Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

Una foto passata alla storia: Eve Babitz e Marcel Duchamp

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(Adolivio Capece)
La notizia è arrivata quasi in sordina, nella notte di venerdì scorso, 17 dicembre, e annunciava la morte di Eve Babitz, in un ospedale di Los Angeles all’età di 78 anni per le complicazioni del morbo di Huntington.
Eve Babitz è la ragazza che è stata immortalata da una fotografia (che vedete qui sopra) mentre gioca a scacchi, completamente nuda, con il celebre artista Marcel Duchamp.

Le notizie di agenzia raccontano che tutto ebbe inizio quando il Museo d’arte di Pasadena, un comune nella contea di Los Angeles, organizzò un ambizioso programma di mostre curate dall’allora attivissimo Walter Hopps.
Questi, appassionato di scacchi, riuscì nei primi giorni di ottobre del 1963 ad organizzare la prima retrospettiva americana di uno dei più grandi artisti viventi, il francese con passaporto statunitense Marcel Duchamp.
E anzi, nel bel mezzo dell’inaugurazione, i due uomini si appartarono in un piccolo spazio proprio per fare una partita a scacchi.
Furono notati dal fotografo Julian Wasser, amico di Eve Babitz, al quale venne una “idea pazza”: che ne dici, domandò alla ragazza, se ti fotografo nuda mentre giochi a scacchi con Marcel Duchamp?
Lei, rigogliosa ventenne, aderì entusiasta e la mattina dopo, mentre gli operai terminavano l’allestimento sotto l’occhio vigile di Duchamp, la ragazza si spogliò nuda, si accomodò a un tavolo con scacchiera e invitò l’artista a giocare.
E mentre giocavano la macchina fotografica di Wasser catturava la scena da diverse angolazioni: tra i tanti scatti, la Babitz ne scelse uno, quello che passerà alla storia.
La foto, in bianco e nero, ritrae le due figure di profilo, lei totalmente nuda, in contrasto con l’espressione concentrata di Marcel Duchamp, cui evidentemente poco importava delle forme fresche di Eve: lui guardava solo la scacchiera e si preparava a fare la mossa successiva.

Eve Babitz era nata a Los Angeles il 13 maggio 1943, figlia d’arte (la madre era un’artista, il padre un violoncellista che lavorava per la 20th Century Fox); ebbe come padrino il celebre compositore Igor Stravinskij. Era tornata alla ribalta un paio di anni fa, con la pubblicazione di un paio di libri, tradotti anche in italiano, sugli splendori, le glorie e le miserie dello star system di Hollywood.

Eve Babitz, Slow Days (Copertina dell’edizione in Italiano, Bompiani)

Marcel Duchamp, “uno scacchista prestato all’arte”

Fu Marcel Duchamp ad affermare: “Gli scacchi sono uno sport. Uno sport violento”, frase poi ripresa da Garry Kasparov. Per completezza, Duchamp disse: “ Uno sport violento che comporta connotazioni artistiche negli schemi geometrici e nelle variazioni della disposizione dei pezzi, così come nelle combinazioni, nella tattica, nella strategia e nella posizione”.

Marcel Duchamp (28 luglio 1887 – 2 ottobre 1968) è sepolto a Rouen (Francia) nel Cemetière Monumental =  epitaffio sulla tomba: “Dopotutto, sono sempre gli altri che muoiono”.
Duchamp è considerato il più geniale artista del Novecento. Ma per comprenderne appieno l’opera è necessario ricordare che fu prima di tutto un giocatore di scacchi.
Tralasceremo per motivi di spazio la parte ‘artistica’ (facilmente reperibile in internet) salvo i necessari riferimenti con gli scacchi, ricordando che Duchamp imparò a giocare a scacchi da ragazzino dai genitori, entrambi appassionati.
Ne rimase affascinato e quanto siano subito diventati importanti per lui lo testimonia una lettera alla sorella in cui, aveva allora vent’anni, scrisse testualmente “dipingo per vivere e vivo per giocare a scacchi”.

