Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

RAMAC, il ‘nonno’ di Deep Blue

9 min read

(Adolivio Capece)
C’era una volta … un cervello elettronico! Anzi dirò di più: c’era una volta un cervello elettronico che giocava a scacchi.
No, non è una fiaba. E per prima cosa per i Lettori più giovani va detto che una volta si usava dire ‘cervello elettronico’ per indicare quello che oggi chiamiamo ‘computer’. E come termini alternativi si usavano ‘calcolatore elettronico’ e ‘cervellone’.

A questo punto sento molti di voi che dicono: “Ah, non è una fiaba. Peccato, l’inizio era interessante … Ma allora se questo cervello elettronico non è altro che un computer, cosa c’è di strano che giochi a scacchi? E’ normale, no?”
Beh, sì, oggi. Ma una sessantina di anni fa (la nostra storia risale al 1960, 61 anni fa per la precisione) non era proprio così. Anzi.

Vediamo di chiarire. Forse non tutti sanno che nel lontano 1960, in occasione della Fiera Campionaria di Milano, la IBM espose nel suo padiglione un ‘cervello elettronico’ chiamato RAMAC 305.
La Campionaria all’epoca era una tradizionale manifestazione meneghina del mese di aprile ed era la fiera più importante d’Italia e una delle più importanti d’Europa. E gli espositori facevano a gara per mostrare le novità e, se possibile, anticipare il futuro.

E a proposito di anticipazioni, vi anticipo subito che RAMAC 305 occupava una superficie di 9 metri per 15! Un monolocale! Comunque dimensioni normali per i computer a quell’epoca….

RAMAC 305.  Immagino che il nome non dica nulla a nessuno dei nostri Lettori (ma se per caso qualcuno ne sa qualcosa di più, per favore ci scriva).
Per prima cosa vediamo allora cosa dice in proposito Wikipedia.

“L’IBM 305 RAMAC (Random Access Method of Accounting and Control) è stato il primo computer commerciale dotato di una memoria a disco magnetico a testine mobili. Il computer occupava una stanza di 9 m × 15 m ed è stato uno degli ultimi computer a valvole costruito da IBM. Il prezzo di acquisto del computer era di circa 165 000 dollari.
Il sistema fu pubblicamente annunciato il 14 Settembre 1956 con esemplari campioni già installati nella marina militare americana e in alcune aziende private. RAMAC stava per “Random Access Method of Accounting and Control” dato che il suo design era stato motivato dal crescente bisogno di contabilità a tempo reale nell’industria.
L’unità a disco conteneva 5 milioni di caratteri di 7 bit più parità. Aveva cinquanta dischi da 24 ‘in’ di diametro. Due bracci indipendenti si posizionavano sul disco richiesto e facevano seek sulla traccia, tempo di accesso circa 600 ms”.

Una ricerca più approfondita ci dice che RAMAC fu il primo computer dotato di hard disk, hard disk che occupava uno spazio di 1.5 metri quadrati e pesava circa 1.000 chilogrammi.
Scopriamo poi che RAMAC non era stato costruito per giocare a scacchi (come per esempio sarà Deep Blue) e infatti fu usato per molti altri scopi, ad esempio per elaborare le classifiche e in genere tutti i dati relativi alle Olimpiadi Invernali del 1960, organizzate a Squaw Valley negli Stati Uniti.
Ma poteva “anche” giocare a scacchi.
Sembra che il programma utilizzato da RAMAC sia stato elaborato da Dietrich Gunther Prinz (1903-1989), ingegnere di origine tedesca poi naturalizzato inglese, che, dopo aver studiato gli scritti di Alan Turing e poi di Claude Shannon, si dedicò a creare un programma scacchi per un calcolatore elettronico inglese e solo in seguito arrivò a IBM.

Dietrich Gunther Prinz (Berlino 1903-Manchester 1989) nel 1955 (Courtesy of Hulton-Deutsch Collection-CORBIS)

Sicuramente Dietrich Prinz non ha avuto il posto che avrebbe meritato nella storia della informatica scacchistica. Wikipedia ci dice che Prinz conobbe il programma impostato su un elaboratore IBM 704 da Alex Bernstein già alla fine del 1950, ma che si dedicò alla elaborazione e al perfezionamento di un suo programma, anche sotto la spinta della concorrenza sovietica che a sua volta in quegli anni vedeva nascere i primi software scacchistici ai quali lavorava come consulente anche il campione del mondo Mikhail Botvinnik.
E sembra proprio che Prinz sia stato il primo a creare un programma scacchi che giocava bene.

Prinz arrivò a vedere la programmazione degli scacchi come “un indizio di metodi che potrebbero essere usati per affrontare problemi strutturali o logistici in altre aree, attraverso computer elettronici”. Una intuizione che, come vedremo, sarà concretizzata con Deep Blue.

Torniamo alla Fiera Campionaria di Milano del 1960. IBM vi portò RAMAC e per incuriosire il pubblico (e anche i giornalisti), ovvero per dare una dimostrazione, originale e divertente, delle sue vaste capacità, lo fece giocare a scacchi.
Abbiamo ritrovato un articolo pubblicato dal Corriere di Informazione, quotidiano del pomeriggio (all’epoca in molte città uscivano giornali anche nel pomeriggio: il Corriere di Informazione faceva parte del gruppo del Corriere della Sera, nei cui archivi è reperibile la pagina con l’articolo – che potete vedere nella foto) in cui si parla proprio di RAMAC giocatore di scacchi.
La data del giornale è “giovedì-venerdì, 21-22 aprile 1960”.

Per ‘testarlo’ venne invitato uno che per molti anni fu campione italiano di scacchi e mieté allori non solo in Italia. Si sa di sue vittorie contro americani, in America, e contro i sempre formidabili russi, in gare combattute a Varsavia.
Chi era questo giocatore? Nell’articolo non viene detto ma si trattava di Mario Monticelli, che in quegli anni lavorava proprio al Corriere della Sera ed era capo della Redazione Esteri. Fanno parte della sua storia gli accenni all’America (torneo di Syracuse 1934) e a Varsavia (Olimpiadi 1935), e inoltre fu lui stesso una volta a confermare di aver giocato con il calcolatore in Fiera.

Un’ultima notazione prima di leggere l’articolo. Non viene detto quanto tempo impiegava il calcolatore per giocare la sua mossa e non viene detto neppure quanto tempo fosse lasciato al giocatore umano per rispondere; è presumibile però che quest’ultimo dovesse muovere piuttosto in fretta, quasi giocasse una ‘partita lampo’, il che era certamente uno svantaggio.

(cliccare per ingrandire)

E adesso seguiamo l’articolo.


Cervello elettronico gioca agli scacchi contro un campione
La macchina sostiene l’urto dell’avversario e vince

Niente da fare contro il signor Ramac, giocatore di scacchi.
In questi giorni sono molti gli scacchisti in gara nel padiglione n. 21 della Fiera, gentilmente invitati dal signor Ramac a manovrar torri e alfieri, re e regine.
Gli avversari dello sfidante sono sempre battuti; e se, per qualcuno, il signor Ramac, nel corso della partita ha parole di incoraggiamento c anche di lode, per altri non risparmia i rimproveri, che spesso han sapore di scherno.
«Attenzione alla torre», raccomanda lo sfidante che vuole apparire cavalleresco.
E dopo un po’: «La torre arriva… ohimè… ohimè… scacco al re».
Il Ramac ha vinto anche questa volta, pur desiderando di perdere.
Voleva esser generoso, o meglio, non voleva infierire sul debole avversario e perciò gli aveva fornito qualche suggerimento, aveva cercato di metterlo sulla buona strada.
Tutto è stato inutile. Troppo debole, costituzionalmente debole contro un giocatore come Ramac.
In altre occasioni s’è sentito parlare di questo Ramac: è il Ramac 305, un calcolatore, elettronico che gioca anche a scacchi. Gioca e vince.
Ancora una volta, la macchina batte l’uomo; e che si tratti di un giocatore di scacchi, sorprende e indispettisce il vinto cui forse per la prima volta tocca l’umiliazione di una sconfitta.

Ieri, a manovrar torri e alfieri contro Ramac, ci si è provato uno che per molti anni fu campione italiano di scacchi e mieté allori non solo in Italia.
Si sa di sue vittorie contro americani, in America, e contro i sempre formidabili russi, in gare combattute a Varsavia.
Nemmeno oggi la scacchiera ha segreti per questo portentoso giocatore.
Eppure, anche lui non ce l’ha fatta contro Ramac. Davanti al quadro di comando — un cruscotto rettangolare — han preso posto il giocatore e l’operatore.
Costui, battendo su una tastiera, segnala a Ramac la mossa del giocatore.
Si accendono sul quadro luci rosse e gialle: Ramac sta per dare la risposta che risulterà dalla scelta della migliore contromossa eseguita elettronicamente fra quelle inserite nella «memoria», visibile in una specie di armadio cui il quadro è collegato alla sinistra dello scacchista.
Il braccio del calcolatore si è sollevato per «pescare», e contemporaneamente sulla tastiera veniva battuta la risposta col commento.

Ramac ha riconosciuto – bontà sua – che questa volta aveva a che fare con un giocatore assai abile ancorché destinato a soccombere. «Lei è un bravo giocatore di scacchi» ha detto all’inizio della partita.
Sembrava che lo incoraggiasse, ma subito dopo ecco l’avvertimento che fuga ogni illusione: «Lei gioca bene, ma io vincerò ugualmente».
Si impegna a fondo il giocatore, ma Ramac, pronto e quasi beffardo: «Invano lei cerca di salvarsi». Poi, un leale apprezzamento: «E’ stata una buona mossa ».
E la constatazione finale, un po’ sarcastica: «II gioco avrebbe potuto continuare, ma l’esito non sarebbe mutato».

Ramac ha dato scacco matto all’ex-campione. C’è però da dire, a parziale giustificazione della sconfitta, che non è stata disputata una normale partita, in quanto il gioco degli scacchi prevede mosse nell’ ordine di centinaia di migliaia che la «memoria» di Ramac, seppure prodigiosa non può calcolare.
Ramac non è fatto per giocare a scacchi. E’ un calcolatore elettronico che può anche giocare a scacchi per dare una dimostrazione, originale e divertente, delle sue vaste capacità.
Memoria pronta, flessibilità, velocità operativa: son queste le virtù che Ramac 305 ha trionfalmente opposto alla indomita tenacia di un ex-campione di scacchi costringendolo a una resa onorevole.


Devo dire che la frase: non è stata disputata una normale partita, in quanto il gioco degli scacchi prevede mosse nell’ ordine di centinaia di migliaia che la «memoria» di  Ramac, seppure prodigiosa non può calcolare,  mi risulta poco chiara.
A parte questo, l’articolista afferma: “Ramac non è fatto per giocare a scacchi”.
Beh, se Ramac non era fatto per giocare a scacchi e giocava così bene, figuratevi poi quando è stato il turno di Deep Blue.

Deep Blue … Non pronunciate mai questo nome se nelle vicinanze c’è Garry Kasparov. Potrebbe arrabbiarsi e anche molto!
Ve le ricordate le sfide tra Garry e Deep Blue?
La prima si tenne dal 10 al 17 febbraio 1996, a Filadelfia, in occasione dei 50 anni della Association of Computing Machinery. Sede di gioco proprio l’edificio dove il 15 febbraio 1946 era stato messo in moto il primo computer.
Match sulla distanza di 6 partite. La macchina vinse la prima (!), ma alla fine fu 4 a 2 per Kasparov.
La seconda, la rivincita, iniziò il 3 maggio 1997.
Questa volta Kasparov vinse la prima partita, ma poi perse la seconda: secondo le approfondite analisi successive, abbandonò in una posizione in cui poteva forzare il pari!! Seguono tre patte, poi nella sesta partita Kasparov giocò una variante debole, commettendo un ‘errore teorico’, almeno a dar retta a quello che è riportato sui libri che trattano quella continuazione. Perse in sole 19 mosse giocate in meno di un’ora!
E così perse anche il match: 3.5 a 2.5 per la macchina. Era l’11 maggio 1997, data da allora storica per l’informatica.
(En passant, va detto che Kasparov incassò comunque 400 mila dollari).

A questo punto sorge spontanea la domanda: che senso ha avuto per la IBM investire tanto denaro in Deep Blue? La risposta in quella che abbiamo definito l’intuizione di Dietrich Gunther Prinz: “l’utilizzo del programma scacchi per affrontare problemi strutturali o logistici in altre aree”, ovvero la possibilità di utilizzarlo per applicazioni in altri settori, come telefonia, astronautica, telemedicina, ecc, come del resto avvenne poi in realtà.
Basti un articolo di Ernesto Hofmann (IBM senior consultant) pubblicato da Il Sole-24 ore nel 2002, che informava che il programma scacchistico di Deep Blue era stato utilizzato per costruire Blue Gene, un elaboratore che ha consentito di scoprire la struttura delle proteine: “Ci sono tre tipi di procedure per prevedere la struttura di una proteina … e tutte e tre hanno significative somiglianze con quelle utilizzate dal computer per giocare a scacchi.”
Sembra che il ‘guadagno’ da parte di IBM grazie a Blue Gene sia stato di dieci volte superiore alla cifra investita per realizzare Deep Blue.


Nell’immagine sotto il titolo: due donne davanti all’ IBM Random Access Memory Accounting Computer (RAMAC) presso la struttura di ricerca IBM di San Josè, California (dalla collezione fotografica Arnold Del Carlo)

About Author

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: