novità come una sua invenzione. Forse non aveva mai letto la “Dissertazione del signore D. Benedetto Rocco, napoletano, sul giuoco degli scacchi”, scritta dall’abate Rocco, da lui dedicata agli “Uomini oziosi” e ristampata a Roma nel 1817 da Francesco Cancellieri con l’aggiunta della “biblioteca ragionata degli scrittori sullo stesso giuoco”.
Cancellieri, o meglio l’abate Rocco, richiamava in realtà l’opera di Ruy Lopez de Segura: “Anticamente, dice Rui Lopez, la Donna non andava, se non di casa in casa, ma in processo di tempo i giuocatori la misero in campo. Ella oggidì può prendere ogni pezzo, anche la pedina del Cavallo, il che era vietato una volta. Solamente le si proibisce oggi di saltare come Cavallo”. “E pure Rui Lopez fa menzione di una donna cavallotta, che si dava in Ispagna; donde si rileva, che è una bestia chi dice, che noi Italiani c’intendiamo di Scacchi meglio degli Spagnuoli”. “Si sappia”, dice egli nel Cap. 18 pag.55, “che molti sogliono dare una donna cavallotta, cioè che la donna si possa servire, ed essere ad essi per donna, e cavallo”.
Ma in Italia non era nemmeno questa del Cancellieri la prima opera in cui si citava il Ruy Lopez e la “Donna cavallotta”! Ad indicarci che a parlarne per primo era stato il Ruy Lopez, fu la prima traduzione italiana del suo libro, protagonista Giovan Domenico Tarsia nel lontano 1584 a Venezia. E allora lo storico Adriano Chicco si pose il dubbio, giustamente: “Forse questa invenzione (di Ruy Lopez) non era nuova nemmeno allora!”.
“Si sappia” riportava il Tarsia nella sua traduzione “che molti sogliono dare una Donna-Cavallotta, cioè che la Donna debba essere Donna e Cavallo”. Ecco quindi la differenza fra gli scritti di Thomas Long e quelli di Rocco/Cancellieri o Tarsia/Ruy Lopez. Per il primo la “Donna-cavallotta” (o cavalletta) era una diversa variante del gioco o una differente regola, mentre, a ben interpretare, per il grande spagnolo la “Donna-cavallotta” non era altro che un’agevolazione, cioè un vantaggio, che si era soliti spesso dare nella pratica di gioco, a Madrid e dintorni, ai giocatori più deboli.
A questo punto debbo ammettere, cari lettori, che …. il Ruy Lopez a me non concedeva mai il vantaggio di “pedone e tratto”, bensì mi offriva l’opportunità di godere di una Donna più forte della sua. Ed io con lui perdevo lo stesso, evidentemente distratto dalla presenza di una Donna tanto eccezionale.
Ma chi era Giovan Domenico Tarsia? Letterato veneto e traduttore, la sua principale attività era quella di “oratore funebre”, per il quale lavoro a Trieste nel 1561 gli erano riconosciuti 100 ducati e “casa franca” (A.Chicco).
Lo stesso Chicco definiva la traduzione di Tarsia dell’opera di Ruy Lopez “imprecisa e riduttiva”, tanto è vero che le circa 300 pagine originali divenivano 214 nella semplificazione del Tarsia, e per di più venne rovinata da parecchi errori di stampa; tuttavia gli assegna il gran merito “di aver riportato integralmente gli insegnamenti del Lopez, anche quando tali insegnamenti urtavano contro le regole italiane”.
Pertanto, tornando al titolo del presente articolo, una cosa è certa: che il primo riferimento storico alla “Donna cavallotta” lo si deve proprio al grande Ruy Lopez de Segura, autore del prezioso e voluminoso “Libro de la invencion lyberal y arte del juego del Ajedrez …”, pubblicato in Spagna nel 1561 e in Italia nel 1584 grazie a Giovan Domenico Tarsia e allo stampatore veneziano (Venezia era nel Cinquecento nel periodo di suo massimo splendore) Cornelio Arrivabene, il quale volle ingraziarsi così il suo signore, “duca di Sora e d’Arce”, Jacopo Boncompagni. Questi era parente di Ugo Boncompagni, il quale salì al Papato nel 1572 col nome di Gregorio XIII.
Insomma, Jacopo (o Giacomo) Boncompagni potrebbe senz’altro essere considerato uno dei primi sponsor nella storia degli scacchi, tanto è vero che, come ricorda ancora il Chicco, egli, “protettore degli scacchisti”, versava al Ruy Lopez “un beneficio di 2.000 scudi all’anno”. E papa Gregorio XIII fu anche l’organizzatore di quello che si può forse considerare, con un poco di fantasia, il primo match mondiale della storia: quello di Roma nel 1572 fra lo stesso Ruy Lopez de Segura e il nostro Leonardo da Cutro detto “Il Puttino”.
Nel Cinquecento il Mediterraneo era davvero la culla degli scacchi! Ma nel Cinquecento, a proposito di cavallette o cavallotte, non erano ancora arrivate le “cavallette” russo/sovietiche… ed erano ancora parecchio lontani gli scacchisti anglosassoni e il nostro bravo amico irlandese Thomas Long.