«Les joueurs d’échecs »  con i fratelli di Duchamp, a sinistra Raymond, e a destra Gaston

I suoi primi quadri importanti furono proprio a soggetto scacchistico Nel dicembre 1911 realizzò la versione definitiva di «Les joueurs d’échecs», in cui cerca di raffigurare anche l’intensità invisibile del pensiero dei due giocatori (i suoi fratelli, a sinistra Raymond, a destra Gaston).
Poi nel 1912 “Il Re e la Regina circondati da nudi veloci” dove, per chi ignora la passione di Duchamp, è difficile distinguere gli scacchi e i nudi, confusi in un vortice di figure inafferrabili e indecifrabili, ma che indica come già fantasticasse con l’immaginazione, il che poi culminerà nella celebre opera “il Grande vetro“,

Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale partì per gli Stati Uniti. Nel 1918 andò a Buenos Aires e vi restò 9 mesi; giocando solo a scacchi.
Si fece costruire un set di “da viaggio” per poter giocare anche in treno: disegnò lui stesso i pezzi e li realizzò in legno (gli unici fatti da lui), tranne i cavalli fatti da un artigiano locale.

Il set da viaggio disegnato da Duchamp (in mostra alla Fondacion Proa, Buenos aires)

Dedica completamente la sua attività del 1918 agli scacchi, tralasciando la pittura, forse anche a seguito della notizia della morte del fratello Raymond; studia approfonditamente le opere di Nimzowitsch, innovativo negli scacchi come lui lo era nella pittura, e di Capablanca.
Nel 1919 (è l’anno in cui realizza la versione baffuta della Gioconda) torna a Parigi, dove resta quasi tre anni; in una lettera del 1919 scrive: “La mia attenzione è completamente assorbita dagli scacchi.  Gioco giorno e notte… Dipingere mi piace sempre meno.”
Nel 1923 – ha 37 anni – va a Bruxelles a giocare il suo primo torneo di una certa importanza: si classificò terzo (+7 =1 -2), il torneo fu vinto da Koltanowsky, Duchamp tra gli altri batté Colle.
Questo risultato lo spinse a occuparsi per oltre dieci anni quasi esclusivamente di scacchi.

Nel 1924 Parigi ospitò le Olimpiadi; insieme ai vari sport classici (atletica, scherma, nuoto, ecc) c’era il torneo olimpico di scacchi: Duchamp è tra i partecipanti; tra gli altri giocò – e perse –  con l’italiano Massimiliano Romi.

In settembre vince il Campionato di Normandia: «Il signor M. Duchamp ha ben meritato il titolo per il suo gioco profondo e solido. La sua freddezza imperturbabile, il suo stile ingegnoso e il suo modo impeccabile di sfruttare ogni minimo vantaggio ne fanno un giocatore formidabile».

Ancora nel 1924 viene “immortalato” mentre gioca su un tetto di Parigi insieme all’amico Man Ray, pure grande appassionato di scacchi, in una scena di “Entr’acte“, film muto di Renè Clair.
L’attività scacchistica culmina nella partecipazione al campionato di Francia dal 1924 al 1928. Nell’edizione del 1925 a Nizza, in cui ottiene il titolo di Maestro nazionale, sfiora la vittoria, mancata per aver perso una partita in posizione vinta con quello che poi sarà il vincitore. Di questo Campionato realizzò il manifesto. “Uno dei migliori che si sia mai visto per un torneo di scacchi” scriverà Arturo Schwarz, gallerista e grande amico di Marcel.
Negli stessi anni è convocato nella nazionale francese che partecipa ai campionati mondiali di scacchi a squadre (le Olimpiadi), nella squadra capeggiata dal grande campione Alexander Alekhine.

Con la nazionale francese giocò 4 Olimpiadi dal 1928 (in cui perse la partita più breve della manifestazione in sole 10 mosse) al 1933.

