Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

Il nuovo libro di Adolivio Capece: “Scacchi, i grandi maestri, le partite memorabili”

11 min read

(Riccardo M.)
Adolivio Capece è nato a Milano il 17 gennaio del 1947. Maestro di scacchi, è di gran lunga e ormai da quasi mezzo secolo il più noto e importante scacchista-giornalista italiano. Ha diretto per oltre 20 anni il glorioso mensile “L’Italia Scacchistica” e ha tenuto rubriche di scacchi su vari e primari quotidiani (ad esempio il Giornale, La Stampa e L’Unità).

Adolivio ha pubblicato una notevole lista di libri a partire dal 1974 e fino al 2011; cito: Strategia e tecnica delle aperture negli scacchi; Il problema di scacchi; Fischer, le partite commentate mossa per mossa; Finali di pedone; Le più belle partite del campione del mondo Anatoly Karpov; La difesa Siciliana; Imparo gli scacchi; A scuola di scacchi; Gli scacchi nella storia e nell’arte; Storia degli scacchi; Gli scacchi con i campioni; Giocare a scacchi. E di certo sto dimenticando qualche altro titolo.

Adolivio è anche, fin dai primi tempi di pubblicazione, tra i maggiori collaboratori di “UnoScacchista”.

Era da tempo che ci si attendeva un nuovo lavoro di Adolivio Capece, ed ecco (ma quasi a sorpresa) uscito in questi giorni dal suo inesauribile cantiere: “Scacchi-I grandi maestri-Le partite memorabili”. Lungo le 256 pagine si snodano sette ricchi capitoli; questi i titoli:

Le origini, storia e storie di un gioco millenario

Il Campionato mondiale

Il Novecento: la costituzione della FIDE

Il mondiale dal 1973 ad oggi: 50 anni convulsi

Le donne e gli scacchi

Anche il computer gioca a scacchi

I “numeri 2”

Leggiamo insieme ciò che il nostro maestro scrive nella prefazione: “Questo libro, che racconta i 1500 anni dalla nascita del gioco, si pro­pone di portare il Lettore a scoprirli anche dal punto di vista della loro storia e delle curiosità, attraverso i personaggi del mondo della letteratura, della storia, dello sport, della scienza e dell’arte, che ne sono stati appassionati sia pure solo a livello dilettantistico”.

Pertanto il presente lavoro si ricollega idealmente ad alcuni temi in precedenza sviluppati da Adolivio nel suo “Gli scacchi nella storia e nell’arte” (De Vecchi ed., 2011), collocandosi storie, eventi e personaggi nel più ampio ambiente culturale e sportivo che li ha prodotti e resi celebri.

E’ stata l’occasione per un chiacchierata con lui intorno a questa sua ultima opera (perché e come è nata … a chi si rivolge … i suoi contenuti …), anche se già il titolo, la prefazione e l’indice svelano abbastanza. L’ho incontrato e gli ho rivolto inevitabilmente una fila di domande …

Adolivio è ben conosciuto anche all’estero. Qui al centro il suo “Domine las aperturas de Ajedrez” in una libreria di Spagna, mentre in Francia potrete trovare la sua “Storia degli scacchi” nella traduzione di Camil Seneca

D.: Adolivio, nel ringraziarti a nome di tutti gli appassionati per questa nuova opera, puoi dirci come è nata l’idea del libro e quali sono i suoi obiettivi e la platea di lettori cui è indirizzata? Hai forse avuto la stessa sensazione che ho io, e cioè che in questi ultimi anni c’è in giro (cartacea e on-line) una notevole offerta tecnica per gli scacchisti di buon livello e più agguerriti, e c’è invece quasi nulla per simpatizzanti dilettanti che si avvicinano al mondo degli scacchi solo saltuariamente e conoscendo ben poco della loro storia? Insomma, hai tentato di colmare almeno in parte questa lacuna (o che io, almeno, vedo come lacuna)?

R.: Innanzitutto grazie a te per le gentili parole. In realtà a questo libro, rivolto proprio ai ‘simpatizzanti dilettanti’, pensavo da tempo, ma per circa 2-3 anni prima del 2020 sono stato occupato nelle ricerche per realizzare il libro del centenario della Federazione, dove ho scritto tutta la parte storica, in particolare dal 1920 al 1980; le ricerche sui primissimi anni e poi sugli anni immediatamente successivi alla Seconda Guerra Mondiale sono state davvero impegnative, in particolare la consultazione della Gazzetta Ufficiale di quegli anni e dell’Archivio Storico Lombardo.
A posteriori mi spiace non averne parlato quando avrei potuto con il conte Gian Carlo Dal Verme, che di quegli anni fu protagonista; ma quando frequentavo l‘allora presidente della FSI ero troppo interessato agli scacchi agonistici (sono diventato Maestro nel 1972) per preoccuparmi delle questioni storiche.
Anche se in realtà quando proprio nel 1972 commentai giorno per giorno il match Fischer-Spassky per il quotidiano torinese La Stampa, la sola condizione che mi fu posta fu di scrivere in modo comprensibile per un pubblico che non era certo composto da scacchisti. Così poche analisi tecniche e soprattutto curiosità, aneddoti e appunto correlazioni storiche.
E su questa strada ho poi proseguito nei 20 anni in cui ho tenuto la rubrica sul ‘Giornale’ quando era diretto da Indro Montanelli (1974-1994), rubrica che per tutto il periodo è stata un punto di riferimento per gli scacchisti italiani.
Questo è poi diventato quello che potrei definire il mio stile. Posso dire che credo di aver inaugurato un filone che poi è stato seguito da molti, e che, come ho scritto nella prefazione, ha ampiamente alimentato i testi dei diversi seguaci.

D.: Hai scelto, da inserire nel libro, davvero le partite più belle e memorabili, oppure hai scelto quelle (comunque belle) che potessero anche essere più facilmente comprensibili e adatte ad una tipologia di appassionati non troppo esperti? Qual è stato, nelle scelte delle partite da inserire nel volume, il principale fattore dirimente?

R.: Beh, sono partite note agli scacchisti ‘agonisti’, ma poco conosciute dai meno esperti, se non altro per quel che riguarda le mosse, anche se l’occasione in cui sono state giocate è nota.
Per esempio l’ultima partita del famoso match tra Kasparov e Deep Blue, che diede la vittoria della sfida alla macchina, o la partita di Legall messa poi in poesia da Cambray Digny, che forse non tutti sanno che era fiorentino e che fu deputato al Parlamento Italiano per sei legislature di seguito. Cercando sempre di inquadrare il tutto nel contesto storico, anche se a volte le partite agli occhi di un esperto possono apparire banali.

D.: Secondo te cosa deve avere una partita di indispensabile per essere catalogata fra quelle “memorabili”? E se tu dovessi scegliere, fra quelle di questo libro, la partita più “memorabile” di tutte, a quale daresti il primo posto in un’ideale classifica?

R.: Memorabile secondo me è una partita che si è conquistata un posto in quello che potremmo definire l’immaginario collettivo.
Per esempio consideriamo la partita di Legall, cui ho accennato prima: chi non conosce la celebre chiusa ‘Ei non previde scacco d’Alfiere e matto di Cavallo’?
Questo rende, almeno per me, la partita memorabile. Preferisco non fare una mia classifica: penso interesserebbe ben poco ai nostri Lettori.

D.: Se invece, fra i migliori scacchisti di sempre, dovessi votare per quello che ha giocato più partite “memorabili” di tutti, su quale campione ricadrebbe la tua scelta?

R.: Beh, qui ogni scacchista ha le sue preferenze, come avviene per i campioni di qualsiasi sport nelle varie epoche.
Per me, che ho vissuto in prima persona quegli anni, la scelta ricade su Bobby Fischer, soprattutto per i risvolti non tecnici. Ma poi più o meno alla pari anche Botvinnik, Tal, Spassky, Karpov, Kasparov, che ho avuto il piacere di conoscere tutti di persona.

D.: Nel tuo libro mi ha colpito l’inserimento di un intero capitolo dedicato alle donne scacchiste e di un altro dedicato ai “numeri due”. Dove risiedono le motivazioni di queste scelte (che io personalmente apprezzo molto)?

R.: Ovviamente dopo il successo della serie Netflix ‘La Regina degli scacchi’ le giocatrici sono balzate sotto i riflettori. Però sono sempre stato interessato allo scacchismo al femminile, forse anche perché – almeno fino a poco tempo fa – nessuno praticamente se ne occupava e quindi era un settore tutto da esplorare.
E poi forse hanno influito l’aver conosciuto le Polgar da bambine e poi Pia Cramling e la Kosteniuk e anche l’aver giocato abbastanza spesso con delle ragazze, sia italiane sia straniere, come per esempio la compianta Arianne Caoili e Monica Calzetta.
Quanto ai ‘numeri due’ vale più o meno lo stesso ragionamento: tutti si occupano dei giocatori che sono diventati campioni del mondo, ma salvo rare eccezioni nessuno si occupa di coloro che sono arrivati alla finale ma sono stati sconfitti, ovvero quelli che appunto definisco numeri due.
Alcuni li ho conosciuti e li ho frequentati. Faccio solo due nomi: Kortschnoj e Caruana; potevano essere tranquillamente ‘numeri uno’, ma è mancato loro un pizzico di fortuna. Nel libro, così come ho dato per i campioni la completa biografia, per i viventi aggiornata fino alla fine del 2021, altrettanto ho fatto per i numeri 2, arrivando fino a Nepomniachtchi, l’ultimo sfidante sconfitto da Carlsen.

D.: Una volta Mikhail Tal disse: “la mia più bella partita devo ancora giocarla”. Lo stesso si può dire di te e dei tuoi libri? E stai forse pensando già ad un prossimo lavoro? Qualcosa che magari hai in mente da tanto tempo ma che per un motivo o l’altro non hai potuto fin qui realizzare?

R.: Libri ne ho in mente sempre. Il problema non è scrivere un libro, ma trovare un (buon) editore! Io comunque ho avuto la fortuna di scrivere quasi sempre per editori cosiddetti maggiori, iniziando da Mondadori fino a Feltrinelli, De Agostini e oggi Giunti, visto che Demetra fa parte del gruppo.
Gli editori maggiori non sono interessati ai libri di scacchi perché per loro il mercato è troppo ristretto, a meno che non siano libri come quelli di Ivano Porpora o di Adinolfi che usano il gioco per considerazioni politiche o filosofiche ma che non sono propriamente libri di scacchi.
Poi però sfortunatamente a volte gli stessi editori pubblicano testi scacchistici di autori stranieri, forse per via di accordi internazionali, ma con traduzioni troppo spesso fatte da inesperti della materia.
Un aneddoto: una volta in un libro ho trovato la Apertura Uccello; incuriosito sono andato a vedere cosa fosse: era la Bird, 1. f4. Il traduttore aveva tradotto il cognome del forte Maestro inglese della seconda metà dell’Ottocento!

D.: Torno ad insistere sul memorabile in quanto la parola mi affascina. Tu sei un maestro e, specialmente da giovane, hai giocato abbastanza tornei. Avrai quindi anche tu una tua partita “memorabile”, alla quale sei affezionato più che ad altre. Puoi dirci quale è?

R.: In oltre mezzo secolo di attività agonistica ho giocato quasi 1500 partite ‘a tempo lungo’ (soprattutto quando si giocavano 40 mosse in 2 ore e mezza e poi c’erano le sospese) e un numero imprecisato di lampo e semilampo.
Non saprei dire quale è “la più memorabile”, ce ne sono varie per me memorabili, e va detto non solo vinte ma anche perse! Memorabili per il nome dell’avversario, per il torneo in cui le ho giocate, per le combinazioni realizzate. No, non chiedermi di sceglierne una in particolare!

D.: Secondo te in questo secolo, nonostante l’approfondimento esasperato dovuto allo sviluppo della teoria e all’avvento dei programmi scacchistici, la creatività continua ad avere un peso preponderante nel gioco degli scacchi? O no?

R.: Personalmente tendo a dire di sì. I programmi aiutano nella preparazione, ma poi sulla scacchiera subentra l’essere umano e la creatività diventa essenziale. Non fosse così, forse non si giocherebbe più.
Comunque si deve distinguere tra agonisti e semplici praticanti che di teoria e software si occupano poco. In fondo la partita a scacchi è uno scontro tra cervelli e per questo spesso molti, dato che perdono, smettono: una volta ho intervistato Larry Ellison, patron della Oracle; quando gli ho chiesto se era vero che giocava a scacchi e aveva fatto anche dei tornei ha risposto “Sì, ma adesso ho smesso. Perché perdevo, e a me non piace perdere.”

D.: E nel futuro degli scacchi mondiali cosa vedi? Si riuscirà ancora (nonostante la minore partecipazione di presenza nei circoli e i minori contatti davanti ad un tavolino) a far crescere il movimento e l’interesse del pubblico e soprattutto dei bambini? E con quali principali armi? Fra queste armi inserisci anche i libri e le riviste, o no?

R.: Penso che telefonini, computer, play station e simili, aiutino bambini e giovani a interessarsi agli scacchi, per poi magari passare a giocare ‘in presenza’. Lo dimostrano le molte scuole, dalle primarie ai licei sportivi, che hanno inserito l’insegnamento del gioco nei programmi, direi grazie anche alla famosa Dichiarazione del Parlamento Europeo del marzo 2012 che ha invitato appunto ad inserire gli scacchi negli orari curriculari.
Quanto a quello che definiamo ‘il grande pubblico’ esiste e lo si scopre quando per esempio appare una serie tv come la “Regina degli Scacchi” o come avvenne in occasione del match Fischer- Spassky. Ci sono tante persone che conoscono le regole essenziali, magari con qualche problema per arrocco e presa en passant, e giocano senza intenti agonistici, in famiglia o con amici e colleghi, ma non pensano minimamente a frequentare un circolo. Ma queste persone comprano libri, seguono con regolarità i blog scacchistici e le purtroppo sempre più rare rubriche pubblicate su quotidiani e settimanali.
Per esempio pensiamo ai problemi de La Settimana Enigmistica: sono difficili da risolvere anche per un buon giocatore. Eppure ci sono decine di persone che scrivono alla Redazione proponendo demolizioni o soluzioni diverse da quelle pubblicate, che secondo loro sono sbagliate, non rendendosi conto che tutti i problemi sono sottoposti all’attento controllo dei software scacchistici e quindi non ci possono essere errori.
E poi ancora pensiamo all’uso improprio e spesso inconsapevole del ‘gergo’ scacchistico: termini come ‘essere sotto scacco’, ‘fare il salto del cavallo’, ‘arroccarsi’, essere in ‘stallo’, e così via, derivano evidentemente da una pur minima conoscenza del gioco, altrimenti risulterebbero del tutto incomprensibili, e dimostrano che bene o male un certo interesse per gli scacchi c’è.

D.: Chiudo, Adolivio, e ti ringrazio a nome di tutti, con una curiosità proveniente dalla nostra Redazione, che da anni (se non sbaglio dal 1976) si attende da te il secondo volume del lavoro sulla “Difesa Siciliana”. Perché non ha più visto la luce quel volume, forse perché la Siciliana non è più tra le tue difese favorite?

R.: La Siciliana è sempre la mia preferita. Devo dire che mi stupisce che a distanza di tanti anni qualcuno si ricordi ancora di quel primo volume e pensi a un secondo, che comunque non ha visto la luce, e non la vedrà, in quanto, come ho detto, un testo così non avrebbe abbastanza mercato, anche perché volendo ormai si trova tutto su internet.
Mezzo secolo fa di libri di scacchi in italiano ce ne erano due, forse tre, così quel primo volume, insieme ai vari altri citati all’inizio, uscì a seguito dell’interesse suscitato dal match Fischer-Spassky, poi l’interesse si sopì e le scelte editoriali si orientarono su altri argomenti…

Adolivio, grazie e le migliori fortune al tuo “Scacchi-I grandi maestri-Le partite memorabili”!

Grazie a te ed ai nostri Lettori per la pazienza di essere arrivati fin qui …

5 thoughts on “Il nuovo libro di Adolivio Capece: “Scacchi, i grandi maestri, le partite memorabili”

  1. Salve, apprezzo i libri del Maestro Capece da oramai molti (ahimè!) anni, fin dai tempi del suo per me “mitico” FINALI DI PEDONE. Sarei interessato a questa sua nuova opera, ma vorrei capire meglio com’è strutturata, e purtroppo nelle anteprime autorizzate dall’editore, l’indice non è leggibile ma solamente le prime 26 pagine che ovviamente comprendono anche la prefazione ma da cui si capisce poco in merito all’impostazione globale del libro. Da quelle prime 26 pagine sembrerebbe più un testo descrittivo a livello di storia degli scacchi e biografie dei varii campioni, mentre pensavo che fossero state inserite le migliori/più belle e/o famose partite di scacchi della storia, diciamo comunque un più o meno ampio florilegio di partite. Se così è mi potrebbe indicare quante partite all’incirca sono contenute nel libro e soprattutto se sono tutte commentate (in tal caso suppongo dallo stesso Maestro Capece supportato immagino sia dai varii commenti e analisi “umane” che si sono susseguite negli anni sia da quelle dei moderni “motori” scacchistici). La ringrazio anticipatamente se vorrà chiarire i miei dubbi in merito a questa ennesima fatica del Maestro Capece. Cordiali saluti. Massimo Del Papa

    1. Massimo, ciao. Per chiarire al meglio i tuoi dubbi abbiamo sentito direttamente il maestro Capece. Ecco qui di seguito le sue precise parole in risposta alla tua cortese richiesta:

      “Sì, infatti è un testo descrittivo a livello di storia degli scacchi e biografie dei vari campioni, con aneddoti e curiosità. Le partite sono poche e i commenti sono limitati, in quanto è un libro per il grande pubblico e non per gli scacchisti agonisti. Grazie al sig. Del Papa per le gentili parole”.

  2. Beh, in effetti quella parte del titolo “le partite memorabili” mi aveva fatto pensare a qualcosa di simile all’ottimo (ma purtroppo solo in lingua tedesca!) “Legendare Schachpartien” di Peter Kohler, in cui vengono analizzate ben 120 partite di scacchi dalla Polerio-Domenico del 1602 fino alla Deep Fritz vs Kramnik del 2006. Oppure al ben più conosciuto e famoso (e venduto!) “The Mammoth Book of the Worlds Greatest Chess Games” di varii autori e giunto oramai alla sua 4a edizione con 145 partite estesamente analizzate a partire da una “classica” McDonnel vs De Labourdonnais fino ai giorni nostri con i varii Carlsen e Dubov e Firouzja. Purtroppo in lingua italiana un testo simile non esiste, e personalmente credo che sarebbe di estremo interesse (oltre che di indubbia utilità didattica) per molti appassionati che si avvicinano agli scacchi e che magari desiderano ripetere sulla scacchiera (o anche, perché no, sullo schermo del PC!) alcune “memorabili” partite che hanno segnato la storia degli scacchi e che sono appunto rimaste nell’immaginario collettivo sia dei semplici amatori come anche dei professionisti. Ok, ovviamente grazie infinite sia a lei che al Maestro Capece per aver chiarito il mio dubbio. Un saluto. MDP

  3. Ciao buon pomeriggio Adolivio Capece.

    Sono Salvador Juanpere, responsabile del Museo di storia degli scacchi a Castellar del Valles, vicino a Barcellona.

    Un prerequisito: la partita a scacchi nel romanzo di Arrigo Boito, Alfier Nero, è un problema di scacchi, un gioco di Anderssen o di chi, sai, potresti dirmelo? La ringrazio molto per il vostro tempo!!!

    1. Buonasera Salvador!
      Adolivio Capece la contatterà direttamente sul suo personale indirizzo mail. Infatti la risposta al quesito è molto articolata e lunga (e qui sul Blog non abbiamo spazio sufficiente).
      Grazie per il suo intervento e ci legga sempre!

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: