Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

Qualche consiglio di comportamento per una corretta attività didattica scacchistica

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(del MI Alvise Zichichi)

(N.d.R.) Abbiamo tempo fa dedicato alla figura di Alvise Zichichi un ricordo. Ora pubblichiamo addirittura un lavoro di Zichichi. Si tratta di un estratto del 1983 dal materiale didattico dell’AMIS (Associazione Maestri Italiani di Scacchi) al quale negli anni ’80 si dedicava Alvise in collaborazione con il M.I. Stefano Tatai e con il supporto di altri maestri quali David Zilberstein e Marco Pangrazzi.

Il “consiglio di comportamento” che qui vi presentiamo concerne in particolare la psicologia dell’insegnamento e richiama un articolo pubblicato sul settimanale “L’Espresso” dall’inimitabile Giorgio Porreca, il quale a sua volta cita un aneddoto raccontato dal noto maestro ed educatore russo Vladimir Zak. Insomma: Zichichi-Porreca-Zak e siete quasi entrati in una … rete di matto! Vi conviene leggere per uscirne col minimo danno!


Anche se l’istruttore ovviamente interpreterà il fondamentale rapporto che intercorre tra docente ed alunno a seconda della sua esperienza e sensibilità didattica, ci sembra utile richiamare l’attenzione su una questione di carattere generale. Gli scacchi sono un gioco di idee, quindi un fatto di creatività. Bisogna pertanto stimolare la creatività dell’alunno, ed evitare assolutamente di umiliarla. Sembra perciò poco producente opporre un secco diniego ad una risposta od una mossa indicata dall’alunno che non corrisponde al seguito a alla soluzione dell’esempio. Appare più indicato dedicare ad essa una semplice attenzione, farsi descrivere l’idea della continuazione del testo. Ci sembra utile, a migliore illustrazione dell’importante problema, riportare quanto scritto dal nostro M.I. Giorgio Porreca su questo argomento recentemente (L’Espresso n.37, 18.9.1983):

“Confessa Vladimir Zak di essersi spesso imbattuto durante la sua quarantennale attività pedagogica in difficili problemi. Un caso tipico si verificò quando vide due ragazzi cominciare la partita in questo modo: 1.e4 a5  2.d4 h5. Era chiaro: tutt’al più il Nero conosceva solo il movimento dei pezzi; intervenne perciò e chiese al ragazzo dove abitava per poterlo indirizzare verso una scuola per principianti. Fu l’inizio di diverse seccature: dapprima protestò il padre del ragazzo, interpretando l’intervento dell’istruttore come un’indebita ingerenza sull’ammissione del figlio al corso, poi si lamentò il direttore perché aveva interrotto di autorità la partita invece di lasciar libero il Nero nelle sue scelte.

Vladimir Zak, 1913-1994

Da questo episodio Zak trae alcuni spunti di riflessione. Ogni scacchista, dal principiante al grande maestro, traccia il piano sulla base di una obiettiva valutazione dei punti deboli e forti della posizione; il principiante gioca secondo piani di una o due mosse: “attacco un pezzo e se non se ne accorge lo catturo” oppure “lascio il pezzo in presa, se lo prende gli do matto”. Le mosse come 1….a5 e 2….h5 a stretto rigore non possono perciò definirsi avulse da un piano: e se il ragazzo avesse continuato con 3….b6 e 4….g6, attenendosi ad un criterio di simmetria? Forse i campioni quando giocano la “Russa” o la “4 Cavalli” non scelgono la simmetria come metodo d’apertura?

Zak non arriva a conclusioni rigide; espone solo dei dubbi e raccomanda un’estrema cautela nelle valutazioni delle caratteristiche individuali dei giovani. La materia scacchistica non può essere spiegata meccanicamente, perché le rielaborazioni personali sono estremamente varie e complesse; il ragazzo dev’essere lasciato libero. Immaginate quale danno avrebbe provocato un istruttore che avesse voluto imbrigliare il gioco fantasioso di Tal ragazzo, perché non in linea con la teoria ufficiale?” …

Psicologia a parte, … la figura ottimale di ISTRUTTORE appare essere quella di un maestro con valida esperienza internazionale, un buon bagaglio tecnico-culturale e che abbia avuto, inoltre, precedenti produttive esperienze didattiche. Tuttavia l’assenza, in una determinata zona, di un simile ottimale istruttore, non deve essere motivo determinante per evitare di svolgere la necessaria attività didattica di perfezionamento. Riteniamo infatti che possa in molti casi essere parimenti indicato, come istruttore di “corsi di perfezionamento” di livello, pure un giocatore non ancora giunto alla categoria di “maestro” (candidato maestro o anche prima nazionale), purché volenteroso e dotato di sufficiente esperienza di gioco, di buona cultura tecnica e che sia in possesso di valide attitudini didattiche.

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