Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

Samuel Beckett

9 min read

Samuel Beckett con Billie Whitelaw al Royal Court nel 1979

(Adolivio Capece)
Samuel Beckett (Dublino, 13 aprile 1906 – Parigi, 22 dicembre 1989), autore di ‘Aspettando Godot’ e considerato uno dei letterati più influenti del XX secolo, era anche un buon giocatore di scacchi.


Imparò al Trinity College di Dublino quando era studente e divenne così bravo da conquistare un posto da titolare nella squadra dello stesso College; e tuttavia la maggior parte dei biografi ne ricorda i successi solamente in sport come cricket, boxe, nuoto, rugby.
Beckett verrà insignito nel 1969 del Premio Nobel per la letteratura “per la sua scrittura che, nelle nuove forme del romanzo e del dramma e nell’abbandono dell’uomo moderno, acquista la sua altezza”.

Dopo molto girovagare, nel 1939, dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, si trasferì definitivamente a Parigi preferendo (parole sue) “La Francia in guerra all’Irlanda in pace”.
Beckett era uno dei molti artisti appassionati di scacchi che a Parigi frequentavano i caffè della Rive Gauche, dove conobbe Marcel Duchamp con cui giocò molte partite (“perdendole regolarmente, purtroppo” annotò) e con cui passò molte ore a studiare i finali di pedone, tema che ossessionava Duchamp.

L’amicizia con Duchamp, che fu “qualcosa di molto stimolante nella vita di Beckett”, come si legge in una sua biografia, è stata lo spunto per la sua nota piece teatrale “Finale di partita” e forse fu scritta per festeggiare i 70 anni del celebre artista.
Una prima testimonianza della passione di Beckett per gli scacchi la troviamo già in uno dei suoi primi romanzi, “Murphy” (il nome del protagonista ricorda il grande campione Paul Morphy), in cui è trascritta e annotata una assurda partita giocata nella casa di cura per malattie mentali tra il protagonista, Murphy, che vi lavorava come infermiere, e uno dei pazienti, il signor Endon.

Da ricordare infine che nel 1978 Beckett fu tra i firmatari di un telegramma di sostegno a Viktor Kortschnoj, sfidante di Anatolij Karpov nel campionato del mondo che in quel momento era in corso nelle Filippine, telegramma firmato tra gli altri da Sartre e Ionesco.
Il telegramma fu inviato prima della partita n. 20, quando il risultato era di 4 vittorie a 1 per Karpov; la 20’ finì patta ma poi Viktor vinse la 21’ (ricordiamo che il titolo era assegnato alla sesta vittoria, che Kortschnoj recuperò clamorosamente portandosi da 2-5 a 5 pari alla 30’ partita, e che perse poi malamente la 31’ e con essa il titolo iridato).

Per cercare di capire meglio i due testi di Beckett che ci interessano, utilizzeremo i commenti di alcuni critici letterari. Non seguiremo la cronologia delle due opere, ma partiremo da quella più nota, “Finale di partita”, anche se dal punto di vista scacchistico l’altra, “Murphy”, risulta più coinvolgente.

“Finale di partita”

Iniziamo dunque da “Finale di partita” (Endgame), opera teatrale in un atto scritta in francese e considerata dai critici uno dei lavori più significativi di Beckett.
La prima dell’opera andò in scena (in francese) il 3 aprile 1957 al Royal Court Theatre di Londra.
L’anno successivo, in settembre, il primo allestimento italiano, a Roma, al Teatro dei Satiri, messo in scena dalla Compagnia dei Giovani diretta da Andrea Camilleri (il creatore di Montalbano) che era scacchista, avendo imparato a giocare da ragazzino grazie a uno zio, e che in proposito dichiarò: “Secondo me uno dei più bei testi a soggetto scacchistico è ‘Endgame’ (finale di partita) di Samuel Beckett, che ho avuto il piacere di mettere in scena a teatro in Italia per primo.”

L’origine scacchistica di “Finale di partita” è stata confermata dallo stesso Beckett, che scrisse: “La prima parola di Hamm conferma il paradigma del gioco annunciato nel titolo: ‘…Tocca … a me…’.  Hamm è il re in questa partita a scacchi perduta fin dall’inizio. Fin dall’inizio egli sa di fare mosse senza senso […] Ora nel finale fa mosse insensate che soltanto un cattivo giocatore farebbe […] Sta solo cercando di rinviare la fine inevitabile.”