***1928, Francia 12a su 17 (MD: 16, +1 =11 -4)
***1930, Francia 12a su 18 (MD: 15, +1 = 6 -8 ++ Alekhine + 9 =0 -0)
***1931, Francia 14a su 19 (MD:  9, +1 = 3 -5 ++ Alekhine +10 =7 -1)
***1933, Francia 8a su 15 (MD: 12, +1 = 2 -9 ++ Alekhine + 8 =3 -1)

Intanto nel 1927 aveva sposato Lydia Sarazin-Lavassor, ma a causa degli scacchi il matrimonio si rivelò catastrofico.
Scrisse Man Ray: “Duchamp passò la maggior parte della sola settimana che visse insieme con la moglie ad analizzare problemi di scacchi; una notte, mentre lui dormiva, lei come disperata rappresaglia gli incollò tutti i pezzi alla scacchiera. Divorziarono tre mesi più tardi.”

Nel 1928 vinse il torneo di Hyeres ex aequo con Halberstadt e J.O’Hanlon.

Questa una sua miniatura del 1929 contro Koltanowski:

E questa una sua interessante patta del 1930 con Znosko Borovsky:

A Nizza 1931 si piazza ultimo con 3 patte, ma non stava bene e non era una scusa (per la cronaca secondo fu Rosselli del Turco, vinse l’inglese Reilly).
Si rifà nel 1932, vincendo il campionato di Parigi.
Ancora nel 1932, insieme ad Halberstadt, pubblicò un libro sui finali, «L’opposition et les cases conjuguées sont réconciliès », che parve a molti ispirato troppo da vicino dal libro dei nostro ing. Rinaldo Bianchetti, apparso sette anni prima a Firenze: «Contributo ai finali di soli pedoni».
Sorse in proposito, una violenta polemica sulla rivista L’Italia Scacchistica (1932), in seguito ad un articolo del direttore Stefano Rosselli del Turco che portava l’inequivocabile titolo: «Un plagio».

Stranamente Arturo Schwarz nella sua opera su Duchamp dal titolo “La sposa messa a nudo in Marcel Duchamp, anche” non fa cenno alla polemica, anzi afferma che “il libro costituì un importante contributo alla letteratura scacchistica sui finali di partita”, dimostrando quindi di ritenere le scoperte e le affermazioni di Duchamp e Halberstadt  ‘originali’ e perfino innovative, cosa però assolutamente non vera.

Intanto Duchamp mentre era a Parigi aveva conosciuto Samuel Beckett e i due passavano molte ore a giocare a scacchi: erano entrambi interessati al gioco e in particolare al finale di partita. Furono proprio questi incontri a ispirare a Beckett la piece teatrale intitolata proprio “Finale di partita”.
Nel 1933 Duchamp conobbe anche Salvator Dalì e tra i due nacque poi un vero rapporto di amicizia. Dalì aveva una casa a Cadaqués e Duchamp ne affittò una vicina, così trascorsero molte estati a giocare a scacchi, come mostrano le fotografie scattate da sotto un tavolo trasparente.

Dalì e Duchamp

Dalì era con la moglie, Duchamp con fanciulle diverse con cui di volta in volta aveva una storia.
Ma ormai Duchamp si rendeva conto di aver raggiunto il top della sua abilità scacchistica, così decise di … appendere gli scacchi al chiodo.
Lo fece simbolicamente dipingendo una scacchiera (le caselle di 87.5 mm per lato) che appese al muro.
Ma questa è anche la definitiva consacrazione degli scacchi“ ha affermato Martina Corgnati, importante la critica d’arte e per la cronaca figlia della celebre cantante Milva. “La scacchiera diventa un quadro e quindi di conseguenza è un’opera d’arte”.

Dopo di allora Duchamp si dedicò al gioco per corrispondenza, dove ottenne altre notevoli soddisfazioni. Questo è un aspetto forse poco noto della sua attività scacchistica.
Partecipò al Campionato Europeo organizzato dalla IFSB (Internationaler FernschachBund), che durò sei anni (1933-1939) e lo vinse senza subire sconfitte: così in pratica fu campione europeo di scacchi per corrispondenza!
Nel 1935 per i suoi risultati complessivi (+17, =6, -0) la IFSB gli assegnò il titolo di Maestro per Corrispondenza assieme a campioni ben noti, come Eliskases, Hans Muller, Paul Keres e altri.
Fu poi designato come delegato francese in occasione della fondazione della  International Correspondence Chess Association e nel 1936 fece parte  del comitato per la stesura delle regole per il primo Campionato del Mondo per Corrispondenza.

Nel 1942 Duchamp, che si era definitivamente stabilito a New York (diverrà cittadino USA nel 1955), tornò alla sua carriera di artista: nel 1943 disegnò una scacchiera tascabile che nel 1944 concretizzò nel quadro “Scacchiera tascabile con guanto di gomma“.
Quella dipinta da Duchamp nel 1943 era però molto diversa dalle ‘scacchiere tascabili’ in commercio sin dal 1920. Così venne presto realizzata materialmente una scacchiera tascabile che si ispirava evidentemente a quella di Duchamp e anzi, dopo che un regista la fece utilizzare dal servitore di don Giovanni (che aspettava il padrone giocando a scacchi) nella popolare opera, venne presto messa in commercio proprio con il nome di ‘Leporello’.
Duchamp continuò comunque a giocare (nel 1948 vinse a pieno punteggio il campionato dello stato di New York).

A 67 anni il secondo matrimonio, che durerà fino alla sua morte. Sposò Alexina Sattler detta Teeny, che imparò dal marito a giocare a scacchi e andò con lui una volta alla settimana al club di New York, per ben sette anni.
Tra il 1956 e il 1957 Duchamp con l’amico Max Ernst e altri (Arp, Tanguy, Cocteau e il noto scacchista Larry Evans) partecipò alle fantasie del film « 8 x 8 » del regista tedesco Hans Richter, girato in America e in Europa. Anche Max Ernst era appassionato di scacchi: per Duchamp, realizzò “pezzi d’ammirevole eleganza, sobri e splendidi al tocco delle dita, al posarsi dello sguardo”.

Marcel Duchamp con il set di pezzi disegnati da Max Ernst

Arriviamo così al 1963 quando giocò la partita con Eve Babitz, completamente nuda.  Duchamp giocava davvero per vincere, hanno notato i critici: “resta imperturbabile davanti all’avversaria nuda, supera l’indubbia attrazione esercitata sui suoi sensi da quella nudità con una concentrazione totale”.

Le  ultime apparizioni scacchistiche di Duchamp sono del 1968, dapprima a un concerto chiamato “Reunion” alla Ryerson University di Toronto, dove giocò con il celebre John Cage, pure grande appassionato.

Marcel Duchamp gioca con John Cage, 1968

Poi in giugno, pochi mesi prima di morire, venne a Milano e ne approfittò per fare una visita al Campionato Italiano insieme all’amico Arturo Schwarz, che poi scrisse: “L’amore di Duchamp per gli scacchi è durato tutta la vita. Nel giugno 1968 siamo andati insieme al Castello Sforzesco di Milano a vedere i migliori giocatori italiani che si battevano per il titolo di campione d’Italia. Duchamp trascorse tutto il pomeriggio guardando la bella partita giocata da Guido Cappello (Milano) contro Mario Napolitano (Firenze).
Di quando in quando commentava una mossa particolarmente brillante, prediceva la reazione dell’avversario e la contromossa. Circa un’ora prima della fine della partita riuscì a predirne l’esito e le mosse che avrebbero condotto Cappello alla vittoria. Al momento di lasciare la sala mi disse “Vedi, gli scacchi sono diventati una scienza, ora, non sono più un’arte.”, con una nota di vago rincrescimento nella voce.”

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1 thought on “Una foto passata alla storia: Eve Babitz e Marcel Duchamp

  1. Buenas tardes:

    Mil gracias por el envio de este genial artículo escrito por mi buen amigo, Adolivio Capece. La foto me recuerda a una foto que me envió Don Fernando Arrabal, también jugando una partida de ajedrez con modelo.

    El escrito de Adolivio es genial !

    Les deseo Feliz Navidad y todo lo mejor para el Año Nuevo 2022!

    Muy cordialmente,

    José María Gutiérrez Dopino

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