La scommessa di Augustus Mongredien
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(Riccardo M.)
Conoscete un giocatore di scacchi dei nostri tempi che sia anche scrittore e che si interessi di politica, economia e botanica? Beh, credo che oggi sia difficile indicarne uno, in un secolo di specializzazione estrema come il XXI°.
Rispecchia invece quelle caratteristiche Augustus Mongredien (Londra 17.3.1807-30.3.1888, l’ultimo a destra nell’immagine di apertura), poliedrico personaggio inglese che passò alla storia scacchistica per le roboanti sconfitte subite nei matches con Morphy (nel 1859, per 0,5 a 7,5), con Harrwitz (stesso anno e stesso punteggio) e con Steinitz (nel 1863, per 0 a 7).
In verità c’è da dire che il buon Mongredien non era più giovanissimo quando affrontò quei tre campioni. Era invece un pochino più bravo quando, nel 1845, viaggiò a lungo in Germania ed ebbe occasione di giocare alcuni matches, vincendo contro Wilhelm Hanstein (4 a 2) e pattando 3 a 3 con Karl Mayet.
Fu probabilmente proprio nel 1845 che Mongredien ebbe a scrivere una simpatica storiella di scacchi sul “Hamburgischer Correspondent”, uno storico foglio tedesco che pubblicò per oltre 220 anni, dal 1712 al 1934 circa. Ve la ripresentiamo oggi sulle nostre pagine, dopo che apparve agli inizi dello scorso secolo anche sulla “Italia Scacchistica”.
Due frequentatori di un ben conosciuto Caffè dove si giocava a scacchi (chiamiamoli Pitt e Fox) erano degli appassionati scommettitori. Non facevano mai una partita senza renderla interessante con qualche scommessa, e preferivano in specie le posizioni ingannevoli, i problemi con trappole, in una parola tutto ciò che può dar luogo facilmente ad una scommessa. E il vedere il modo astuto, benché cortese e leale, col quale ciascuno s’ingegnava di strappare all’altro la posta, costituiva per i loro amici del Caffé una fonte inesauribile di divertimento.
Una sera Pitt, arrivato per primo, mostrò agli astanti la seguente posizione:
“Oggi”, disse Pitt, “mi prenderò la mia rivincita su Fox, che mi ha vinto le ultime due scommesse. Qui la prima mossa è quasi ovvia: 1.Te2. Il Nero non può rispondere con 1… h6 senza perdere la Donna. La sua migliore replica è pertanto 1… Dg8”.
Intervenne qui Sylvester, un giocatore che stava studiando la posizione: “No, non basta, perché 2.Cf6 guadagna la Donna”.
“Bravo” affermò Pitt sfregandosi allegramente le mani. “E’ proprio qua che io l’acchiapperò. Certo che 2.Cf6 guadagna la Donna, ma non guadagna la partita, perché dopo 2… Dg1 3.Te8+ Rg7 4.Tg8+ Rh6! 5.Txg1, il Re Nero è in stallo!”
“Bellissimo”, rispose Sylvester, “ma allora quale è la soluzione?”
“Dopo 2.Cf6”, spiegò Pitt, “il Bianco non ha più della patta. La mossa che vince è invece 2.Cg7”.
Tutti si misero a studiare la posizione quando fece il suo ingresso al circolo l’amico Fox.
“Non una parola, eh?”, mormorò Pitt rimettendo velocemente i pezzi a posto. “Vedrete adesso come ci cascherà”.
“Buona sera a tutti!”, salutò Fox entrando, e poi, osservando quella posizione, aggiunse: “E questo cos’è mai?”.
“Eh, è una partita che avrei dovuto vincere”, replicò Pitt quasi con noncuranza, “io avevo il Bianco ed il tratto, ma non ho trovato la continuazione giusta. Prova a prendere tu il Bianco e guarda un po’ se la trovi”.
Fox si sedette davanti alla scacchiera ed esaminò la posizione.
“Va bene”, disse dopo pochi istanti, e giocò 1.Te2.
Dopo aver fatto finta di pensare un momento, Pitt rispose con 1… Dg8.
Ansiosi di vedere che cosa sarebbe successo, gli astanti facevano ressa intorno alla scacchiera. Fox giocò 2.Cf6 e gridò secco secco: “E vince!”.
“E vince?” esclamò vivamente Pitt. “Ne sei ben sicuro?”.
“Certo, perfettamente sicuro!”.
“Scommetto che, dopo la mossa che ti mostrerò, tu non potrai più vincere!”.
“Ed io scommetto il contrario”.
La scommessa fu stabilita e la posta (una somma piuttosto rilevante) fu lasciata ai bordi della scacchiera dai due giocatori.
Pitt a stento riusciva a dissimulare la sua gioiosa eccitazione. Accese un sigaro e ne soffiò il fumo ai quattro punti cardinali. Volendo far durare più a lungo il piacere, fece finta di riflettere profondamente prima di giocare 2… Dg1. Vi fu tra il pubblico un momento di attesa ed ansietà, poi tranquillamente Fox giocò 3.Ch5!
Una figura ridicola stava facendo Pitt, mentre pian piano passava dallo stupore alla costernazione. Vedendo che non poteva tentare altro che ricondurre la Donna nella casa g8, fece questa mossa 3… Dg8 senza troppo esitare.
“Se tu cerchi di far patta per ripetizione di mosse, io non ci posso far nulla”, disse Pitt sorridendo forzatamente.
“Nemmeno per sogno”, rispose Fox, “io gioco 4.Cg7!”.
E Pitt dovette abbandonare.
“E adesso”, disse Fox intascando allegramente la posta, “ti farò vedere una cosa che non ti ho ancora mostrato ….”
Sembra che Augustus Mongredien, spettatore o inventore di questa simpatica storiella, fosse il figlio di un ufficiale dell’esercito francese che era fuggito in Inghilterra quando Napoleone prese il potere nel 1798. Studiò al college cattolico romano di Penn, nel Buckinghamshire. Intorno al 1840 si sposò con Jannette Lockerby, figlia di un marinaio. Da lei ebbe quattro figli, tutti nati a Liverpool. Successivamente con la famiglia (molto benestante, tanto che alla sua morte si dice abbia lasciato un notevole patrimonio) si trasferì nel Kent. Secondo il Dictionary of British Biography Mongredien era il proprietario dei primi piroscafi a vapore diretti in Oriente.

Mongredien fu Presidente del London Chess Club dal 1839 al 1869 (pur non vivendo a Londra) e del Liverpool Chess Club dal 1839 al 1849, e tra l’altro è stato un appassionato della difesa Scandinava, forse quasi come lo era del sigaro e del whisky. Nel 1871 uscì uno dei suoi libri più importanti: “La politica estera dell’Inghilterra”.
Augustus Mongredien non è stato, insomma, un gran giocatore, tutt’altro. Ma, come noto, ai ricchi e noti gentiluomini, in specie in quel secolo, ogni strada di gloria e successo veniva spalancata.