Spiace perciò all’appassionato di scacchi che, nonostante questa esplicita dichiarazione dell’Autore, in pochissime (almeno in Italia) delle tante realizzazioni la scena di “Finale di partita” sia stata raffigurata come una scacchiera sulla quale far muovere gli interpreti, ultimi pezzi di una partita ormai conclusa, in attesa di essere di nuovo riposti nella loro scatola. Tra le rare eccezioni, oltre al già citato Camilleri, da ricordare Giorgio Albertazzi (pure scacchista), che mise in scena la piece al Teatro San Babila di Milano poco tempo prima di morire.

Una curiosità: Adorno, il noto filosofo tedesco che si occupò anche di critica letteraria, e che ha forse dato una delle interpretazioni più convincenti del lavoro teatrale beckettiano, affermò di trovare poco comprensibile il testo in cui Hamm dice tra l’altro: “Ho conosciuto un pazzo … Dipingeva … Gli volevo bene … andavo a trovarlo“, mentre non è affatto difficile riconoscere in queste parole Duchamp.

Per chi non la conoscesse, una sintesi della trama.

I protagonisti sono Hamm, un anziano signore cieco ed incapace di reggersi in piedi, ed il suo servo Clov, che al contrario non è capace di sedersi. Trascinano la loro esistenza in una casetta in riva al mare, nonostante i dialoghi suggeriscano che in realtà all’esterno della casa non esista più nulla, né mare, né sole, né nuvole. I due personaggi, dipendenti l’uno dall’altro, hanno passato anni a litigare e continuano a farlo durante lo svolgimento dell’opera. Clov vorrebbe continuamente andarsene, ma non sembra esserne capace. In scena sono presenti anche i due vecchissimi genitori di Hamm, che sono privi di gambe e vivono in bidoni della spazzatura che l’autore vuole situati sul palco in primo piano a sinistra.

Ha scritto il critico Pierre Massot: “Attraverso i personaggi di Hamm e Clov, uniti dall’apparente rapporto di padrone e servo, attraverso la famosa presenza dei due bidoni per la spazzatura abitati da Nag e Nell, genitori di Hamm, Beckett ha messo in scena una vera e propria partita a scacchi, specie quel particolare momento della fase finale nel quale tutti i pezzi sono stati scambiati e sulla scacchiera rimangono soltanto i re ed alcuni pedoni.

“Murphy”

Beckett iniziò a scrivere Murphynel 1936; la prima pubblicazione, in inglese, che supervisionò personalmente, è del 1938. Beckett avrebbe voluto come copertina una foto che aveva visto su una rivista tedesca anni prima, che raffigurava due scimmie che giocano a scacchi. Ma l’editore la rifiutò. Nella vignetta originale, la scimmia a sinistra diceva: «Cosa? Ti fai mangiare la regina? Che follia!»
Tradusse poi personalmente il testo in francese l’anno dopo, “ottenendo come risultato finale una lingua media e sporca per far nascere un personaggio letterario che è piena rappresentazione della sua idea del mondo”.

In sintesi: il protagonista, Murphy, incitato a trovare un impiego dalla sua amante Celia Kelly, inizia a lavorare come infermiere alla “Magione Maddalena della Misericordia Mentale” (Magdalen Mental Mercyseat) e scopre che la pazzia dei pazienti è un’attraente alternativa all’esistenza cosciente.

Nel capitolo 11, verso la fine del romanzo, Murphy fa una partita a scacchi con il signor Endon, un paziente che è “il più carino e docile rimbambito di tutto l’istituto”.

La partita è riportata integralmente in notazione tradizionale, con alcuni commenti dello stesso Beckett (da notare l’accenno agli ottocenteschi Café de la Regence e Simpson’s Divan, che erano stati entrambi chiusi prima della sua nascita) e si conclude con la quarantatreesima mossa del signor Endon, quando “Murphy fissò lungamente la scacchiera, prima di stendere dolcemente il suo Re sul fianco, e ancora a lungo dopo quell’atto di sottomissione.

Vediamo cosa hanno scritto i critici letterari:

I personaggi appaiono come dei fantocci, vuoti e freddi, tranne il protagonista che risulta essere psicologicamente complesso e dettagliato, farcito di tutte quelle conoscenze sull’inconscio che Beckett stava apprendendo dal suo medico (non a caso in molti ipotizzano che Murphy sia la rappresentazione del suo psicologo).
Il messaggio dell’opera è l’ansia che si collega alla paura di vivere: la vita di Murphy è un’esistenza priva di qualità. Il suo involucro è la sedia a dondolo che lo ripara dallo scorrere del tempo. Da questo suo rifugio compie movimenti limitati, riesce a sentire la strada quasi come se la stesse realmente vivendo in prima persona.
Murphy è sottoposto a un vero dualismo tra corpo e anima: far stare bene l’uno riesce a dar piacere anche all’altro.
Un giorno inizia una partita di scacchi con un paziente con l’intenzione di farlo vincere per rallegrargli la giornata: Beckett riporta tutte le mosse, con tanto di note che pretendono di argomentare una partita lenta e senza alcuna risoluzione.”

E ancora:

Questa partita è molto particolare: nessuno pezzo verrà mai catturato. È chiaro che nessuno dei due giocatori sta giocando per vincere in modo convenzionale. Mr. Endon gioca un tipo di scacchi differente: siamo di fronte a una specie di gioco di scacchi contemplativo e esteticamente meditativo. In certo senso le mosse di Murphy sembrano più utili e dirette verso un obiettivo di quelle del suo avversario, mentre i pezzi di Mr. Endon si muovono avanti e indietro come in una danza.”

Vediamo ora la partita.

Il signor Endon giocava sempre con i neri. Se gli offrivano i bianchi si dileguava, senza alcun segno di fastidio, con una espressione di leggero stupore.
Murphy si avvoltolò ai piedi del letto, Endon non si mosse, salvo la testa che era inclinata. Se sulla scacchiera o semplicemente sul petto, nulla indicava.
E la partita incominciò…

Murphy – Mr. Endon
Magdalen Mental Mercyseat (Magione Maddalena della Misericordia Mentale)
apertura “Affense Endon” o “Zweispringerspott

Concludiamo con il commento della statunitense Deirdre Bair (1935-2020) studiosa di letteratura. La Bair nel 1981 vinse un ‘National Book Award’ per la sua biografia di Samuel Beckett.

In una partita a scacchi unica nel suo genere, Murphy e il signor Endon compiono quarantatre mosse di brillante non-comunicazione, nel corso delle quali il signor Endon non distoglie mai una volta l’attenzione dalle sue tre file di pezzi, mentre Murphy si sforza dapprima di imitare le mosse dell’avversario, poi sacrifica inconsultamente tutti i suoi pezzi. […]

Alla nona mossa Murphy è riuscito, nonostante il suo brillante esordio, a ripetere quasi tutte le mosse del signor Endon.

Alla decima mossa Murphy muove un pezzo invitando il signor Endon ad attaccarlo; Endon lo ignora e continua a muovere i suoi pezzi avanti e indietro e lateralmente, sempre all’interno delle tre file che gli sono più vicine. […]

Alla ventunesima mossa, Murphy ha spostato tanti pezzi che non può più continuare a seguire il signor Endon e comincia a muovere alla cieca. Endon, perfettamente controllato, continua a scambiare di posto ai suoi pezzi. […]

Murphy continua a offrire la sua regina e Endon a rifiutarla.

Alla trentaquattresima mossa Murphy si trova chiaramente in scacco matto,

(In realtà il Bianco dà scacco di Donna ma non è scacco matto, ndR)

ma il signor Endon si rifiuta ancora una volta di prenderne atto.

Nelle ultime nove mosse Murphy cerca freneticamente di comunicare facendo avanzare in maniera inconsulta i suoi pezzi e spostando la regina e il re in posizioni suicide.

Endon, che per tutta la partita non si è mai curato della presenza di Murphy, termina la partita con tutti i suoi pezzi disposti in bell’ordine dalla sua parte, più o meno nelle stesse posizioni dell’inizio.

Ciò che è interessante in questa partita è l’inutile rinuncia di Murphy dopo la quarantatreesima mossa del signor Endon, quando con la sua regina avrebbe potuto costringere l’avversario ad affrontarlo o a ritirarsi.

Con questa mossa Endon avrebbe dovuto mangiare la regina di Murphy oppure alterare la simmetria dei suoi pezzi; non avrebbe potuto ignorarla e sarebbe stato quindi costretto a riconoscere l’esistenza di Murphy.

Il fatto che Murphy scelga invece di rinunciare dimostra che egli si riconosce sconfitto in qualcosa di più di una partita a scacchi: è sconfitto dallo stesso signor Endon ed è costretto a rendersi conto che tra loro non ci sarà mai una comunicazione”.

About Author

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: